OMELIA PER LA MESSA ESEQUIALE DI S. E. R. MONS. FRANCESCO MINERVA

25-08-2004

‘Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato’ (Gv 17, 24-26).

1. Questo tratto della preghiera sacerdotale di Gesù, sgorgata dal suo cuore nel momento culminante di un amore che ha amato sino alla fine e si è donato totalmente sino all’olocausto supremo della vita, rivela non semplicemente un desiderio, ma l’ansia struggente e la volontà risoluta del Maestro, perché il suoi Apostoli, dono privilegiato del Padre, fossero sempre con lui nel tempo e nell’eternità.
Quel ‘voglio’, supplicante e imperioso insieme, col quale nell’imminenza della morte di Gesù si rivolge al Padre, è l’espressione di un mistero insondabile che avvolge la vita di ogni cristiano, ma afferra soprattutto l’esistenza di coloro i quali, a somiglianza degli Apostoli, sono chiamati alla sua sequela più diretta e totale.
Degli Apostoli non è scritto forse nel Vangelo che Gesù scelse quelli che egli volle perché stessero con lui? (cf. Mc, 3,14).
Essere con lui per contemplare la sua gloria!
È qui l’origine di ogni vocazione cristiana, ma soprattutto di quella sacerdotale ed episcopale. È anche qui la sua ultima destinazione e la ragione più profonda che ne chiarisce il senso e ne stimola il dinamismo apostolico.

2. In questa luce la Parola di Dio ci invita a leggere la vita e la morte di S.E.R. Mons. Francesco Minerva, Arcivescovo emerito di Lecce. In questa luce mi è apparsa sempre la sua figura eccezionale di Vescovo e la sua totale dedizione di Pastore, da lui considerata come un dono di amore per un servizio di amore, sempre acceso deal fuoco della Pentecoste.
Leggiamo con emozione nel suo Testamento spirituale: ‘Sono riconoscente a Dio di aver fatto di me una creatura di amore per un servizio di amore, come battezzato, come Sacerdote, come Vescovo’ e ho cantato l’amore di Dio verso la sua umile creatura e il servizio di amore che, con la grazia del Signore, ho potuto prestare a glorificazione del Signore e per la crescita della Chiesa’.

3. Glorificazione di Dio e crescita della Chiesa.
Sono state queste le uniche direttrici della sua missione sacerdotale ed episcopale dal 16 aprile 1927, quando a 24 anni in questa Basilica fu ordinato sacerdote, al 31 ottobre 1948, quando in questa stessa Basilica a 44 anni fu ordinato Vescovo di Nardò da S.E.R. Mons. Bernardi, Arcivescovo di Taranto, ( e io ebbi la grazia di essere presente, seminarista allora di Liceo del nostro Seminario Regionale), al 17 dicembre 1950, quando fu nominato Vescovo della Chiesa di Lecce, della quale il 20 ottobre 1980 diventò primo Arcivescovo Metropolita, al 27 gennaio 1981, quando in fedele obbedienza alle norme canoniche rinunciò al governo pastorale della sua amatissima Arcidiocesi, per continuare a servirla nella preghiera e nella sofferenza per altri 23 anni sino alla eccezionalissima età di 100 anni e 7 mesi, qui a Canosa accanto a S. Sabino. Egli non ha mai dimenticato la sua Canosa alla quale ha donato ‘ come egli stesso ha scritto nel Testamento spirituale ‘ ‘le primizie del sacerdozio come Arciprete-Parroco’ di questa Basilica, nella quale ha espresso il vivo desiderio che ‘riposino le (sue) spoglie mortali nell’attesa della Risurrezione’.
E alla luce della risurrezione, col canto dell’Alleluia pasquale che è sgorgato spontaneo dal cuore e dà significato al dolore per il distacco terreno di quanti lo abbiamo conosciuto, apprezzato e amato, celebriamo nell’Eucaristia il rendimento di grazie al Signore, per il dono grande che ha fatto alla sua Chiesa, e in particolare alle Chiese di Andria, di Nardò e di Lecce, suscitando un pastore secondo il suo cuore, saggio e prudente come Mons. Minerva: uomo di Dio, ardente nella preghiera e nella contemplazione, instancabile nel servizio e nell’azione, innamorato dell’Eucaristia e della Madre di Dio, ricco di carità pastorale.

4. Uomo di Dio, ardente nella preghiera e nella contemplazione è stato Mons. Minerva. Ho potuto costatarlo di persona, avendo avuto la grazia non solo di essere stato ordinato presbitero e vescovo da lui, ma anche di essergli stato vicino da sacerdote come segretario e collaboratore nella pastorale diocesana, e da vescovo negli incontri della Conferenza Episcopale e nei riposi estivi trascorsi insieme. Sono rimasto sempre ammirato e commosso nel vederlo pregare lungamente in cappella, o in auto, o anche nel passeggio domestico che mai tralasciava. E non si stancava di esortare noi sacerdoti alla preghiera e alla partecipazione agli esercizi spirituali annuali e ai ritiri mensili, sempre presieduti da lui.
Aveva il gusto della Liturgia: dalla celebrazione puntuale della Liturgia delle Ore a quella eucaristica, sempre preceduta dalla preparazione e seguita dal ringraziamento. E non c’era settimana che il venerdì non si accostasse al sacramento della Penitenza.
Si spiegano così il suo inalterabile ottimismo che faceva guardare alla realtà con speranza, la soavità della fortezza nel governo pastorale, che armonizzava il fermo e deciso rispetto con la comprensione generosa e longanime, la sua imperturbabile serenità, che si rifletteva nel perenne e caratteristico sorriso e nel costante richiamo alla gioia evangelica.

5. Perché ardente nella preghiera e nella contemplazione, Mons. Minerva è stato fervente e instancabile nell’azione.
È stato uno dei grandi vescovi italiani del secolo scorso:
– per il suo ricco e denso magistero fondato su una valida preparazione culturale: si era laureato in Teologia nel 1927 e in Giurisprudenza nel 1931;
– per l’impulso veramente innovatore dato alla catechesi, per tanti aspetti, come quella della Iniziazione cristiana dei fanciulli, profeticamente anticipatore delle istanze del Concilio Vaticano II, del quale è stato membro assiduo, testimone attento, convinto, diligente e sollecito esecutore;
– per le tante parrocchie erette e chiese costruite;
– per le Visite pastorali preparate e svolte come momenti forti del rinnovamento parrocchiale;
– per la cura del seminario, vera pupilla dei suoi occhi;
– per la formazione dei sacerdoti che desiderava testimoniassero ‘gioiosamente il loro sacerdozio in intimità con Cristo e in donazione generosa ai fratelli’;
– per l’incremento data alla Vita consacrata, come risorsa preziosa per la crescita della Chiesa;
– per l’attenzione ai giovani ereditata dalla sua antica esperienza di preside e di professore, oltre che di parroco e di assistente di Azione Cattolica;
– per la promozione del laicato che egli voleva ‘sempre più maturo nella fede e attivamente presente nella vita della Chiesa e nel cuore della società’;
– per l’attenzione ai poveri, agli ammalati, agli anziani, come attestano le sue opere assistenziali a Lecce e a Canosa.
Sono stati, questi, i suoi ideali, espressi con commozione anche nel testamento spirituale.

6. Il segreto del suo dinamismo pastorale, fondato sulla contemplazione e la preghiera, si manifestava nel forte amore all’Eucaristia, vero centro e cuore della sua vita sacerdotale, e nel tenero filiale amore alla Vergine Santissima, appreso nel Seminario Lateranense davanti alla icona della Madonna della Fiducia.
La recita quotidiana e integrale del S. Rosario e le lunghe soste adoranti davanti al Tabernacolo ne sono state le espressioni più toccanti e santamente contagiose.
Il Congresso Mariano Diocesano del 1954 e il grandioso Congresso Eucaristico Nazionale del 1956, preceduto in tutte le parrocchie dalle missioni popolari e dal passaggio sia della bellissima statua dell’Immacolata sia di Gesù Sacramentato, costituiscono due gemme d’oro del suo Episcopato.

7. Si spiega così anche la sua assoluta fedeltà al Papa, il forte senso della collegialità episcopale soprattutto verso i Confratelli della Conferenza Episcopale Pugliese della quale è stato anche vicepresidente, il suo grande amore ai sacerdoti e a tutto il gregge dal Signore, anche se non sempre e da tutti percepito e compreso.
Ha scritto nel suo testamento: ‘Posso affermare davanti al Signore, che mi sarà giudice, che ho sempre amati tutti quelli di cui ho portato la responsabilità, anche se il tratto esteriore non lo lasciava trasparire, e mi sono donato sempre con gioia, sapendo di servire il Signore in loro’.
E, da vero padre di misericordia, ha aggiunto: ‘Ho perdonato sempre, dimenticando presto offese e ingratitudini’, che in realtà non gli sono mancate, come non mancano ad ogni Vescovo, quale prezzo della carità pastorale.
È qui la sua vera grandezza, resa ancora più luminosa e convincente da questa umile confessione e richiesta di perdono: ‘Se la mia carità non è stata piena e non ho soddisfatto completamente al debito della mia responsabilità verso tutti, ne domando perdono al Signore e a tutti quelli a cui non sono andato incontro con la larghezza che da me si attendevano’.

8. Sono parole che ci commuovono, per cui a maggior ragione abbiamo potuto ripetere col salmista: ‘Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei giusti’. Preziosa anche ai nostri occhi, affascinati dalla sua luce.
Ora che finalmente si riposa dalle sue fatiche, come ci ha ricordato S. Giovanni nel brano dell’Apocalisse, ora che la sua anima è nelle mani di Dio e nessun tormento lo tocca più, come ci ha assicurati l’Autore del Libro della Sapienza, dal silenzio della sua morte corporale, più eloquente di ogni parola, e nell’attesa della risurrezione, il nostro padre e fratello rivolge a tutti noi, incamminati sulla stessa strada verso lo stesso traguardo della vita eterna, l’invito a seguire con fede convinta, con speranza perseverante e con carità operosa, Gesù Cristo, l’unico Buon Pastore, la Via, la Verità e la Vita, la luce eterna nell’attesa del giorno senza tramonto.

9. Fra poco, nella Preghiera Eucaristica faremo la sua memoria e ci sentiremo uniti a lui più di quanto lo siamo stati fino all’altro ieri, nel vincolo sacramentale del Sacrificio eucaristico, memoriale della morte e della risurrezione del Signore Gesù, pegno e prefigurazione del convito eterno che il Buon Pastore ha preparato ai suoi servi fedeli.
Uniti più intimamente a lui, con lui ringraziamo il Signore per avercelo dato come dono del suo amore, ma ringraziamo anche lui per quanto ci ha dato con l’esempio della vita e con il ministero della parola, dei sacramenti e della guida pastorale.
Ma è doveroso ringraziare anche quanti a Nardò, a Lecce, a Canosa lo hanno assistito con amore, in modo particolare, oltre ai nipoti, la signorina Giulia, esempio singolare di tutta una vita donata al nostro Vescovo, anteposto perfino agli affetti familiari, con abnegazione somma, con premura di figlia, con venerazione sacra.

10. Sì! Amatissimo Padre, a nome di tutti i Vescovi qui presenti, a nome dei sacerdoti leccesi, e in particolare di quelli da te ordinati, a nome di quanti ti hanno conosciuto, apprezzato e amato, a nome di quanti hai servito e guidato sulle vie della salvezza nel nome e col cuore del Buon Pastore, ora che sei associato più intimamente e per sempre a lui, unico intercessore presso il Padre, implora su tutti noi la grazia dello Spirito Santo, perché possiamo camminare fedelmente alla sequela del Pastore dei pastori all’insegna della Croce, fino al giorno in cui anche noi ti raggiungeremo nella Casa del Padre, dove c’è posto per tutti, e insieme a te, con la Madonna della Fiducia, con S. Oronzo e S. Sabino, contempleremo faccia a faccia il suo volto e celebreremo nella gioia infinita la liturgia celeste senza fine.
Grazie, Padre amatissimo. Arrivederci in Paradiso!