Tutta colpa di papa Francesco?

I chiaroscuri di Giuseppe Savagnone

Questa volta si tratta di un formale atto d’accusa, che dichiara papa Francesco eretico e chiede ai vescovi e ai cardinali della Chiesa cattolica di costringerlo a ritrattare le sue tesi o, in caso ciò non avvenisse, di deporlo.
A firmarlo, con nome e cognome, un gruppo teologi e intellettuali di varie nazionalità, che l’hanno postato sui principali siti conservatori, ma che è rivolto a tutta la Chiesa universale e in particolare ai suoi Pastori: «Per mezzo di questa lettera ci rivolgiamo a Voi con due obiettivi: il primo è quello di accusare Papa Francesco del delitto canonico di eresia; il secondo, quello di sollecitarVi ad assumere le misure necessarie per affrontare la grave situazione che implica la presenza di un papa eretico».

L’esplicita premessa di un passo così grave e, almeno in questi termini, senza precedenti, è una valutazione drammaticamente negativa degli sviluppi della vita ecclesiale nel corso di questo pontificato: «Prendiamo questa iniziativa come ultima risorsa per contrastare i danni causati ormai da diversi anni dalle parole e dalle azioni di Papa Francesco – che hanno generato una delle peggiori crisi nella storia della Chiesa cattolica». (Ma è proprio Francesco la causa della crisi attuale?).

L’Amoris laetitia sotto accusa

Seguono sette affermazioni, ricavabili dal magistero di papa Bergoglio, in evidente contraddizione, secondo i firmatari, con le verità rivelate.

Ben sei di queste tesi sono tratte da quella parte finale dell’Amoris laetitia in cui Francesco mette in discussione l’insegnamento della Familaris consortio, di Giovanni Paolo II, secondo cui la pratica dei rapporti sessuali da parte di una coppia non sposata religiosamente è sempre gravemente peccaminosa e dunque esclude in modo assoluto l’accostamento all’eucaristia.
Le persone divorziate e risposate, o comunque tutte quelle coinvolte in una situazione di convivenza non fondata sul matrimonio canonico, secondo quel documento potevano ricevere la comunione sacramentale solo a condizione «di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (n.84)

La responsabilità della coscienza

Nell’Amoris laetitia papa Francesco non ha messo in dubbio il valore del criterio oggettivo, secondo cui ogni atto sessuale, fuori del matrimonio, è un disordine.
Ha sottolineato, però, che c’è un aspetto soggettivo – inscindibile dal concetto cattolico di “peccato” – su cui finora si è insistito troppo poco, col rischio di ridurre il problema morale all’osservanza materiale di alcune regole vincolanti.

È, in altre parole, il ruolo della coscienza che, pur trovandosi in «una situazione [che] non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo, può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo» (n.303).

Ne consegue che, fermo restando l’impegno di tendere con tutte le proprie forze verso quell’ideale, «non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante» (n. 301).

Cosicché , osserva l’Amoris laetitia, se ci si trova coinvolti in «una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe», potrebbe non valere, come condizione per l’accostamento all’eucaristia, quella prevista dalla Familiaris consortio di «convivere “come fratello e sorella”» (n.298).

Le “eresie” di papa Francesco

Secondo gli estensori della lettera di accusa, una simile posizione è un condensato di eresie.
Eresia (n. I) è di ammettere che ci sia chi «non ha la forza di osservare – con l’aiuto della grazia di Dio – i comandamenti oggettivi della legge divina» e che perciò (n. II), pur essendoci «piena conoscenza di una legge divina» si possa «trasgredirla in materie gravi, e ciononostante non trovarsi in stato di peccato mortale».

Eresia (n. III) è che si possa commettere una colpa proprio obbedendo ai precetti divini (nell’esempio fatto da papa Francesco, quando si abbandona il partner compromettendo il bene dei figli nati dalla nuova unione).

Eresia (n. IV) è «che i rapporti sessuali tra persone che hanno contratto un matrimonio civile – nonostante una delle due sia sposata sacramentalmente con un’altra persona o tutt’e due lo siano – possano talvolta essere moralmente giusti».
Collegata a questa, la rinunzia (n. V) alla dottrina «che gli unici rapporti sessuali buoni nel loro genere e moralmente leciti siano quelli tra marito e moglie», come suppone l’abbandono della clausola del vivere “come fratello e sorella”».

Eresia infine (n. VI) – riassuntiva delle precedenti – è quella secondo cui nella morale cristiana non ci sono «proibizioni di carattere negativo che proibiscano in modo assoluto certi tipi di atti, in quanto sempre gravemente illegittimi per via del loro oggetto». Ancora una volta, ci si riferisce, evidentemente, a quelli di carattere sessuale.

L’ultima eresia

L’ultima eresia (n. VII) è di natura diversa dalle altre e consiste nel dire che «Dio non solo permette, ma vuole positivamente il pluralismo e la diversità delle religioni, tanto cristiane quanto non cristiane».
A riprova di essa si cita il fatto che «il 4 febbraio 2019, Papa Francesco e Ahmad Al-Tayyeb, il Gran Imam della moschea di Al-Azhar, hanno firmato pubblicamente ed emanato una dichiarazione intitolata “Documento sulla Fraternità Umana”, in cui si trovano le seguenti affermazioni: La libertà è un diritto di ogni persona: ogni individuo gode di libertà di fede, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e la diversità delle religioni, dei colori, dei sessi, delle razze e delle lingue sono stati voluti da Dio, che li ha pensati così nella Sua Sapienza, tramite la Quale Egli ha creato gli esseri umani. Questa divina Sapienza è la fonte da cui emana il diritto alla libertà di fede e alla libertà di essere diversi».

Seguono esempi di applicazioni pratiche, soprattutto delle prime sei eresie, consistenti quasi esclusivamente nella pretesa protezione data da papa Francesco a vescovi e cardinali omosessuali o fautori o protettori dell’omosessualità.

Una morale che includa la coscienza

Ciò che colpisce, in questo lungo e circostanziato atto di denunzia, sono due cose.
La prima, è un’idea della morale basata esclusivamente sul rispetto o meno delle norme oggettive.
La seconda è il ruolo esorbitante che vi ha il sesso fisico. Per quanto riguarda il primo aspetto, a me sembra molto più conforme al vangelo e alla grande tradizione del pensiero cristiano il tenere conto, nel valutare la gravità del peccato, del rapporto fra la coscienza e le fragilità dell’essere umano (la grazia non rende superman!).

Fermo restando che, come papa Francesco chiede espressamente, il singolo non si faccia giudice da solo delle proprie responsabilità, ma si confronti con la comunità ecclesiale.

Oltre la mera fisicità

Per quanto riguarda il secondo aspetto, chi pensa che una persona possa essere in grazia solo perché non compie materialmente atti sessuali (quali? Il coito? carezze? baci?) non tiene conto che il tradimento del rapporto matrimoniale precedente non è solo un fatto fisico, ma è un atto d’amore verso una persona diversa dal coniuge.

Per essere coerente fino in fondo, la Familiaris consortio avrebbe dovuto chiedere di rinunziare non solo alle effusioni sessuali, ma a questo amore.

Ma si può comandare a qualcuno di non provare ciò che prova? O non è più rispettosa dell’unità psico-fisica della persona la posizione di papa Francesco, che riconosce l’impossibilità di scindere le due cose e chiede piuttosto di vivere nel modo giusto – inclusa la dimensione penitenziale – il nuovo stato che si è creato, quando è irreversibile?
Perché molte volte lo è, e chiedere di riparare ricostituendo un matrimonio defunto è come chiedere a un assassino di risuscitare la sua vittima.

Quanto agli scandali che papa Francesco avrebbe coperto, è strano che gli accusatori non si rendano conto che la loro accusa, ammesso sia vera, colpisce innanzi tutto i pontefici precedenti, che hanno nominato vescovi e cardinali quelle persone!

Fieri di una Chiesa che rispetta la diversità

Un cenno soltanto al problema del rispetto per le altre religioni. A prescindere dal fatto che, anche in questo caso, la loro valorizzazione è dovuta a Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI (che gli accusatori contrappongono al papa attuale per la loro fedeltà alla tradizione), che per la prima volta hanno indetto grandi incontri di preghiera fra i loro massimi esponenti, una Chiesa che negasse agli altri «il diritto alla libertà di fede e alla libertà di essere diversi» ci riporterebbe alle fasi più buie della sua storia. È di esse che io credo il cristiano debba vergognarsi. Non di papa Francesco.