Notte di Natale

Cattedrale, 24 dicembre 2002
24-12-2002

“Non temete, ecco vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è Cristo Signore”. L’annuncio più grande della storia risuona da oltre duemila anni sempre nuovo e attuale, come l’annuncio della speranza che fuga la paura e il timore: “Non temete”.
La profezia di Isaia si è compiuta: ‘Un bimbo è nato per noi’, e la sua luce ci inonda di gioia e di letizia, anche se tante tenebre coprono ancora la terra. La nostra risposta l’abbiamo espressa con fede nel salmo responsoriale: ‘Oggi è nato per noi il Salvatore’. Si! Oggi. Aveva ragione S. Leone Magno nell’affermare che Natale: ‘Non torna solo alla nostra memoria, ma sotto i nostri occhi. Quel giorno non è passato, come non è passata la forza di quell’opera’.
Sempre nuovo è il segno paradossale indicato dall’angelo ai pastori: “troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. E con la fede semplice dei pastori, una categoria allora disperata ed emarginata ma divenuta poi l’avanguardia del Regno di tutti i tempi, anche noi “andiamo fino a Betlemme e nel Bimbo avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia contempliamo l’amore di Dio Padre che tanto ha amato gli uomini da dare il suo Figlio unigenito.
Si! L’amore del Padre vogliamo contemplare nel Bimbo di Betlem annunziato dal profeta come l’Emmanuele, il Dio con noi, il Principe della Pace. Di pace ha bisogno la terra, minacciata da guerre e insanguinata da terrorismi e da guerriglie fratricide; di pace ha bisogno l’Italia, travagliata da tanti problemi e da incomprensioni istituzionali; di pace ha bisogno Palermo in cerca di stabilità e di sicurezza per il suo futuro.
Invano cercheremo la pace da quanti promettono fallaci speranze di liberazione e di salvezza, fondate sui miti illusori del materialismo, dell’edonismo e del consumismo, che dissacrano lo stesso Natale, e sulle false sicurezze del denaro, del potere e del piacere, che ci rendono schiavi di noi stessi e ci tolgono la libertà interiore. L’unica salvezza è venuta, viene e verrà a noi da quel Bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia: segno dell’estrema povertà dell’uomo e dell’infinita potenza di Dio, il nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità. E’ lui l’unico Salvatore dell’uomo ieri, oggi e sempre. Ce lo ha ricordato S. Paolo nella seconda lettura: ‘è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e vivere con sobrietà, giustizia e pietà’. Sono queste le condizioni per accogliere questa notte il Signore che viene e per attenderlo nella sua seconda venuta nella gloria.
Unico Salvatore del mondo, Gesù si è unito in certo qual modo con ogni uomo. Riconosciamolo e accogliamolo soprattutto in coloro con i quali egli ha dichiarato di volersi identificare quando ha detto parlando del giudizio finale: ‘Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi’ (Mt 25, 35-36).
Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Il pensiero va a quanti vivono nella povertà estrema e sono due terzi dell’umanità. Ma non mancano neppure tra noi. Anzi sono, purtroppo, in aumento le famiglie, che, soprattutto a causa della disoccupazione, si trovano in situazioni di maggiore disagio.
E a proposito della disoccupazione, non possiamo non rivolgere il pensiero ai lavoratori della Fiat di Termini Imerese e dell’indotto, per i quali il Natale 2002 è un Natale di tristezza e di paura, per la perdita del posto di lavoro e l’incertezza del futuro per sé e per le loro famiglie. Sono andato poco fa a trovarli a Termini Imerese per esprimere la nostra solidarietà e invitarli alla speranza nella preghiera. Un gruppo è presente qui in mezzo a noi. A essi e ai loro colleghi rinnoviamo soprattutto in questa notte la nostra solidarietà con la preghiera insistente a Gesù, figlio di lavoratore e lui stesso lavoratore, perché faccia risplendere pienamente, secondo le loro legittime aspirazioni, quei piccoli segni di speranza appena appena accesi in questi giorni.
Il Papa domenica scorsa ha invitato alla sobrietà per non degradare il Natale a occasione privilegiata di consumismo e aprire il cuore alle necessità dei fratelli.
Sappiamo rinunciare in questi giorni almeno a quanto è superfluo nel mangiare, nel bere, nel vestire, nel divertimento (ma il cristiano deve essere disposto a rinunciare anche al necessario) e devolviamone i risparmi a vantaggio di chi ha bisogno di cibo e di vestito. Evitiamo soprattutto di sperperare denaro per i botti di Natale e di Capodanno, oltretutto pericolosi per sé e per gli altri.

Ero ammalato e mi avete visitato. E il pensiero va a quanti soffrono nel corpo e nello spirito, soprattutto a coloro che sono costretti a celebrare il S. Natale negli ospedali o in un letto di dolore, agli anziani soli, ai tossicodipendenti, ai malati di Aids e a quelli terminali. Non manchi loro la cura affettuosa non solo dei parenti e degli amici e degli operatori sanitari, ma di tutta la comunità cristiana. L’augurio, che io porterò andandoli a visitare in questi giorni, è che essi ricuperino al più presto la salute e che le istituzioni si adoperino perché le strutture ospedaliere siano sempre più adeguate ai bisogni e alla dignità dei malati.
Ero forestiero e mi avete ospitato. Sono tanti gli immigrati che convivono con noi. Molti di loro ho incontrato a pomeriggio preso la Cittadella del povero, dove ho celebratola Messa della vigilia. Ho avuto la gioia nel trovare comprensione e accoglienza. Sia sempre larga nei loro confronti l’ospitalità che caratterizza la nostra gente, memori che nella concezione cristiana non vi sono ospiti e stranieri, perché tutti siamo familiari di Dio e perciò fratelli e sorelle fra di noi, qualunque sia la loro provenienza. E a proposito di ospitalità il pensiero va anche a quanti sfrattati o senza casa rivivono il dramma di Maria e di Giuseppe che non trovarono posto neppure nel caravanserraglio.
Ero carcerato e siete venuti a trovarmi. Andrò questa mattina a trovare quanti sono in carcere per portare loro il saluto della comunità cristiana che non può non sentirsi spiritualmente vicina a loro, perché, se sono innocenti, sia riconosciuta al più presto la loro innocenza, se non lo sono, accettino la pena senza perdere la speranza, certi che la conversione del cuore è fonte di liberazione interiore. L’augurio per tutti è che non tardi il giorno della liberazione e che le strutture carcerarie siano sempre più umane e umanizzanti, davvero rieducative secondo lo stesso dettato della nostra Costituzione. E anch’io mi unisco al Papa nel chiedere ai nostri parlamentari un gesto tanto atteso di clemenza.
Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me. Il Natale ci richiama soprattutto al rispetto verso i più piccoli, che sono i privilegiati del Bimbo di Betlem. Bisogna agire, anche da noi, con maggiore convinzione e decisione per arginare ogni tipo di violenza psicologica, fisica, sessuale che degrada la convivenza familiare e sociale.
Accogliere Cristo negli ultimi. Questo significa vivere il Natale. E solo a questa condizione possiamo scambiarci senza arrossire gli auguri di ‘Buon Natale’. Auguri che rivolgo a tutti voi e alle vostre famiglie con la più sincera cordialità di fratello e con il più grande affetto di padre. Buon Natale!