S. MESSA IN RENDIMENTO DI GRAZIE PER L’ELEZIONE DEL PAPA BENEDETTO XVI

cattedrale di Palermo
27-04-2005

Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa.

1. La scena evangelica di Cesarea di Filippo, che abbiamo contemplato or ora nel Vangelo, si è ripetuta per la 264ª volta martedì scorso nella Cappella Sistina con l’elezione del Card. Joseph Ratzinger a Successore di Pietro col nome di Benedetto XVI.
Lo ha ricordato lo stesso Pontefice all’indomani della sua elezione: ‘Mi sembra di rivivere la stessa scena evangelica: io, Successore di Pietro, ripeto con trepidazione le parole del pescatore di Galilea e ho riascoltato con intima emozione la rassicurante promessa del divino Maestro’.
Così ha vissuto il momento della sua elezione, Benedetto XVI, mentre si riversava sulle sue spalle l’enorme peso della responsabilità di Vicario di Cristo in quanto Vescovo di Roma.
Così lo abbiamo vissuto anche noi Cardinali, umili strumenti del Signore Gesù nell’individuazione di colui che egli aveva già scelto a questo ministero fondamentale del mistero della sua Chiesa.

2. Personalmente, ho vissuto questa singolare esperienza del Conclave, che potremmo definire come il ‘Natale’ di un nuovo Papa, nel clima di mistero che lo ha caratterizzato. Mi è sembrato come se la Chiesa, sotto l’azione dello Spirito Santo e attraverso la collaborazione umana dei Cardinali elettori, dal suo seno stesse per dare alla luce l’eletto del Padre a Vicario del suo Figlio e pastore della Chiesa universale.
Le Congregazioni generali, che hanno preceduto il Conclave, avevano già dato a tutti i Cardinali la possibilità di conoscere le complesse e varie situazioni della Chiesa universale nei diversi continenti, di individuare le principali domande che il mondo pone oggi alla Chiesa e le risposte adeguate che essa è chiamata a dare. E mentre nella Basilica di S. Pietro si svolgevano i Novendiali in suffragio del Papa defunto, – l’amatissimo Giovanni Paolo II, del cui pontificato si ricordavano i tratti più significativi, – nell’Aula del Sinodo si cercava di delineare quelli del suo Successore.
Si trattava di dialoghi e di confronti svolti in un clima di preghiera, di grande serenità, di assoluta libertà, di fraterno rispetto vicendevole, presieduti con eccezionale capacità di moderatore dal Decano del Sacro Collegio, il Card. Joseph Ratzinger, che si è fatto subito apprezzare per la trasparente pietà, l’altissima competenza dottrinale, la disponibilità al dialogo, la semplicità e la chiarezza del linguaggio, la fine gentilezza del tratto, l’attenzione nell’ascolto, la cordialità dell’amicizia, la fermezza nelle decisioni prese insieme, e l’umorismo dell’intellettuale raffinato, facile alle sorprese.

3. Il clima di mistero si è percepito soprattutto durante il Conclave, dopo la Messa ‘pro eligendo Pontifice’, concelebrata da tutti i Cardinali elettori e presieduta dallo stesso Decano. Non è passata inosservata l’esortazione a una fede chiara, adulta, matura: una fede cioè che ‘non segue le onde della moda e l’ultima novità’, che non si lascia ‘portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina’ nella logica altalenante del relativismo, ‘che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie’, ma una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo, ‘la misura del vero umanesimo’, che fa della verità nella carità la formula fondamentale dell’esistenza cristiana.

4. A pomeriggio di lunedì, quando abbiamo fatto ingresso nella Cappella Sistina, dominata dal Giudizio Universale di Michelangelo, mentre invocavamo l’intercessione della Vergine Maria, degli Apostoli e dei Santi, abbiamo avvertito la grande responsabilità che stavamo per assumere davanti a Dio, alla Chiesa, alla storia.
Per questo il canto del Veni Creator è sgorgato subito dopo dai nostri cuori più motivato che mai: sentivamo come non mai il bisogno che le nostre menti fossero visitate dallo Spirito Creatore, dolce consolatore, luce all’intelletto, fiamma ardente nel cuore, dono del Padre altissimo, per conoscere la sua volontà nell’elezione del Vicario del suo Figlio.
E allo Spirito Santo si affidava ciascuno di noi, quando, dopo il giuramento sul Vangelo, ha segnato il nome dell’eletto sulla scheda che deponeva nell’urna dicendo ad alta voce: ‘Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, debba essere eletto’.

5. ‘Secondo Dio’. È questo l’unico criterio evangelico al quale bisogna riferirsi nella Chiesa quando si è chiamati a fare delle scelte ministeriali a servizio della comunità. Indica anche la modalità più autentica e la finalità più alta con cui va esercitata ogni azione pastorale. Lo ha ricordato S. Pietro, il primo Papa, nell’esortazione rivolta agli anziani, ossia ai presbiteri del suo tempo, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura: ‘Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge’.
È quanto ha espresso il nuovo Papa nei suoi primi discorsi, e soprattutto nell’atteggiamento assunto nel momento in cui dichiarava di accettare l’elezione canonicamente avvenuta nell’obbedienza a Cristo per amore alla Chiesa.
Un momento di intensissima commozione, quello dell’accettazione. Avevamo davanti a noi non più il nostro Decano, il Cardinale Joseph Ratzinger, ma il Vicario di Cristo e il Pastore della Chiesa Universale, col nome di Benedetto XVI. Un nome che è tutto un programma: rievoca S. Benedetto da Norcia, patrono d’Europa, e il Papa Benedetto XV, che tanto si adoperò per la pace contro l’inutile strage della prima guerra mondiale.
Davanti a lui, vestito di bianco, ci siamo inginocchiati per esprimere, col bacio dell’anello, il nostro ossequio e la nostra obbedienza al Vicario di Cristo che S. Caterina da Siena amava definire ‘il dolce Cristo in terra’. Veniva doppiamente spontaneo dirgli nella fede: ‘Benedetto colui che viene nel nome del Signore’.

6. Figlio di umile famiglia (suo padre proveniva da semplici agricoltori e sua madre aveva fatto la cuoca prima di sposarsi), Joseph Ratzinger, nato in Germania il 16 aprile 1927, esperimenta negli anni dell’adolescenza gli orrori del nazismo e della seconda guerra mondiale.
Da giovane entra in seminario, compie gli studi filosofici e teologici e il 29 giugno 1951 viene ordinato sacerdote.
Per venticinque anni si dedica all’insegnamento nei prestigiosi Centri Accademici di Frisinga, di Monaco, di Bonn, di Munster, di Ratisbona, con un’intensa attività scientifica che lo porta a svolgere importanti incarichi in seno alla Conferenza Episcopale Tedesca e nella Commissione Teologica Internazionale, della quale successivamente diventerà Presidente, e a produrre innumerevoli e qualificate pubblicazioni, che costituiscono anche oggi un punto di riferimento autorevole per quanti sono impegnati nello studio approfondito della teologia.
Con la qualifica di ‘esperto’ è ammesso a partecipare ai lavori del Concilio Vaticano II, vedendo in questo come la conferma della sua vocazione, da lui definita, ‘teologica’.
Ma non solo a questa lo chiama il Signore. Lo chiama anche sia alla missione più direttamente pastorale, quando da Paolo VI nel 1977 viene nominato Arcivescovo di Monaco e creato Cardinale di Santa Romana Chiesa, sia a quella del governo della Chiesa universale, quando quattro anni dopo è nominato Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, ufficio conservato ininterrottamente fino a martedì scorso.
‘Collaboratori della verità’: era questo il suo motto episcopale. E tale è stato soprattutto accanto a Giovanni Paolo II, che lo ha circondato di stima e di fiducia, affidandogli molteplici e delicati incarichi da lui svolti con assoluta fedeltà e con affetto riconoscente.
Ora Benedetto XVI ha preso il suo posto nel segno della continuità e della novità, e da lui ha detto di sentirsi incoraggiato e sostenuto.

7. Personalmente, ma anche come Arcivescovo di Palermo, non potrò dimenticare l’emozione provata, quando, arrivato il mio turno, mi sono inginocchiato davanti a lui. Mi ha accolto con l’abbraccio dato alla Chiesa di Palermo e a tutta la Sicilia, dicendo: ‘Ecco Palermo, ecco la Sicilia’, memore certamente dei giorni trascorsi nella nostra Città in occasione della Settimana della Fede di cinque anni fa.
Egli ci ha benedetti e ha dimostrato di volerci bene. Me lo ha dimostrato in particolare quando, nel secondo incontro, ho chiesto umilmente la sua attenzione verso il servo di Dio don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia per il suo ministero sacerdotale di educatore dei giovani, e lui, annuendo col capo, mi ha detto: ‘Vedrò!

8. Come possiamo, noi Palermitani, ricambiare l’affetto a Papa Benedetto XVI? Con la preghiera, con l’adesione leale al suo magistero, con la collaborazione al suo ministero.
La preghiera è il primo dono che a tutti ha chiesto il nuovo Papa, che in Piazza San Pietro si è presentato alla storia come ‘un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore’ e ha detto: ‘Soprattutto mi affido alle vostre preghiere’.
L’adesione al magistero del Romano Pontefice caratterizza la fede dei cattolici, convinti che Gesù ha conferito a Pietro e quindi ai suoi successori, i Vescovi di Roma, il mandato di legare e di sciogliere e di confermare i fratelli nella fede.
Benedetto XVI, nell’omelia di domenica scorsa, ha detto di non intendere per ora presentare un programma, precisando che il suo vero programma di governo è quello di non fare la sua volontà, di non perseguire sue idee, ma di mettersi in ascolto, con tutta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore, e di lasciarsi guidare da lui, cosicchè sia egli stesso a guidare la Chiesa in quest’ora della nostra storia.

9. Ha voluto riferirsi solo alla sua nuova missione, commentando i due segni con cui viene rappresentata liturgicamente l’assunzione del Ministero Petrino, il Pallio e l’Anello del pescatore.
Il pallio è l’immagine sia del giogo soave della volontà di Dio che il nuovo Pontefice prende sulle spalle, sia della presenza e della missione di Cristo buon Pastore che egli deve rappresentare, sia soprattutto della ricerca delle pecore smarrite nei vari deserti interiori ed esteriori del mondo, per condurle fuori, verso il luogo della vita, che è Cristo Gesù. È lui l’amore del Padre, che non colpisce duramente per sconfiggere il male e creare un mondo migliore, ma, divenuto nel suo Figlio agnello immolato per noi, ci dice che ‘il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori’, ed ‘è redento dalla pazienza di Dio’, mentre ‘è distrutto dalla impazienza degli uomini’.
L’anello richiama la missione del Papa come successore di Pietro, il pescatore di Galilea, invitato da Gesù a prendere il largo nel mare della storia e a gettare le reti, ‘per riconquistare gli uomini al Vangelo, a Dio, a Cristo, alla vera vita’ e riportarli ‘fuori dal mare salato di tutte le alienazioni verso la terra della vita, verso la luce di Dio’. È il richiamo a un nuovo dinamismo missionario, sottolineato anche ieri sera dal Papa nella visita alla Basilica di S. Paolo.

10. Nell’immagine del pastore e del pescatore emerge in modo molto esplicito la vocazione all’unità della Chiesa, chiamata ad essere, secondo le parabole evangeliche, un solo gregge e un solo pastore, una rete che non si strappa nonostante la molteplicità dei grossi pesci.
È il richiamo all’impegno del dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale, che sin dal primo messaggio Benedetto XVI ha dichiarato di assumere come impegno ‘primario’ in fedeltà al Concilio Vaticano II, da lui definito, come Giovanni Paolo II, «la ‘bussola’ con cui orientarsi nel vasto oceano del terzo millennio» e «in fedele continuità con la bimillenaria tradizione della Chiesa». A quaranta anni dalla sua conclusione, il nuovo Papa ha affermato con forza di proseguire nell’impegno di attuazione, perché, ‘i suoi documenti non hanno perso di attualità’ e ‘i loro insegnamenti si rivelano particolarmente pertinenti in rapporto alle nuove istanze della Chiesa e della società globalizzata.’

11. Coincidendo l’inizio del suo Pontificato con lo speciale Anno dedicato all’Eucaristia, il Santo Padre ha chiesto di intensificare l’amore e la devozione a Gesù Eucaristia, e di esprimere in modo coraggioso e chiaro la fede nella presenza reale del Signore, soprattutto mediante la solennità e la correttezza delle celebrazioni’ (n. 4).
In modo speciale ha chiesto a noi sacerdoti che tutta la nostra esistenza abbia a speciale titolo ‘una forma eucaristica’, innanzitutto attraverso ‘la devota celebrazione quotidiana della Santa Messa, centro della vita e della missione di ogni sacerdote’ (ib.).
Dalla partecipazione all’Eucaristia, e quindi della piena comunione con Cristo risorto, ‘scaturisce ogni altro elemento della vita della Chiesa, in primo luogo la comunione tra tutti i fedeli, l’impegno di annunzio e di testimonianza del Vangelo, l’ardore della carità verso tutti, specialmente verso i poveri e i piccoli’ (ib.).

12. Costante, attiva e sapiente collaborazione, infine, il Santo Padre ha chiesto non solo a noi Cardinali, non solo ai Vescovi, dalla cui comunione collegiale ‘dipende in notevole misura l’efficacia dell’azione evangelizzatrice nel mondo contemporaneo’, ma a tutto il popolo di Dio, convinto che da solo non potrebbe svolgere ‘il compito inaudito’ del ministero pontificio, che ‘realmente supera ogni capacità umana’.
‘Non devo portare da solo – ha detto – ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei Santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la vostra preghiera, cari amici, la vostra indulgenza, il vostro amore, la vostra fede e la vostra speranza mi accompagnano’.
Con questa certezza, fondata sulla convinzione che la Chiesa è viva, è giovane, porta in sé il futuro del mondo e mostra a ciascuno di noi la via verso il futuro, il novello Pontefice ha salutato tutti, credenti e non credenti, uomini e donne di buona volontà, e ci ha esortati più volte alla gioia e alla speranza, facendo risuonare l’invito di Giovanni Paolo II rivolto a tutti nella stessa Piazza il 22 ottobre 1978: ‘Non abbiate paura, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo’. Lo ha rivolto soprattutto ai giovani che continueranno ad essere gli amici privilegiati del Papa. E con questa precisazione: ‘Egli non toglie nulla e dona tutto’.
È quanto abbiamo cantato nel salmo responsoriale: ‘Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla’.

13. Ringraziamo, pertanto, il Pastore dei Pastori per averci dato un Papa secondo il suo cuore, innamorato di lui per la profondità della fede e la vastità della cultura teologica, fedele servitore della Chiesa per l’esperienza del pastore e del servizio alla Santa Sede, profondo conoscitore degli uomini del nostro tempo che intende servire con la forza del dialogo, tanto più fecondo, quanto più rispettoso della verità, che non ammette sconti, ma fa dire, come gli Apostoli Pietro e Giovanni davanti al Sinedrio: ‘Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e udito’.
Nello stesso tempo, attraverso l’intercessione materna di Maria, affidiamo al buon Pastore la missione del suo nuovo Vicario, affinché ‘ come abbiamo pregato e pregheremo nelle orazioni di questa Messa, – egli sia per tutti noi principio e fondamento dell’unità nella fede e della comunione nella carità, il vincolo dell’amore e della pace, in modo che insieme, gregge e pastore, procediamo sicuri nel cammino della salvezza. Amen.