40 ANNI FA L’ATTENTATO IN PIAZZA SAN PIETRO: “QUELLA PALLOTTOLA DEVIATA DALLA MANO DELLA MADONNA DI FATIMA”

"13 maggio 1981, gli spari in piazza San Pietro e i misteri mai chiariti". Di Luigi Perollo, Direttore dell’Ufficio Diocesano per le Comunicazioni sociali-Ufficio Stampa

Il 13 maggio del 1981, Festa della Madonna di Fatima, la Chiesa e il mondo vennero scossi dagli spari di Ali Agca in Piazza San Pietro, spari destinati a Papa Giovanni Paolo II che “doveva morire”. In questi quarant’anni il cammino della Chiesa è proseguito dando a quella vicenda una precisa lettura ma i quattro decenni che ci separano da quel pomeriggio assolato non hanno dissipato i misteri: Ali Agca impugnò la pistola e sparò ma chi erano i mandanti, quale disegno poteva prevedere la morte violenta di un Papa, quali tensioni e dinamiche politiche potevano nascondersi dietro a quei colpi di arma da fuoco?

Come racconta Manuela Tulli per uno speciale del portale ANSA, Wojtyla: 40 anni fa l’attentato, “il Pontefice tra grandi sofferenze sopravvive e porterà la pallottola alla Madonna di Fatima, che è celebrata proprio il 13 maggio, e che, secondo lo stesso Wojtyla, lo salvò: «Una mano ha sparato, un’altra mano ha deviato la pallottola», disse una volta lo stesso Pontefice polacco. Che Papa Giovanni Paolo II si potesse salvare da quell’attentato non lo credevano invece neanche i medici del Policlinico Gemelli dove fu trasportato. «Gli stessi medici che eseguirono l’intervento, in primis il professor Francesco Crucitti, mi confessarono – ha di recente raccontato il cardinale Stanislaw Dziwisz, lo storico segretario di Wojtyla – di averlo preso in carico senza credere nella sopravvivenza del paziente»” Il medico personale del Papa, il dottor Renato Buzzonetti, in quei tragici momenti chiese a Dziwisz di impartire al Papa l’unzione degli infermi. L’operazione durò quasi cinque ore e mezza. Era riuscita. Il Papa era salvo. Subito dopo l’attentato in piazza San Pietro viene arrestato Mehmet Ali Agca, il giovane turco che ha appena sparato al Papa, e viene trovata anche la pistola, una Browning. Giovanni Paolo II è ancora tra la vita e la morte, ma già ci si chiede chi ci sia dietro l’attentato: sembra infatti improbabile che i ”Lupi grigi”, l’organizzazione terroristica turca di cui Ali Agca fa parte e che ha base in Bulgaria, abbia potuto da sola organizzare l’impresa. Il 27 dicembre 1983 Papa Wojtyla, nel carcere romano di Rebibbia, farà visita ad Agca e lo perdonerà. L’attentatore, nel corso degli anni e dei vari processi, ha dato le sue tante versioni, spesso contraddittorie e inverosimili per confondere il più possibile l’opinione pubblica. Le indagini hanno seguito le piste più diverse ma a 40 anni da quell’attentato non c’è ancora una verità certa. Di quel giorno resta una maglia bianca insanguinata e bucata dai fori dei proiettili. E’ nella cappella dell’istituto delle Figlie della Carità, a Boccea, quartiere periferico di Roma, conservata in una teca. La reliquia è sopravvissuta grazie alla prontezza di una infermiera che era in sala operatoria e la vide buttata in un angolo. Anna Stanghellini, così si chiamava l’infermiera caposala, morta poi nel 2004, tenne per qualche tempo quella ‘preziosa’ maglia nel suo armadio; poi nel 2000, l’anno del Grande Giubileo, la donò alle suore, presso le quali aveva fatto un periodo di postulato; aveva scelto un’altra strada rispetto a quella del convento, ma rimase molto legata a quelle suore presso le quali scelse anche di abitare negli ultimi anni della sua vita”.

Tornando a quel pomeriggio e alla sua difficile lettura, tra l’analisi degli elementi della cronaca e quella che porta a osservare gli “scenari” dell’epoca, «l’unica certezza che abbiamo è che il Papa doveva essere ucciso»: a parlare è il giornalista Antonio Preziosi, autore del volume Il Papa doveva morire. Storia dell’attentato a Giovanni Paolo II (Ed. San Paolo). Preziosi affianca a questa certezza il primo dei molti dubbi e misteri: «Ali Agca è un cecchino infallibile e la distanza da cui spara è davvero irrisoria per fallire il bersaglio. Eppure lo fallisce». L’autore in questo volume dà conto delle implicazioni, per così dire, geopolitiche dell’attentato, evidenziandone anche le (molte) zone d’ombra connesse alle varie piste e ricostruzioni emerse dalle indagini. Il solo Ali Agca darà cinquantadue versioni diverse del suo gesto arrivando a tirare in ballo come mandante anche l’ayatollah Khomeini.

Il giornalista palermitano Filippo Passantino, dell’agenzia d’informazione SIR, ha sfogliato il libro di Preziosi: «Il Pontefice resterà convinto, per tutta la vita, di essere stato salvato dalla misericordia di Dio, per intercessione di Maria che avrebbe materialmente deviato il proiettile. E Preziosi su questo punto racconta che fu lo stesso chirurgo Francesco Crucitti, primario del Policlinico Gemelli che operò Wojtyla d’urgenza per salvargli la vita, a non riuscire a spiegarsi la “strana traiettoria” del proiettile: un percorso a zig-zag, entrato dall’addome, uscito dal bacino, che evitò tutti gli organi vitali e l’arteria principale, di pochi millimetri. Le fasi concitate del soccorso in piazza, la corsa al Gemelli con un’ambulanza senza sirena, che si era rotta, l’angoscia del mondo e la preghiera nelle ore dell’operazione. Ecco i primi fatti scritti nella storia di quel giorno. E, poi, il perdono che Giovanni Paolo II, già pochi istanti dopo l’attentato, concede al killer dei Lupi Grigi, per poi ribadirlo quando lo va a trovare in carcere. Le diverse versioni date da Agca. Preziosi racconta tutto con il piglio del cronista, ma con uno sguardo al mistero di Dio. I riflettori si accendono, dunque, sulla fede profonda di Karol Wojtyla, che si affida alla Madonna con il suo motto “Totus tuus”, che un anno dopo l’attentato si reca a Fatima e fa incastonare il proiettile che lo ha colpito nella corona della statua di Maria. Fatima, da dove tutto ha inizio, con il “Terzo Segreto” che, il Papa ne era convinto, parlasse del suo assassinio. Tra le questioni rimaste aperte l’improbabile errore di Agca, killer professionista, che, sparando da meno di quattro metri, non riesce a uccidere il Pontefice. E, poi, il mistero della seconda suora (oltre a quella che materialmente bloccò con energia la fuga del killer) che avrebbe trattenuto il braccio di Agca, facendolo sbagliare. Non si seppe mai chi fosse. Tutti segni che – ne era convinto il Papa santo – hanno a che fare con la misericordia di Dio. Che ha voluto risparmiarlo, perché da quel momento, per lui, aveva un disegno particolare. Nella sua ricostruzione dell’agguato a Giovanni Paolo II Preziosi indica dettagli poco conosciuti o inediti. Analizza le ragioni e le conseguenze del gesto, evidenziando tutte le implicazioni di cronaca, storiche e spirituali dell’attentato. L’autore racconta alcune testimonianze dirette, come quelle di suor Letizia Giudici che fermò il terrorista Ali Agca e del professor Renato Buzzonetti, il medico del Papa».

Tanti i dettagli ricordati dal card. Stanislao Dziwisz, già segretario personale del Papa, e da diversi altri testimoni. “Il racconto coinvolge il lettore come in un ‘film’ che ha una duplice regia – si legge nella presentazione -: una umana (i mandanti ancora oscuri dell’attentato) e una soprannaturale (la mano che deviò il proiettile salvando la vita al Papa)”.

Antonio Preziosi non ha dubbi: «Non sarà facile, nemmeno per gli storici, venire a capo del ‘garbuglio’ (Wojtyła lo definì così in una conversazione con Indro Montanelli) che con grande probabilità si celava e si cela ancora dietro l’attentato. Una cosa ci è apparsa certa: quel giorno, in piazza San Pietro, il Papa doveva morire». Nella sua prefazione al volume Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova evangelizzazione, ribadisce che “aprire di nuovo questo capitolo a quarant’anni di distanza può aiutare a mantenere viva quella memoria storica che ha bisogno di essere sempre alimentata, perché non venga perduto il ricordo e il significato che ha posseduto non solo per la generazione che ha sperimentato il dramma di quel giorno, ma soprattutto per quanti non l’hanno vissuto”.

 

(photo ANSA)