Epifania del Signore

Cattedrale, 6 gennaio 2003
06-01-2003

Ti adoreranno, o Dio, tutti i popoli della terra.

1. Nel Salmo responsoriale abbiamo espresso il significato più profondo della solennità odierna. L’Epifania è la manifestazione del Bimbo di Betlemme, non solo l’atteso Messia del popolo eletto, ma anche e soprattutto il Salvatore di tutte le genti. Si compie il vaticinio del Profeta Isaia, esaltato nella prima lettura.
Agli esuli, tornati in patria dalla schiavitù babilonese ma ancora prostrati, delusi e sfiduciati, egli dà la certezza che ‘la gloria del Signore’ (ossia la sua presenza) brilla ‘di nuovo su Gerusalemme’.
Anzi la ‘luce’ di questa presenza risplende così viva, che verso di essa convergono, in un desiderio insopprimibile di unità, non solo i suoi ‘figli’, dispersi dall’esilio, ma anche gli altri ‘popoli’ con i loro ‘re’, attratti dal suo splendore, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore’.

2. È la visione della nuova Gerusalemme, divenuta il segno dell’incontro tra Dio e gli uomini. Il segno della salvezza universale.
Il suo compimento è Cristo. Il suo prolungamento è la Chiesa.
Questo ci dice l’avventura dei Magi, ricordataci or ora nel Vangelo di Matteo. Essi non appartengono al popolo eletto, ma a differenza del popolo eletto, vanno in cerca del neonato Re dei Giudei e davanti al Bimbo di Betlem si prostrano in adorazione, offrendo in dono ‘oro’ (che richiama la regalità), ‘incenso’ (che si brucia alla divinità) e ‘mirra’ (l’unguento usato per le consacrazioni sacerdotali e per la sepoltura).

3. E, giacché essi sono pagani, è anche la prima manifestazione e attuazione del mistero di cui parla San Paolo nella Seconda Lettura, che cioè anche ‘i gentili (ossia i pagani) sono chiamati in Cristo Gesù a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo’.
‘Questo mistero, che non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni, è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti’ (ossia alla Chiesa) per mezzo dello Spirito’.
La Chiesa, infatti, è in Cristo ‘il sacramento’ universale di salvezza, ossia ‘il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e della unità del genere umano’ (LG 1).
È questa la sua identità e la sua missione. E anche la sua responsabilità. O meglio ‘la nostra responsabilità. Perché la Chiesa siamo tutti noi. Tutti partecipi e tutti corresponsabili della sua unica missione, pur nella molteplicità dei ruoli e dei ministeri.
È diretto pertanto a ciascuno di noi l’invito del profeta: ‘Alzati, rivestiti di luce… poiché le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni… Alza gli occhi intorno e guarda…’.

4. È l’invito a uscire dall’indifferenza, dalla pigrizia, dalla stanchezza, dallo scoraggiamento, dalla sfiducia, dall’isolamento in cui si adagiano oggi tanti figli della Chiesa e a intraprendere con rinnovato entusiasmo l’annunzio de Vangelo in un mondo che cambia.
In ogni caso la condizione è precisa e ineludibile: ‘Alzati, rivestiti di luce’. Azione e coerenza. La vocazione cristiana, per sua natura, è inscindibilmente vocazione alla santità (LG 40) e all’apostolato (A A 2).
Per essere ‘luce delle genti’, sul volto della Chiesa deve risplendere la ‘luce di Cristo’ (LG 1). Nella Chiesa ciascuno di noi deve essere ‘luce del mondo’ (Mt 5,14). E tutti dobbiamo camminare nella luce.

5. Si comprende allora come la Chiesa chieda oggi al Signore che la sua luce ‘ci accompagni sempre in ogni luogo, perché contempliamo con purezza di fede e gustiamo con fervente amore il mistero di cui ci ha fatti partecipi’.
La risposta è l’offerta dei nostri doni. L’oro di una fede senza incrinature. L ‘incenso di un culto che si traduce in coerenza di vita. La mirra di un servizio instancabile e generoso a favore dei fratelli.
La risposta è un rinnovato slancio missionario che ci faccia prendere sempre più il largo e che tragga il suo vigore dall’Eucaristia, in cui è presente ‘colui che in questi doni è significato, immolato e ricevuto: Gesù Cristo nostro Signore’.

6. Il sogno di Dio è che lo riconoscano tutti i popoli della terra. Lo abbiamo contemplato nel Salmo responsoriale: ‘Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra’. E lo abbiamo cantato con gioia tanto più vera quanto più questa nostra Assemblea eucaristica è partecipata da tanti fratelli e sorelle di fede che, provenienti da diverse parti del mondo, condividono con noi l’avventura umana della nostra Città e l’esperienza cristiana della nostra Chiesa.
Noi, carissimi fratelli e sorelle immigrati, vi esprimiamo il nostro affetto e vi sentiamo parte viva della nostra Chiesa, perché in essa, come afferma l’apostolo Paolo, nessuno è ospite o straniero, nessuno deve sentirsi estraneo o escluso, perché tutti siamo familiari di Dio e concittadini dei Santi.
Né, d’altra parte, potremmo dimenticare che proprio nello scenario multietnico, multiculturale e multireligioso del Mediterraneo i primi cristiani incominciarono a riconoscersi e a vivere come fratelli in quanto figli di Dio.
Noi siamo lieti, perciò, della vostra presenza e vi siamo grati per quanto operate con noi e per noi nella nostra Città e nella nostra Chiesa.
Noi intendiamo esservi sempre più vicini e, per quanto dipende da noi, contribuire al riconoscimento e al rispetto dei vostri diritti, alla soluzione dei vostri problemi e alla realizzazione delle vostre legittime aspirazioni.
E’ questa la finalità dei Centri Pastorali Diocesani della Chiesa palermitana, nella quale con la loro collaborazione dovete sentirvi di casa.
E’ questa la finalità delle molteplici iniziative e delle opere che la nostra Chiesa ha realizzato a vostro servizio, come la Casa Giovanni Paolo II e il Centro Agape, nuova sede della Caritas Diocesana, nel cuore dell’Albergheria.

We want to tell you, our dearest brothers and sisters immigrates, our deepest affection and that we feel you as a living part of our Church, because in it, as the Apostle St.Paul says, no one is a stranger or a guest, and so no one should feel an outsider or an excluded, because we are all part of God’s family and fellows of the Saints.
As matter of fact we can’t forget that, exactly in this multicultural, multiethnic and multireligious setting of the Mediterranean Sea the first Christians began to recognise each other and live as brothers, being all God’s children.
We are very glad of your being here and we are also grateful for what you are doing with us and for us in your town and in our Church.
We firmly want to be as near as possible to you, and, for what depends on us, we want to contribute to the acknowledgement and respect of your rights, the solution of your problems and the fulfilment of your legitimate aspirations.

Nous voulons vous dire, nos très chers frères et s’urs immigres, notre affection et que nous vous considérons comme une portion vivante de notre Eglise, parce que en elle, comme dit l’Apôtre Paul, personne n’est ni hôte ni étranger, et personne ne doit se considérer ni emargè ni exclus, parce que nous sommes tous de la même famille de Dieu et citoyens des Saints.
Ni nous pouvons oublier que dans ce milieu multiethnique, multicultural et multireligieux de la mer Méditerranée , les premier cretiens se sont commences a reconnaître comme frères et comme tous fils de Dieu.
Nous sommes très contents de votre présence ici et nous nous vous remercions de tout ce que vous faites avec nous et pour nous dans notre Ville et dans notre Eglise.
C’est notre dessein d’etre toujours plus voisins à vous, et, pour ce que dépends de nous, donner notre contribution pour que vos droits soient reconnus, soit trouvée une résolution pour vos problèmes et vos légitimes aspirations soient réalisées.

7. In questa prospettiva esorto tutti i palermitani a perseverare nella loro innata capacità di accoglienza degli immigrati, respingendo ogni manifestazione di razzismo, di xenofobia e di rifiuto nei loro confronti e continuando a considerarli come una risorsa da valorizzare e non come un pericolo da temere, come fratelli e sorelle da rispettare, amare e aiutare. A tutti gli immigrati di qualsiasi nazione, cultura e religione, indistintamente, rivolgo il saluto cordiale della Chiesa palermitana, con l’invito a inserirsi sempre più nella nostra realtà, rispettandone la cultura,le tradizioni, le leggi. E’ così che si costruisce e si promuove l’armonia sociale.
Affido questo auspicio alla Vergine Santissima, che ha conosciuto la triste esperienza sia del rifiuto a Betlem sia dell’esilio in Egitto. Ci aiuti tutti a fare della nostra Chiesa e della nostra Città una famiglia multietnica unita dalla forza dell’amore.