Celebrazione Eucaristica nella Solenne Apertura dell’Anno della Fede

Chiesa Cattedrale
11-10-2012

Chiesa Cattedrale, 11 ottobre 2012

Gal 3,1-5; Lc 1; Lc 11,5-13

    1.La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?‘. Nella regione di Cesarea di Filippo, i discepoli ‘compagni di strada‘ di Gesù, si sentono rivolgere questa domanda, e cercano di riportare le opinioni della gente. Ma Gesù incalza: ‘Ma voi chi dite che io sia?‘. Gesù chiede ancora oggi, anche a noi, della sua identità, ma la risposta alla sua domanda ‘ chi sono io per te? ‘ non può non suscitarne in noi un’altra speculare sulla nostra identità di discepoli: come ci poniamo nei suoi confronti?

    L’Anno della Fede indetto dal Santo Padre Benedetto XVI viene posto nell’intreccio di queste due domande, quella sull’identità di Cristo, Figlio del Padre, Figlio dell’uomo su cui riposa lo Spirito, e quella del discepolo che è credente in cammino: la domanda su di Lui diventa una domanda per noi e per la nostra fede in Lui.

    ‘La «porta della fede» (cfr. At 14,27) ‘ scrive il Papa nel motu proprio di indizione ‘ che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. È possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita‘ (Motu proprio Porta fidei, n.1).

    Dunque, è primariamente un ascolto obbediente alla Parola di Dio che può dare inizio e fecondare il cammino che inaugura una relazione con il Padre, con il Figlio e con lo Spirito Santo, dal giorno del Battesimo fino all’eternità.

    A questa priorità della ‘parola delle fede’ ci ha richiamati San Paolo: ‘Colui che vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi lo fa grazie alle opere della Legge o perché avete ascoltato la parola della fede?‘. L’invettiva di Paolo nei confronti dei Galati è fin troppo chiara anche per noi: ‘incantati‘, ‘privi d’intelligenza‘ perché tentati di arroccarsi nuovamente sulle umane sicurezze della Legge, confidando nelle opere, e dimenticando di essere stati destinatari di una Parola di salvezza da ascoltare per entrare in comunione, nella fede, con Dio.

    Tre coordinate desidero individuare e far risuonare oggi con voi e per voi.

    2. La prima è la fede battesimale. In questo Anno della Fede ci riferiremo innanzitutto al nostro Battesimo, evento di grazia nel quale siamo diventati figli adottivi di Dio Padre, con l’essere innestati nella vita stessa del Figlio Gesù, morto e risorto per la potenza dello Spirito. San Paolo, scrivendo ai Romani, lo dice chiaramente: ‘Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre , così anche noi possiamo camminare in una nuova vita‘ (Rm 6,4).

    Il Battesimo ci ha riempiti della grazia di Dio, ci ha liberato dal peccato facendoci gustare la libertà dei figli che possono amare, ci ha innestato nel sacerdozio regale di Cristo rendendoci capaci di offrire un culto spirituale nel quotidiano della nostra realtà temporale.

    La vita nuova nello Spirito, come libertà dal peccato e dalla morte, ci è stata donata come percorso, impegno di tutta la vita, progressiva spoliazione dai nostri egoismi per vivere ed amare secondo il cuore di Dio. Con il Battesimo, Dio ha puntato davvero in alto per la nostra vita, ha sognato dignità e santità senza precedenti, proprio come un buon padre fa con i propri figli.

    L’Anno della Fede potrà essere l’occasione per capire se alla celebrazione del sacramento del Battesimo è seguito un vero e proprio cammino di figliolanza divina per la nostra esistenza. Potremo dunque chiederci: cosa abbiamo fatto del nostro Battesimo? Abbiamo davvero scommesso tutto per approfondire e coltivare quella fede che, nel giorno del Battesimo, ci è stata donata dalla Chiesa e nella Chiesa? Questa fede ha cercato seri percorsi di maturazione oppure è rimasta rachitica e superficiale? Si è incontrata con le domande della vita, o si è sempre più scollata da essa? Ma, soprattutto, è divenuta carità?

    Interrogativi che vanno approfonditi sia a livello personale che a livello comunitario ed ecclesiale. Si osserva infatti che fette sempre più ampie di credenti vivono nell’ignoranza della fede e della sua ricchezza. E l’assenso alle verità della fede ‘ ci ricorda il Papa ‘ è il primo e basilare passo per una consegna della propria vita nella fede. La fede è invece troppo poco approfondita, troppo poco conosciuta, ed è divenuta così argomento trattato dai media, dunque con diffusa superficialità e financo con avversione determinata e faziosa.

    Questi ed altri aspetti hanno aperto ad un insidioso ‘cristianesimo fai da te’, in cui la ricchezza del Battesimo viene banalizzata e la fede ridotta e frammentata in opinioni personali. Il rischio di un Battesimo vissuto in modo parziale ed opportunista, di una fede che relega nel privato il proprio rapporto con Dio, o che vive questo rapporto non con Dio, ma con sue personali proiezioni di comodo.

    3. La seconda coordinata è il tesoro della lezione conciliare. Per espressa volontà di Benedetto XVI, l’Anno della Fede ha inizio nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Scrive il Papa: ‘Ho ritenuto che far iniziare l’Anno della fede in coincidenza con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II possa essere un’occasione propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari, secondo le parole del beato Giovanni Paolo II, «non perdono il loro valore né il loro smalto. È necessario che essi vengano letti in maniera appropriata, che vengano conosciuti e assimilati come testi qualificati e normativi del Magistero, all’interno della Tradizione della Chiesa ‘ Sento più che mai il dovere di additare il Concilio, come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre»’ (Motu proprio Porta fidei n.5).

    Anche nella nostra Chiesa locale e nei percorsi che essa si prepara a seguire in questo nuovo anno, il Concilio vuole essere riscoperto come evento di grazia che ha dato modo di vivere meglio l’identità del Corpo Mistico di Cristo e la responsabilità di ognuna delle sue diverse membra nel compimento del mandato di annunciare il Vangelo.

    La ‘nuova evangelizzazione’, che è tema del Sinodo dei Vescovi che si celebra a Roma in questi giorni, non può non riferirsi, come suoi punti cardinali, alle esigenze conciliari espresse dalle quattro costituzioni dogmatiche: il mistero dell’amore di Dio rivelato nella Parola di Dio scritta e trasmessa (Dei Verbum), vissuto nella comunione della Chiesa, popolo di Dio (Lumen gentium), celebrato nella liturgia (Sacrosanctum Concilium), offerto al mondo in un dialogo costante e fecondo (Gaudium et spes).

    C’è da chiedersi con lucida franchezza: quanto abbiamo letto del Concilio Vaticano II? Quanto è stato approfondito e studiato? Il rischio delle generazioni post-conciliari è quello di un Concilio conosciuto, per così dire, attraverso le sue citazioni, e attraverso le sue interpretazioni, poco noto nella sua integralità.

    E c’è da chiedersi con altrettanta schiettezza se l’accoglienza della novità del Concilio non sia stata limitata a formulazioni esteriori ‘ che a volte si sono anche cristallizzate o stereotipate ‘ che non hanno toccato il cuore di una professione di fede autentica e i punti nevralgici della sua testimonianza nella vita. Forse dobbiamo ancora registrare resistenze ad accogliere quello sguardo nuovo che il Concilio è venuto a proporre. Forse il suo dettato è ancora inteso ad un livello superficiale ma non ancora metabolizzato in profondità nei singoli e nelle comunità.

    Si avverte, in ultimo, una certa fatica nell’assumere la novità di uno Spirito che continua a soffiare nella Chiesa, e che pure è ciò che di più fondamentale la nostra fede deve continuare a chiedere al Padre, secondo quanto abbiamo ascoltato dal vangelo di oggi: ‘Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!‘.

    Mentre Dio continua a volere effondere lo Spirito sulla sua Chiesa, animandola con grazie specialissime e suscitando carismi per l’utilità comune, spesso si ha l’impressione che da parte nostra non venga nessuna insistente richiesta di questa azione pneumatica, e che l’appuntamento con la novità post-conciliare venga costantemente disatteso.

    4. Infine la lezione del Catechismo della Chiesa Cattolica. L’Anno della Fede si apre a vent’anni dalla sua pubblicazione, fortemente voluta dal beato Giovanni Paolo II come sintesi sistematica del depositum fidei e come traccia concreta di una via di maturità della fede nella Chiesa.

    Il Catechismo della Chiesa Cattolica viene spesso trascurato in ambienti in cui hanno il sopravvento sperimentazioni pastorali di dubbia efficacia. Eppure esso è una vera e propria ricchezza a partire dal quale si può presentare ed approfondire, con chiarezza di contenuti ed efficacia di metodo, la nostra fede cattolica. La sapienza semplice ed esauriente delle sue pagine è tesa ad unificare la fede professata con la vita vissuta, presentando il cammino del credente come un incontro con la persona di Cristo.

    Sia questo Anno della Fede l’occasione per riscoprire il Catechismo come ‘via semplice’ da proporre e riproporre, valida alternativa da seguire per strutturare cammini di evangelizzazione ed itinerari di iniziazione cristiana.

    La stessa impostazione del Catechismo della Chiesa Cattolica sembra rispondere agli obiettivi individuati dal Santo Padre nel Motu proprio Porta fidei: ‘Desideriamo che questo Anno susciti in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza. Sarà un’occasione propizia anche per intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia, che è ‘il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua energia’. Nel contempo ‘ dice ancora il Santo Padre ‘ auspichiamo che la testimonianza di vita dei credenti cresca nella sua credibilità. Riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata, e riflettere sullo stesso atto con cui si crede, è un impegno che ogni credente deve fare proprio, soprattutto in questo Anno‘ (Motu proprio Porta fidei n.9).

    Sarà questa anche la scansione tematica dell’Assemblea Pastorale Diocesana nel quale, domani sera, in questa stessa Cattedrale, ascolteremo le riflessioni di S.E. Mons. Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, il quale si soffermerà sul tema: ‘Insieme professare, celebrare, testimoniare. Nuova evangelizzazione e trasmissione della fede‘.

    5. Amatissima Chiesa di Palermo! Tra poco apriremo questo Anno della Fede nella comune professione di fede e nel ricordo del nostro Battesimo. E ci sentiamo particolarmente accompagnati da Padre Pino Puglisi, che fino alla fine professò una fede incarnata nella carità, e assunse gli impegni battesimali fino al martirio cruento per mano mafiosa.

    Guardiamo alla sua testimonianza che sarà offerta come modello a tutta la Chiesa il prossimo 25 maggio, data della sua beatificazione, evento che onora il nostro cammino credente, ma che anche ci è dato come responsabilità.

    E mettiamo tutto questo Anno che si apre nelle mani generose della Vergine Maria, Donna della fede accolta e professata, che saprà condurci ad una più autentica maturità di figli nella stessa Chiesa, nostra Madre.