Celebrazione Eucaristica – Memoria del Beato Giuseppe Puglisi

Chiesa Cattedrale
21-10-2014
    1. La nostra Chiesa di Palermo ha ancora negli occhi e nel cuore la giornata del 25 maggio 2013, quando ha potuto vedere elevato agli onori degli altari un suo figlio, il sacerdote Giuseppe Puglisi, martire, ucciso per mano mafiosa in odio alla fede, e alla fede fattasi carità concreta.
    Come in tutte le parrocchie della nostra Arcidiocesi, anche il Vescovo celebra in Cattedrale la memoria liturgica, che la Chiesa ha fatto cadere nel giorno del battesimo del Beato.
    È certamente una data significativa dal punto di vista liturgico, ma celebrare la memoria del Beato Puglisi ci obbliga a lasciarci guidare tutti insieme dal suo esempio di vita, dalla sua profonda testimonianza evangelica, dal suo servizio intenso a favore della giustizia e della dignità della persona umana, nel nome di quel Cristo che egli amò e ritrovò in ogni fratello.
    In questo, e in molto altro ancora, la memoria di don Pino può coinvolgere tutte le componenti della nostra Chiesa diocesana, illuminandone e rimotivandone i cammini e le attività pastorali, proprio all’inizio del nuovo anno pastorale. Nel Beato don Pino, figura eminente del presbiterio palermitano, dotata di una specifica e forte identità sacerdotale, emergono, infatti, tratti apostolici e motivazioni di slancio missionario che possono riflettersi su tutte le componenti ecclesiali, laiche e non, specie nell’attuale contesto delle sfide dell’evangelizzazione che viviamo.
    Fare memoria di don Pino significa dunque ripartire dalla sua generosità di servizio, dalla sua profonda donazione a Dio e ai fratelli, per imitarne fino in fondo la perseveranza e le virtù, vissute con coerenza e slancio fino al giorno della sua uccisione.

    2. Nella lettura che abbiamo ascoltato, San Giovanni ci ha proposto una frase altamente significativa: “Noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo”. Questa frase ci appare quasi una sintesi della storia della salvezza, un compendio che trova la sua disarmante centralità nell’iniziativa preminente e preveniente di Dio nei confronti degli uomini. La salvezza sgorga dal cuore del Padre che, per amore, dona agli uomini il suo Figlio, il suo unico Figlio, e giunge così al cuore dell’uomo che, credendo e amando a sua volta, arriva a possedere la vita eterna, la gioia senza fine, la comunione con Dio.
    “Dio ci ha amati per primi…”. Una Parola che avrà certo risuonato tante volte nella mente e nel cuore del Beato don Pino, che nella sua vita e nella sua opera presbiterale si è lasciato sempre condurre, quale autentico discepolo di Gesù, dal riferimento alla Scrittura. 
    Nei tanti incontri, ritiri, missioni, campi-scuola don Pino ha ribadito chiaramente quello che per lui era diventato uno stile di vita: la Parola di Dio va studiata, meditata, assimilata, perché irrori con la sua vita il quotidiano dell’uomo, di ogni uomo. Essa è protagonista indiscussa della chiamata che Dio rivolge all’umanità di ogni tempo e di ogni luogo, e innesta nei cuori la domanda cruciale: qual è il senso della mia esistenza? 
    Il Beato Puglisi era consapevole che il suo agire sacerdotale fosse sempre ed unicamente l’agire di Dio e della sua Parola, che in modo discreto ma efficace arrivava in profondità. In ciò era aiutato dal suo carattere e dal suo modo di vivere: timido, autenticamente schivo, lontano dalle luci e dalla mondanità, don Pino non ha mai cercato né riflettori né attenzioni particolari, né titoli né grandiosità. Egli è stato sempre pronto a farsi trasparenza di Cristo, perché si percepisse che a parlare e ad agire fosse solo lui. Sì, perché, in fondo, don Puglisi ha avvertito forte il suo essere unicamente ministro dell’amore di Dio. 

    3.Dio ci ha amati per primo…”. Sembra un’azione soltanto passata, ormai definitivamente conclusa nella vicenda della salvezza offerta a noi dal Figlio Gesù, nella sua morte e nella sua risurrezione. Dio ci ha amati … e poi?
Il Beato don Pino è andato oltre. Come ministro di Dio e come uomo di fede. Ha saputo leggere e rileggere l’amore che Dio ha manifestato in passato e lo ha saputo volgere al presente.
    Dio ci ama ancora, e non si è stancato di amare l’uomo, di tendere a lui la mano, di offrirgli possibilità di redenzione, tutte sgorganti dal cuore aperto del costato di Cristo innalzato sull’Albero della Vita.
    L’ amore del Dio fatto uomo, l’agire del Dio Crocifisso, continua ad essere per gli uomini di tutti i tempi e di tutti luoghi. Dio continua ad amare gli uomini, non smette di accoglierli nella sua misericordia, non cessa di preoccuparsi per loro. E li ama nelle loro debolezze, li accoglie nelle necessità, li incontra nei cammini impervi della loro vita e – soprattutto – del loro peccato.
    Di questo il Beato don Pino era certo. Al punto che per questa causa, che si incarna nella stessa vita di Cristo, egli spese la sua esistenza diventando sacerdote. Dio – infatti – continua a dimostrare il suo amore per l’umanità attraverso la sua Chiesa e, nella sua Chiesa, soprattutto attraverso coloro che sono costituiti pastori, dispensatori del suo amore.

    4. Il Concilio vaticano II ha espresso bene questa importante connotazione del sacerdozio ministeriale, e don Pino, divenuto presbitero pochi anni prima del Concilio, ha saputo cogliere le profonde intuizioni dell’assise conciliare per trasmetterle ai fedeli dopo averle fatte proprie.
    Nei suoi 33 anni di ministero, ha guidato – con questa carità pastorale – le diverse comunità parrocchiali senza mai perdere di vista la profondità della vocazione ad essere ministro della comunione. Per fare questo ha fatto del ministero dell’ascolto un vero e proprio punto cardine della sua vita, accogliendo sapientemente quanti si recavano da lui per essere guidati come figli spirituali, in modo particolare i giovani in ricerca vocazionale ed esistenziale.
    Nei loro confronti il suo lavoro paziente li ha guidati su una riflessione aperta alle molteplici prospettive di orientamento di scelte di vita. Ogni comunità ecclesiale, nell’idea di don Pino, doveva prendere consapevolezza della bellezza di qualunque chiamata, come chiamata all’amore, e imparare a gustare la responsabilità della conseguente risposta nella santità di vita. I vari percorsi vocazionali intrapresi da don Pino a livello diocesano, regionale e nazionale insistevano continuamente nel far passare questa idea che creava nei giovani domande profonde e forniva capacità di risposte libere e consapevoli.

    5. Ma il Beato Puglisi ha saputo mostrare l’amore di Dio anche nell’ascolto costante delle esigenze del mondo che lo circondava, della società che gli stava attorno. Don Pino ha capito che l’amore di Dio nei confronti del mondo doveva concretizzarsi nell’attenzione profonda ai cambiamenti sociali, nella percezione del disagio giovanile, nella ricerca di soluzioni che rendessero più dignitosa la vita dei fratelli. 
    Fin da giovane egli ha percepito il ministero presbiterale in modo unitario, evangelizzando senza mai stancarsi e adoperandosi nel contempo perché le condizioni degli uomini e delle donne che incontrava potessero esser più dignitose. Si è sempre battuto per il bene, coinvolgendo in questo anche persone non credenti, che, per la sua apertura di visioni e la sua capacità relazionale, lo apprezzavano e con lui collaboravano volentieri.
    E ha compreso bene che l’amore di Dio per il mondo – che egli doveva testimoniare con la sua vita presbiterale – non si sarebbe potuto arrendere dinanzi agli ostacoli. Così, nel suo ministero pastorale mai si è sottratto a quanto doveva essere fatto anche quando ciò poteva causare l’isolamento o la reazione violenta della gente. Da buon pastore, e mai da mercenario, ha sempre difeso e si è sempre prodigato per le pecore a lui assegnate dal Pastore dei pastori, attraverso la parola del Vescovo, con il quale è stato sempre franco e onesto, anche quando ciò potesse comportare una diversità di opinione. 
    Nell’obbedienza, ha sempre accettato con gioia e generosità di andare a svolgere il servizio pastorale in zone difficili, specialmente presso le parrocchie di Godrano e di Brancaccio. Fino a farsi chicco di grano caduto in terra e marcito per amore. Fino a rendersi fecondo attraverso il suo martirio che ha fecondato le aride zolle della terra di Brancaccio.

    6. Don Pino ha testimoniato la sua capacità di ascolto ed accoglienza nei confronti di tutte le realtà ecclesiali, adoperandosi per vari gruppi e movimenti, promuovendo diverse associazioni, lasciando con il suo servizio un’impronta fortemente diocesana.
    Per questo motivo la nostra Arcidiocesi deve continuare a seguirne i passi, ad apprezzare l’esempio, a nutrirsi della sua testimonianza di vita, nella molteplicità di aspetti del suo ministero sacerdotale che abbiamo provato a tratteggiare ma che si vanno scoprendo di continuo ancora oggi. 
    Per questo, all’inizio di questo nuovo anno, il suo esempio ci sproni ad essere dinanzi a Dio e ai fratelli strumenti d’amore, per essere, nel mondo, membra vive di una Chiesa che si impegna per il bene dell’uomo. Sentiamoci in questo uniti, come Chiesa di Palermo, e impegniamoci in un agire comune che sia autentico servizio e coraggiosa testimonianza di vita cristiana.