Epifania del Signore – Festa dei Popoli

Chiesa Cattedrale
06-01-2013
Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12

    1. Con l’odierna solennità dell’Epifania, la Chiesa ci fa celebrare la pienezza del Natale. Il mistero dell’incarnazione del Verbo Eterno di Dio nel Bambino di Betlemme, si manifesta come dono rivolto a tutti gli uomini, di ogni tempo e di ogni luogo, a tutta la famiglia umana, la famiglia dei figli di Dio.
    Secondo il racconto di Luca, la notizia della nascita di Gesù raggiunge inizialmente soltanto pochi pastori: sono i poveri, i piccoli, gli umili, coloro che sono capaci di riconoscere e accogliere la rivelazione di Dio.
    Nel racconto dell’evangelista Matteo, che ascoltiamo oggi, Il Bambino si manifesta ai Magi, misteriosi saggi provenienti da regioni pagane, da terre lontane, dai confini del mondo allora conosciuto. Essi vedono sorgere la stella del re dei giudei e si mettono in cammino: una stella che è solo il segno esteriore di una profonda ricerca interiore che li porterà a trovare Gesù.
    Nel cammino dei Magi si compie la profezia antica del pellegrinaggio di tutte le genti verso Gerusalemme, così come abbiamo ascoltato nella prima lettura: ‘Cammineranno le genti alla tua luce… Tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio‘ (Is 60,3-5).
    La manifestazione (epifania) del Signore è per l’intera umanità. Tutti i popoli della terra sono chiamati a muoversi verso Cristo, a camminare nella sua luce. E l’apostolo Paolo, nella seconda lettura, ce lo ricorda: ‘le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo‘ (Ef 3,6).
    Il cammino dei Magi e quello dei pastori sono accomunati dalla medesima ricerca interiore. Infatti, per riconoscere la manifestazione di Dio occorre avere il cuore povero di chi sa mettersi in ricerca, come i pastori della valle di Betlemme, ma anche come i Magi dell’Oriente.
    Pastori e Magi divengono così nostri maestri ed esempi di ricerca autentica di Dio.

    2. Anche oggi, in questa Chiesa Cattedrale, nell’odierna celebrazione, sembra di rivivere visibilmente l’evento universale della visita dei Magi. La partecipazione delle numerose comunità di immigrati presenti nella nostra Città, dinanzi al Risorto che li accoglie in questo Tempio, rende visibile quell’umanità nuova che in lui ha origine. Umanità di fratelli, unica famiglia di figli di Dio, varietà di storie nella quali vive la storia della salvezza.
    Per questa varia e variopinta presenza, sono grato a tutti voi, carissimi fratelli e sorelle! Sperimentiamo la stupenda ricchezza della Chiesa, il suo respiro universale, il dono grande dell’amore Dio che è pronto a sconfinare dagli angusti limiti dei nostri egoismi e dei nostri pregiudizi, e ad estendersi a tutti gli uomini della terra.
    Le nostre preferenze, le nostre discriminazioni, i nostri pregiudizi, offendono questo amore grande di Dio, lo ‘rimpiccioliscono’ e lo limitano. Invece, la nostra accoglienza, il nostro impegno per una convivenza pacifica lo esprimono e lo rendono efficace.
    Carissimi fratelli e sorelle, provenendo da varie parti del mondo, voi condividete con noi il cammino umano di questa pacifica convivenza nella nostra Città di Palermo, e l’avventura cristiana di appartenere a questa Santa Chiesa. Grazie! Camminiamo insieme nella luce del Signore!

    3. I Magi vengono da Oriente. Da Oriente era partito anche Abramo, per giungere nella terra che Dio gli aveva promesso, sperando in una discendenza che sarebbe stata benedizione per tutte le nazioni della terra, discendenza annunciata tanto grande come le stelle del cielo. Il cammino di Abramo è un cammino di fede e di ricerca nella fede, e anche i Magi sono mossi da una fede come quella di Abramo, aiutata dai segni. Hanno creduto nella stella che hanno saputo scorgere nel cielo notturno.
    Lasciate che, con gratitudine, ricordi, proprio su questa scia, il 29° anniversario della mia ordinazione episcopale, ricevuta nella Basilica Vaticana per l’imposizione delle mani del Beato Giovanni Paolo II.
    Ho sempre creduto che, come ad Abramo e come ai Magi, mi è stato chiesto di lasciare ‘la mia terra’, le mie sicurezze e le mie posizioni, e di fidarmi unicamente di quanto il Signore mi faceva intravedere e sperimentare. Anche se con i dubbi che appartengono alle umane visioni, ogni volta che, come fece con Abramo, il Signore mi ha indicato una nuova terra in cui andare a servirlo, ho cercato di amare la sua volontà e di trovare pace in questa obbedienza.
    Abbiamo ascoltato Paolo che si rivolge agli Efesini: ‘Penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore‘ (cf. Ef 3,2). L’espressione ‘a vostro favore” indica proprio il vantaggio nei confronti della comunità a lui affidata. Un chinarsi amoroso e uno spendersi per annunciare il Vangelo senza riserve. Ecco: questo il senso che ho desiderato dare ogni giorno al mio episcopato. Questo l’impegno che ho cercato di mettere prima nel servizio alla Santa Sede e poi a questa Chiesa di Palermo.
    Rivolto continuamente nei confronti dei figli di questa Chiesa, come pastore cerco di non risparmiarmi: pur con tante omissioni, di cui chiedo perdono, ci sono sempre tanto impegno e tanti sforzi concreti perché questo ‘a vostro favore‘ diventi concretamente vissuto ogni giorno.
    Grazie per la vostra vicinanza e la vostra preghiera, di cui ho bisogno per servire la comunione di questa porzione del popolo santo di Dio.

    4. Tutta la nostra Chiesa, in questo particolare Anno della Fede, si sta impegnando a guardare alla testimonianza luminosa di Padre Pino Puglisi, che il prossimo 25 maggio a Palermo verrà elevato agli onori degli altari e proposto solennemente come un modello di vita cristiana da imitare.
    Questa celebrazione dell’Epifania è caratterizzata dalla ricerca dei Magi che si muove su una duplice linea: da un lato, è illuminata dal misterioso segno astrale della stella del re dei giudei, dall’altro è indirizzata anche dalle Scritture interpretate dai saggi di Gerusalemme.
    Sono necessarie entrambe le luci per illuminare la notte della ricerca. E, infine, per trovare Dio. È necessario un cuore che sappia leggere tanto nei segni dei tempi, le stelle dei nostri giorni, quanto nelle Scritture, che sono sempre lampada ai nostri passi.
    Padre Pino Puglisi non si è, per così dire, ‘accontentato’ di una lettura della Scrittura che rimanesse circoscritta al sacro, che toccasse lo spirito e fosse visibile unicamente nell’interiorità. Egli si è sempre sentito stimolato dal Vangelo a dare un impulso forte ad un’opera di evangelizzazione e promozione umana che interessasse il territorio.
    Credo che in questo particolare giorno in cui si celebra la manifestazione di Gesù a tutti gli uomini, non possiamo dimenticare quanto Padre Pino avesse a cuore coloro che non conoscessero ancora il Signore, e soprattutto coloro che erano schiavi di logiche criminali ed anti-evangeliche, strutture mafiose atee e quindi profondamente anti-umane.
    Erano tutti ‘segni’ che cercò di interpretare, e alla luce dei quali si impegnò a difendere la dignità e la libertà dell’uomo. I 33 anni del suo ministero sacerdotale sono anni di cammino, di lettura dei bisogni, di adeguate risposte da dare alla realtà, alla luce del Vangelo che in quella realtà doveva compiersi.
    Fino a che Padre Pino diventa lui stesso stella. Padre Pino meditò sicuramente tante volte l’affermazione di Gesù: ‘Io sono la luce del mondo‘, e da questa luce si lasciò guidare. Ma ascoltò anche l’invito di Cristo: ‘Voi siete la luce del mondo’. E, con la sua vita, egli fu luminoso esempio per riflettere la luce del Signore.
    Ecco perché tra i tanti segni della nostra Chiesa, quest’anno ci impegniamo a vedere Padre Pino Puglisi come stella luminosa che trasmette la luce di Cristo, e che la fa splendere su quanti accolgono il suo messaggio.
    Il suo martirio deve essere anche il nostro: una chiara luminosità di una fede vissuta fino in fondo, una limpida testimonianza portata fino alle estreme conseguenze.
    Vorremmo che in questa Epifania ci lasciassimo davvero affascinare dalla luce del martirio di Padre Pino, che possa diventare stimolo per una testimonianza feconda nell’ordinarietà della nostra vita.
    Noi cristiani, noi membra del Corpo Mistico che è la Chiesa, abbiamo una grande responsabilità nel mondo di oggi. Abbiamo bisogno, proprio oggi che il mondo è diventato un ‘piccolo villaggio’ nel quale tutti ci possiamo confrontare, di dare testimonianza di ciò che significa la nostra fede.
    Una fede che non è proclamata solo con le labbra. Una fede che non è annunziata soltanto con dogmi di teologia. Una fede annunciata con la nostra stessa vita, con un’esistenza luminosa che non brilli di luce propria, ma rifranga la luce di Cristo sulle strade del mondo.
    Dobbiamo ‘ per così dire ‘ farci conquistare da Cristo permettendogli di vivere nella nostra vita in modo che il nostro pensare ed il nostro agire possa in ogni momento, tradurre, manifestare, annunziare il Vangelo di Cristo, soprattutto nell’amore ai fratelli.

    5. La nostra presenza attorno all’altare del Signore, nell’unica celebrazione dell’Eucaristia, sia per tutti noi la vera forza che continui a sostenere e guidare i nostri passi verso il compimento del disegno di Dio sull’umana famiglia.
    Il Dio della pace e della concordia, che si è fatto per noi accogliente, ci liberi dai pregiudizi, e ci renda attivamente consapevoli della dignità di figli, riconosciuta in noi e nei fratelli che ci stanno accanto.
    La nostra Arcidiocesi sta percorrendo cammini di evangelizzazione che hanno bisogno della luce di quanti hanno conosciuto veramente il Signore, di quanti hanno intrapreso un autentico cammino di conversione.
    Ed è proprio così che vogliamo andare al Signore: desiderosi di una profonda conversione, coscienti che solo lui è capace di togliere dall’essere umano il cuore di pietra e dare un cuore di carne, un cuore capace di riposare in Dio che è amore, e di amare i fratelli, così come ci ha comandato il suo Figlio, che ce ne ha dato anche l’esempio.
    Vogliamo andare al Signore desiderosi di sperimentare anche noi l’immensa grandezza delle opere di Dio, il suo amore per ogni uomo, senza esclusione di nessuno.
    Per questo non ci scoraggino le difficoltà, le indifferenze, le resistenze. Profondiamo tutto il nostro impegno per vincerle, ma confidiamo nella nostra generosa donazione a Dio, nel compimento quotidiano del nostro dovere, secondo la responsabilità che a ciascuno di noi è propria.
    Cristo, dall’alto della croce, è rimasto solo, ma è rimasto fedele. Solo così, sostenuto dalla Vergine Maria e da San Giovanni, ha potuto offrire la sua vita e ha potuto sigillare la nuova ed eterna Alleanza nel suo sangue.
    Questa Alleanza definitiva ci permette di essere fratelli, uniti nella stessa fede che chiede con insistenza al Signore, Dio Bambino, di poter fare nuove tutte le cose, rinnovando i cuori e la storia.