Domenica delle Palme

Cattedrale di Palermo
13-04-2025

Omelia di Mons. Corrado Lorefice

«Attraversi la mia vita come un fuoco nella foresta»

(C. Bobin, Il Cristo dei papaveri, Frammento XLI, p. 55)

 

Iniziamo questa Settimana Santa facendo nostro il sospiro del cuore di San Giovanni della Croce affidato alla sua ultima opera Fiamma d’amor viva dove, alla fine della sua vita, narra la grandezza e l’onnipotenza di Dio fatte amore: «¡Rompe la tela de este dulce encuentro (Strappa la tela di questo dolce incontro!)». Sembra un’eco di quell’evento straordinario registrato dall’Evangelista Luca nel racconto della passione: «Il velo del tempio si squarciò a metà» (Lc 23,45). Il velo che ci tiene separati da Dio, che si frappone tra lui e noi. Che ostacola il suo irrompere in noi. La sua venuta in mezzo a noi. Il velo che nasconde l’accesso alla presenza di Dio. Si squarcia grazie a Colui che, entrato a Gerusalemme, salirà fino al «luogo chiamato Cranio» (Lc 23,33), al Calvario, lì dove l’albero della Croce diventa l’albero della vita. Per me, per voi, per tutti quelli che volgeranno lo sguardo a Colui che è stato trafitto (cfr Gv 19,37). Per chi lo invoca con cuore sincero come l’“altro malfattore” accanto a Gesù.

Con la Domenica delle Palme si apre la Settimana del nostro «dolce incontro» con il Signore Gesù. Oggi facciamo memoria dell’ingresso salvifico di Gesù a Gerusalemme. Egli entra nella città, la raggiunge, la visita, la percorre, la ama con una passione che arriva fino a patire sul legno del Golgota, «fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8).

Andiamogli incontro mentre, Egli ci viene incontro. Seguiamolo con cuore sincero, profonda fede ed empatia spirituale. Perché gli appartenga ancora la nostra vita, tutta la nostra esistenza. Perché la sua fraternità discepolare – noi, rigenerati dalle acque pasquali del Battesimo, la sua Chiesa! – gli appartenga veramente. Perché la sua Pasqua sia la nostra pasqua. Il ‘suo Passaggio’ di morte e risurrezione sia fonte del ‘nostro passaggio’ dall’idolatria alla fede, dalla mera religiosità alla decisa sequela, dal peccato alla libertà, dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, dalla disgregazione all’armonia, dalla divisione alla comunione, dall’individualismo alla solidarietà, dal possesso al dono, dall’egoismo all’amore, dall’indifferenza alla responsabilità, dal delirio della guerra all’esultanza della pace. A gran voce anche noi, come allora la folla dei discepoli, esclamiamo: «Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli» (Lc 19,38).

Il poeta C. Bobin, nel Frammento XLI de Il Cristo dei papaveri, scrive: «Attraversi la mia vita come un fuoco nella foresta». Ci raggiunga il fuoco del suo amore, irrompa nelle nostre vite e le attraversi. Irrompa nelle nostre comunità cristiane. Come fiamma le purifichi, come energia le accenda di vita nuova, di fede, di speranza e di carità; di sentimenti alti, di visioni grandi, di capacità di lettura e discernimento dei segni dei tempi, di desiderio di bene, di giustizia e di pace per questo nostro travagliato e confuso mondo, nell’attesa dei cieli nuovi e della terra nuova, quando il Figlio dell’uomo, il Messia della storia, verrà sulle nubi (cfr Mt 26,64).

«Per Gesù la città non è una realtà estranea, invivibile, dura di cuore, bensì una creatura da curare con pazienza e amabilità. E così entra oggi nella nostra città, entra in ciascuno di noi con benevolenza, fiducia, affetto, per darci vita e non per condannarci. Il suo amore è come un roveto ardente che brucia e non si consuma. Questo fa Gesù. Ricordare oggi la sua entrata in Gerusalemme vuol dunque dire lasciare al suo mistero di entrare nella nostra vita» (C. M. Martini, Omelia, Domenica delle Palme, 24 marzo 2002).

Egli ci viene incontro oggi. In questa sua Pasqua, la nostra pasqua. Oggi. Oggi stesso. Così come siamo. È l’oggi della nostra salvezza. Nell’oggi della nostra distanza c’è l’oggi della sua vicinanza. O schiacciati dal rimorso, come Pietro, il discepolo che ha rinnegato Gesù – «Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”. E, uscito, pianse amaramente» (Lc 22,61) –, o trasportati dall’abbandono fiducioso come l’“altro malfattore” crocifisso accanto a lui – «“Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gli rispose: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso”» (Lc 23,42-43). Lo sguardo d’amore di Gesù raggiunga e attraversi tutta la nostra vita, così come ha raggiunto la vita di Pietro, di Giuda, dell’“altro malfattore”, di Zaccheo, di Levi, di Maddalena, di Giovanni. E ci cambi. Ci rigeneri. Ci illumini. Ci rafforzi. Ci renda autentici discepoli di Gesù Cristo. E ci renda partecipi del Paradiso (cfr Lc 23,43).