Solennità dell’Epifania del Signore – Messa dei Popoli

Chiesa Cattedrale
06-01-2024

Epifania del Signore

Chiesa Cattedrale
6 gennaio 2024

Omelia

Carissime, carissimi,
il Bambino che giace nella mangiatoia e trovato dai Magi, non è proprietà di nessuno ma tutti hanno il diritto di incontrarsi con Lui. Il presepio non ha confini. Lui è venuto per tutti. Si lascia trovare da chi lo desidera e lo cerca.
“Palpiterà e si dilaterà il tuo cuore” (Is 60,5). Dio sopraggiunge come desiderio. Per seduzione. L’uomo, da lui creato a sua immagine, ha una specie di “timbro di fabbrica” in quel vuoto incolmabile di un di più e di un oltre: il desiderio di Dio! Ce ne rendiamo conto sempre più oggi. Nel sofferto e scomposto disagio che vive l’odierna giornata umana, segnata da profonde tensioni e conflitti, dalla perdita di mete condivise per il futuro della famiglia umana. Un desiderio sempre più inappagato perché non più decifrato, che si annacqua nella ricerca di compensazioni e palliativi comprati nelle seducenti bancarelle del nulla.
Nel Natale appena celebrato, nel Bambino nato a Betlemme, Dio si è manifestato come Chi si abbassa e condivide le fatiche, le sofferenze, le fragilità, le debolezze umane. Nell’Epifania, in Gesù, il Dio-con-noi chiede d’esser riconosciuto e accolto, annunciato, portato a tutti e adorato. Come luce che raduna e rischiara, illumina e riscalda. Che apre varchi di futuro e di domani nel travaglio dell’oggi. Di armonia e di pace.
I Magi compiono un gesto che è riservato alla presenza del divino nel mondo: si prostrano. “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono” (Mt 2,11). Con questo stesso gesto verrà salutato il Signore risorto alla fine del Vangelo di Matteo: “Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono” (Mt 28,9). È un gesto di adorazione. Non si prostrano davanti ad Erode, bensì davanti alla piccolezza di Dio-Amore presente nel bambino Gesù. Erode vuole risplendere di luce sua propria, come ogni uomo che idolatra e ricerca il potere. E per questo ha paura della luce venuta nel mondo, “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9).
Carissimi, noi siamo giunti dalle nostre case, da diverse comunità linguistiche ed etniche, da varie parti del mondo, perché nel travaglio dell’esistenza abbiamo cerato la Luce Vera che ha il potere far diventare figli di Dio (cfr Gv 1,12). La Via. La Verità della Vita. La fonte dell’Amore. Lui è il testimone che tutti gli uomini e le donne sono amati da Dio, come canta il coro degli angeli dopo l’annuncio ai pastori (cfr Lc 2,14). L’amore, il dono gratuito di sé, l’unica energia rinnovabile per il futuro della Casa comune, delle nostre città.
Oggi la Cattedrale di Palermo è illuminata più di ogni altro giorno dalla vostra presenza, fratelli e sorelle che come i Magi avete lasciato le vostre case, i vostri affetti più cari, i vostri paesi, per mettervi in cammino, talora anche rischiando la vita. Ricchi dei vostri doni, incerti per il cammino che vi aspettava, il futuro che vi attendeva.
Carissimi fratelli e sorelle che siete parte del popolo di Dio della Chiesa di Palermo, siate i benvenuti. Vi chiediamo di aiutare anche noi a metterci in cammino. A riconoscere le venute del Signore tra noi. Il suo volto nei tanti volti che incrociamo lungo le nostre strade. Per divenire veri adoratori di Dio in spirito e verità (cfr Gv 4,23).
E mentre tutti insieme adoreremo il Signore Gesù che tra poco si manifesterà a noi sull’altare e sulla mensa di questa novella Betlemme, in questa “Casa del pane” eucaristico condiviso, vogliamo con voi riconoscerlo e adorarlo anche lungo le strade della nostra Palermo, della nostra città “tutta porto”, nel volto di ogni uomo e di ogni donna, nella ricchezza della loro diversità, camminando e sognando insieme a loro, gioendo con loro, soffrendo e sperando con loro. Perché “nei suoi giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace” (Sal 71/72,7).
Insieme saremo capaci di raggiungere quanti attendono un nuovo e gioioso racconto della buona notizia di Gesù Cristo che “è lo stesso, ieri, oggi e sempre” (Eb 13,8). Oggi ci viene confermato dalla Lettera agli Efesini che “le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo” (3,6).
In questo mondo che ha bisogno di riscoprirsi Casa del pane condiviso, casa fraterna per ogni uomo e ogni donna. Casa del pane fragrante della pace. Certa della compagnia del Principe della pace.
Condividendo la stessa fede, nella variegata diversità delle nostre provenienze, contribuiremo a costruire la nostra Città secondo la sua più intima vocazione: porto di approdo, al cuore del Mediterraneo, per tutte le genti. Per nuovi approdi di pace.