Festa di Sant’Antonio Abate

Aci Sant'Antonio (Ct)
17-01-2006

    Respirate sempre Cristo e abbiate fede in lui.

    Venerati fratelli nel presbiterato
    Onorevoli autorità
    Carissimi fratelli e sorelle amati dal Signore.

1. Questa affermazione di S. Antonio Abate, che voi avete scelto come motto dell’Anno giubilare nel 1650° anniversario della sua nascita al cielo, avvenuta il 17 gennaio 356, all’età di 105 anni, sintetizza stupendamente il messaggio perenne della sua vita e del suo carisma.
    Non sto qui a ricordarvene i particolari, a voi ben noti, così come sono stati riferiti dal suo insigne amico e discepolo, S. Atanasio.
    Indubbiamente è stato il monaco più illustre della Chiesa antica, vero padre del monachesimo orientale, capace sia di attrarre nella solitudine del deserto vescovi, sacerdoti, pellegrini, malati, uomini e donne bisognosi di consiglio, di luce e di conforto, sia di uscire dalla solitudine per infondere coraggio ai cristiani perseguitati in Alessandria e per combattere l’eresia ariana.
    Indubbiamente resta ancora tra i Santi più noti e venerati nel mondo, come taumaturgo, particolarmente caro al popolo, che lo invoca soprattutto nelle malattie, nelle sofferenze e nelle prove della vita.

2. Ma il segreto del suo fascino di uomo austero, solitario, dedito alle più aspre penitenze, eppure così aperto, attraente e popolare, è da ricercare nel suo amore totale a Cristo e nella fede incrollabile in lui.
    L’amore totale a Cristo lo porta a lasciare tutto per essere una cosa sola con lui, divenuto il suo più profondo e ininterrotto respiro.
    Prende sul serio, alla lettera, il comando del Maestro che abbiamo riascoltato or ora nel Vangelo: ‘Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi’.
    E a vent’anni, alla morte dei genitori, lascia il paese natìo, Coma, sulle rive del Nilo, dona tutti i suoi beni ai poveri e si rifugia prima in una plaga deserta e inospitale, fra le antiche tombe abbandonate, e poi sulle rive del Mar Rosso, per dedicarsi alla penitenza, al lavoro, alla lettura della Sacra Scrittura e alla preghiera.
    Nel deserto, luogo privilegiato dell’incontro con Dio ma anche delle tentazioni del Maligno, Antonio raggiunge le altezze più sublimi della contemplazione e riporta le più strepitose vittorie sulle seduzioni del male.
    Nell’aspra solitudine del deserto, egli vive in perfetta comunione col Padre, camminando umilmente con lui, secondo la bellissima immagine del profeta Michea, e ripetendo col salmista: ‘Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene, nelle tue mani è la mia vita’.

3. La via che lo conduce al Padre è Cristo, l’unica verità che non inganna e non delude, venuto nel mondo per darci la vita e darcela in abbondanza, divenuto uno di noi per donarci il suo amore dal quale nulla ci può separare, come ci ha ricordato S. Paolo nella seconda lettura.
    L’innamoramento di Cristo ha caratterizzato la vita di S. Antonio, come è espresso, tra i molteplici significati, da quello del fuoco.
    L’innamoramento di Cristo deve caratterizzare anche la nostra vita in una tensione costante e sincera alla santità, a questa misura alta della vita cristiana ordinaria alla quale tutti siamo chiamati in forza del Battesimo che ci ha resi in Cristo figli di Dio. Se siamo diventati figli di Dio, dobbiamo essere perfetti come il Padre (Mc 5,48). Se siamo stati assimilati a Cristo, a lui dobbiamo conformarci, comportandoci ‘come lui si è comportato’ (1Gv 2,6).
    La santità è fare di Cristo il respiro della nostra vita di ogni giorno, nella circostanze liete e in quelle tristi, nelle ore della gioia e in quelle del dolore.

4. Respirare Cristo significa anzitutto ascoltare e mettere in pratica la sua parola, memori del primo imperativo con il quale egli ha dato inizio alla sua predicazione: ‘Convertitevi e credete al Vangelo’.
S. Antonio si è ritirato addirittura nel deserto per ascoltare più agevolmente, nel silenzio, lontano dai rumori del mondo, la parola di Dio, che libera, purifica, salva e plasma la vita.
    Noi che viviamo tra i rumori di un mondo sempre più convulso, chiassoso, rumoroso, dobbiamo trovare tempi e luoghi per metterci in ascolto della parola di Dio, l’unica luce che illumina il cammino della vita e dirada le tenebre dell’ignoranza, del dubbio, della menzogna, che lo rendono sempre più incerto, insicuro, confuso.
    Respirare Cristo significa pregare: unirci a lui nella preghiera al Padre con la grazia dello Spirito Santo, nella lode, nell’adorazione, nel rendimento di grazie, nella contemplazione, nell’intercessione e nella domanda.
    S. Antonio è stato un eccelso maestro di preghiera. Ci ricorda che, specie di fronte alle numerose prove che il mondo oggi pone alla fede ‘ come si esprimeva il servo di Dio Giovanni Paolo II, ‘ senza la preghiera finiremmo per essere non solo cristiani mediocri, ma cristiani a rischio, correremmo il rischio insidioso di vedere progressivamente affievolita la nostra fede. ‘L’orazione ‘ diceva S. Antonio ‘ è sempre necessaria all’uomo in ogni luogo, in ogni tempo, in ogni circostanza’. E ammoniva: ‘Non lasciate mai l’orazione, quello che è il pane al corpo, è l’orazione all’anima.
    Respirare Cristo, infine, significa attingere forza alle sorgenti della salvezza – i sacramenti e soprattutto l’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana -. Parteciparvi ogni Domenica è un’esigenza ineludibile, insopprimibile e insostituibile della vita cristiana. Ce lo hanno ricordato nel recente Congresso Eucaristico di Bari, i martiri di Abitene. Come loro, dobbiamo avere la convinzione che dell’Eucaristia domenicale non possiamo fare a meno, perché, senza di essa non possiamo vivere da cristiani. Non può dirsi vero devoto di S. Antonio chi abitualmente diserta la Messa domenicale.

5. Respirate Cristo e abbiate fede in lui: è questo l’invito di S. Antonio. Un invito di grande attualità. Dobbiamo riconoscere, infatti, che oggi non è facile avere fede in Cristo, perché la nostra fede è esposta come non mai alle sfide delle culture e delle mode dominanti.
    La fede è ostacolata dalla mentalità laicista, che considerando la religione come inutile, frutto di suggestione e d’ignoranza, la ritiene lesiva della dignità dell’uomo e dannosa per il suo sviluppo.
    La fede oggi è sfidata dal secolarismo terrenista e scientista che mette tra parentesi Dio, ritenendolo addirittura un ostacolo all’affermazione e al progresso dell’uomo, il quale sarebbe in grado di costruire il suo futuro senza Dio, sostituito dal progresso indefinito della tecnica e della scienza, in un orizzonte puramente temporale e terreno.
    La fede è insidiata dal materialismo pratico, edonista, consumista e perciò permissivo e libertario, che porta di conseguenza al relativismo morale o all’indifferenza religiosa, perché preoccupato solo o prevalentemente del benessere materiale e dei nuovi miti che lo sostengono con l’uso scorretto dei mass-media e della pubblicità, e perciò con grave pregiudizio dei valori oggettivi e della vita morale.
    E in realtà, se non sono sorretti, orientati e guidati da chiare convinzioni morali, lo stesso benessere economico e il progresso scientifico e tecnico possono ritorcersi contro l’uomo, creando nuove forme di schiavitù e di ingiustizie e aggravando le ragioni della paura che ci avvolge. Non tutto quello che tecnicamente è possibile alla scienza è anche moralmente lecito e utile all’uomo. Ciò vale soprattutto nel campo della biogenetica, quando si toccano le sorgenti della vita.
    Per queste ragioni è necessaria da parte di noi cristiani una testimonianza di fede più robusta e convinta, più visibile e incisiva, più illuminante e persuasiva, più coerente e fattiva. Giacché nella società, ormai definita post-moderna, non s’è spento del tutto il bisogno di Dio e della trascendenza, che anzi si fa più vivo e angoscioso anche se inconfessato e spesso incanalato verso le forme degradate della superstizione, dello spiritismo e della magia. E anche questa è una sfida.

6. Essere più forti nel testimoniare la fede cristiana: questo ci dice S. Antonio.
    Testimoniare la fede cristiana significa, anzitutto, vivere la fede con coerenza, senza fratture tra il credere e l’operare, sia nella vita privata come in quella pubblica, sempre e ovunque.
    Testimoniare la fede significa, inoltre, professare il proprio credo con coraggio, in casa, in ufficio, a scuola, sul posto di lavoro, senza vergognarsi del Vangelo e del nome di Cristo.
    Testimoniare la fede significa, ancora, difendere e diffondere la verità che promana dal Vangelo e dalla Croce di Cristo, senza lasciarsi blandire dalle ideologie, senza lasciarsi irretire dai compromessi, senza lasciarsi imbavagliare dalle minacce o dalla paura, sapendo andare decisamente, quando occorre, contro corrente.
    Testimoniare la fede significa, infine, renderla operosa nella carità che cambia il volto della storia perché cambia il cuore degli uomini, con la forza dell’amore di Dio che, riversato nei nostri cuori col dono dello Spirito Santo (cf Rm 5,5), si apre alle necessità dei fratelli, soprattutto degli ultimi e dei più bisognosi, come è stato per S. Antonio, e diventa risorsa ineguagliabile per liberare il nostro territorio dai mali che lo umiliano e far emergere le tantissime potenzialità del bene di cui è ricco il nostro popolo e che lo onorano e lo esaltano.

7. Carissimi fratelli e sorelle di Aci S. Antonio. È questo il messaggio che il grande Santo Protettore ci rivolge in questo anno giubilare a lui dedicato. Accogliamolo come l’espressione più autentica della nostra devozione a lui, perché, come abbiamo chiesto al Signore nella preghiera colletta, non ci lasciamo travolgere dal tumulto mondano, ma amiamo Dio con tutto il cuore sopra ogni cosa, e liberi da ogni compromesso con il male, diventiamo ricchi di lui, unico bene, in modo che, sostenuti dall’intercessione materna di Maria, siamo gli annunziatori credibili e i testimoni coerenti del suo Figlio crocifisso e risorto, unica speranza del mondo. Amen.