Festa di Santa Lucia –

Maria SS. Odigitria dei Siciliani in Roma
13-12-2011

    Fratelli e sorelle carissimi!

    1. Considero un prezioso dono del Signore il mio ritrovarmi qui in mezzo a voi, questa sera, per celebrare, da siciliano tra siciliani, la festa di Santa Lucia.
Sono lieto che i membri dell’Arciconfraternita desiderino coltivare la propria identità culturale e religiosa. Per far questo stasera attingiamo ancora una volta al passato, facciamo memoria in un continuo atteggiamento di gratitudine, ma soprattutto celebriamo insieme le lodi di Dio per la Vergine e Martire Siracusana.
    Avvertiamo così il senso di una comunione profonda che dobbiamo e vogliamo ritrovare nella nostra fede che, per i nostri padri, ha rappresentato la motivazione di un agire nuovo e aperto alla speranza.

    2. Abbiamo appena ascoltato la stupenda pagina evangelica delle Beatitudini. In esse Gesù si rivolge agli ultimi: ‘Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli‘.
    Cos’è il regno dei cieli? È la pienezza di comunione fra l’uomo e Dio, resa manifesta nelle parole e nelle opere dell’uomo stesso. Il regno avanza, si costruisce, si propone, quando l’uomo incontra davvero Dio e la sua vita diviene una sorta di ‘canto’ continuo di questo incontro, una sorta di attualizzazione continua di esso.
    Gesù ci sta offrendo un criterio fondamentale: tale pienezza di comunione visibile e trasformante, il regno dei cieli appunto, appartiene già a chi è ‘povero in spirito’, ossia a chi non desidera possedere altro che l’amicizia con Dio, a chi l’ha messa al primo posto nella sua vita, a chi crede che solo da questa amicizia, posta in cima alla scala dei suoi valori e delle sue priorità, può discendere una lettura nuova della realtà, un modo diverso e nuovo di vivere: ‘Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza‘.
    Mi piace sempre osservare che, mentre in tutte le altre Beatitudini, il tempo è al futuro ‘ gli afflitti saranno consolati, i miti erediteranno la terra, i misericordiosi troveranno misericordia, ecc. ‘ la prima beatitudine, ‘Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli‘, è l’unica coniugata al tempo presente, ad indicare che il regno è in mezzo a quanti sanno già accoglierlo, facendosi piccoli e disponibili, vuoti per riempirsi unicamente di Dio.
    A tal proposito scrive il Santo Padre Benedetto XVI, nella sua lettera enciclica Spe salvi: «Il suo regno non è un aldilà immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. [‘] E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è ‘veramente’ vita» (n. 31).

    3. Carissimi, di questa prima beatitudine ‘ ‘Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli‘ ‘ la Vergine e Martire Lucia ha saputo fare il suo presente, il suo quotidiano, il suo impegno. Nel pieno della sua dolce freschezza giovanile, Lucia ha saputo farsi ‘povera’ e mettere al primo posto il suo Signore, al quale si era consacrata facendo voto di verginità. E nel martirio cruento ha consegnato la sua vita perché la potesse ritrovare autenticamente nell’esistenza eterna del suo regno.
    Celebrando i santi, specie quelli più vicini a noi, alla luce della loro testimonianza, non possiamo non avviare una concreta revisione della nostra vita. Come Lucia, mettiamo al primo posto il Signore? Lasciamo che sia lui, con la sua Parola, a guidare la nostra esistenza? Sappiamo cercarlo e frequentarlo nella nostre giornate, con la preghiera e la carità? Ci facciamo ‘poveri in spirito’ per accoglierlo? Oppure pretendiamo di incontrarlo con tutte le pesantezze del nostro orgoglio e delle nostre passioni? Il regno dei cieli è visibile nella nostra vita? Gli altri se ne accorgono?

4.Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro‘. La fede di Giobbe, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, è fermamente coniugata al futuro. Anche la vergine e martire Lucia esprime la convinzione che, al termine delle sue sofferenze, godrà personalmente di una visione eterna e pienamente liberatoria.
    Il suo martirio ci narra che le vengono strappati gli occhi materiali, fisici, ma che nessuno, nemmeno i suoi carnefici, può strapparle la vista delle fede. Questo cosa può dirci? Ecco: al di là di ciò che vediamo e siamo in grado di verificare con la nostra ragione e con la nostra scienza, con le nostre convinzioni e con le nostre dimostrazioni, con i nostri giudizi e le nostre valutazioni, Lucia ci sprona e rendere spiritualmente ‘più acuta’ la nostra vista, a valutare la realtà leggendola con uno sguardo nuovo, totalmente diverso, illuminato dalla nostra fede.
    Questo stesso futuro di pienezza è espresso proprio da un’altra delle Beatitudini: ‘Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio‘. Cos’è questa purezza di cuore? Consiste nel non lasciarsi inquinare dal tarlo del relativismo, dalla caduta del materialismo senza Dio, dall’edonismo che stravolge tutte le scale valoriali. Per vedere Dio è necessario avere cuore puro, non malato, non appesantito dal peccato, non limitato dalle stanchezze della vita, non distratto dalle preoccupazioni inutili. Un cuore ‘di carne’ ‘ come afferma il profeta Ezechiele ‘ e non ‘di pietra’!
    Vedere Dio, dunque, non è questione di occhi! Sembra sia questione di cuore! Vedere Dio è possibile fin da adesso! Nella misura in cui il nostro cuore si orienta all’incontro e all’amicizia con lui!

5.Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!‘. Le parole di Giobbe, ascoltate nella prima lettura, bene ci fanno andare all’esperienza di Lucia, vergine e martire. Il suo sacrificio, la sua morte, è compiuta in nome di un Dio vivo, un Dio che annuncia vita oltre la morte, un Dio che parla di vita nei tanti segni di morte di cui è disseminato il nostro quotidiano.
    Lucia, come Giobbe, esprime la fede in un Dio vivente ‘ ‘Io so che il mio redentore è vivo‘ ‘ e lo fa fino al sacrificio cruento di se stessa: il martirio. Esso è la testimonianza estrema, l’attestazione pubblica che, il Dio della vita non può lasciare i suoi figli in balia della morte, e che è pronto a ridare vita in pienezza e abbondanza.
    La testimonianza estrema di Lucia è fondata sulla sua fede. E la nostra? Nei primi secoli del cristianesimo le persecuzioni spinsero i cristiani a parlare della loro amicizia con Dio attraverso il sacrificio cruento di se stessi. Allo stesso modo, oggi, in tempi in cui la fede sembra messa a tacere o relegata a fatto privatistico e sentimentale, è necessario che i cristiani testimonino il Vangelo abbracciato e vissuto nel quotidiano delle loro scelte.
    Forse non si tratterà di perdere la vita fino all’effusione del sangue, ma certamente di fronte alle crisi che travagliano oggi la società abbiamo bisogno di comunità cristiane che sappiano educare ad una coraggiosa testimonianza di fede, anche a costo della vita. Ciascuno di noi, in forza del Battesimo, è chiamato a vivere l’ultima beatitudine elencata da Gesù: ‘Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli
    La fede cristiana che diciamo di professare, in verità, non sempre è testimoniata con la nostra vita. Forse viviamo di gesti e momenti religiosi, cultuali e devozionali, più che di esclusivo riferimento nel nostro pensare e nel nostro agire al Vangelo di Gesù di Nazareth. A ben vedere ci accorgiamo di quanti accomodamenti, di quanti compromessi accettiamo nel dirci cristiani e nel comportarci in modo difforme dal Vangelo. Non ci è chiesto di dare la vita fisica per Gesù, è vero, ma consideriamo davvero Gesù l’unico Signore Redentore e Messia della nostra vita?
    Il martirio di oggi è fedeltà agli impegni assunti, è testimonianza di coerenza con ciò che diciamo di essere. Di quanti silenzi siamo invece complici noi cristiani, divenendo così responsabili dello sgretolarsi dei valori che ci hanno consegnato i nostri padri?
    Penso ai silenzi di fronte alle diverse forme in cui si esprime l’ingiustizia sociale, l’arroganza del potere, la violenza che affiora nelle strade, nei rapporti sociali e financo nell’interno delle famiglie.
    Penso al compromesso con una mentalità subdolamente illegale nel conseguire il proprio interesse non importa se a danno di altri, non importa se con la prevaricazione sui deboli.
    Penso alla nostra reale posizione nei confronti del valore dell’indissolubilità del matrimonio e della centralità della famiglia, come pure ad ogni forma di offesa alla dignità umana e soprattutto dei bambini e delle donne.
    E penso anche ai nostri pavidi silenzi di fronte ad una cultura di morte, che non accoglie la vita concepita, che non rispetta la vita dell’anziano da accudire o dell’ammalato che si spegne come una debole fiammella.
    In questo modo, come possiamo pretendere di considerare credibile il nostro dirci cristiani? Come possono essere coerenti questi silenzi con i sacramenti che celebriamo, con la partecipazione alla Messa domenicale, con le feste religiose? Questa è la strada della martyria di oggi! Questa è la strada della testimonianza decisiva per la nostra società!

    6. Carissimi! L’Eucaristia che celebriamo diventa per noi quel ‘Pane del cammino‘ che può sostenere i propositi di bene che il nostro cuore realmente intende impegnarsi a scegliere per dare sapore alla nostra vita.
    E dando sapore alla nostra vita, ne daremo anche a quella di coloro che ci circondano, riuscendo a spandere il ‘buon odore di Cristo’ che significa la testimonianza di una vita retta, di un’amicizia con il Signore che fonda la nostra quotidianità.
    Ci aiuti la nostra conterranea, Lucia, a render testimonianza della luminosità dei valori che la nostra Terra ci ha consegnato.
    Ci aiuti a mai dissociare la fede e la vita, e a consegnarci con fiducia ai disegni di Dio, che spesso costano fatica e persecuzione, ma che ci aprono alla vita eterna della comunione celeste, nella gloria dei santi di cui Lucia gode già, e che ella stessa ci invita a cercare sopra ogni cosa e dentro ogni cosa.