Liturgia della Passione – Venerdì Santo

Cattedrale, 19 aprile 2019
19-04-2019

Venerdì Santo – Adorazione della Croce

19 Aprile 2019

Omelia

«La parola [il lógos] della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio» (1Cor 1, 18).

«Perché non venga resa vana la croce di Cristo» (1Cor 1, 17), con Bernardo di Clairvaux, siamo convinti che «Questi sono giorni che dobbiamo tenere in gran conto, giorni pieni di devozione e di grazia, dai quali anche gli spiriti di criminali si sentono provocati al pentimento anche gli spiriti di delinquenti. Perché così grande è la forza dei sacramenti di cui si fa memoria in questi giorni che possono spezzare anche i cuori di pietra e bastano per intenerire ogni animo, anche di ferro. Infine vediamo che ancora oggi, davanti alla passione di Cristo, non solo il cielo si muove a compassione, ma la terra si scuote, e le rocce si spezzano, e le tombe si aprono con la confessione dei peccati» (Omelia del Giovedì Santo).

Se stasera siamo venuti sotto la croce è per stare ai piedi del Crocifisso e, in lui, ai piedi dei crocifissi di ogni tempo. Venire ad adorare la croce significa riconoscere Gesù il Crocifisso. Contemplare in lui l’Uomo-Dio. Significa ritrovare lo sguardo contemplativo della vita, decidere di rimanere nella vita da contemplativi, come uomini e donne che non vogliono continuare a stare sulla terra da superficiali consumatori di emozioni; per cogliere più in profondità noi stessi e il significato più intrinseco della vita e dei tempi in cui viviamo.

Chi contempla la croce discerne, riconosce e comprende l’uomo, la storia umana che genera i «senza storia» (G. Dossetti), che invece, secondo il vangelo, sono quelli che erediteranno la terra nella creazione nuova, perché Dio, nel suo Figlio sofferente e crocifisso, è presente in loro e con loro. I «senza storia» vicini a noi e lontano da noi, a Palermo e a Tripoli, dal Mediterraneo all’Africa profonda, dall’Asia all’America latina: i poveri schiacciati, i bambini non nati o usati, i giovani privati del futuro e alla mercé della malavita organizzata, gli anziani abbandonati, i disabili dimenticati, le donne umiliate e mercificate, i migranti annegati o rigettati nell’inferno della miseria e della guerra. Vittime di mammona, l’unico dio venerato dall’occidente capitalista; travolti dalla marea straripante dell’inimicizia, dell’odio e della volgarità, del dispregio e dell’insensibilità. Abbattuti da una politica ridotta a spettacolo e a bancarella degli indici di gradimento; da un potere voraginoso e predatorio; disattesi dalla Chiesa stessa quando viene distratta dalle logiche di potere e viene divisa da coalizioni demoniache che hanno di mira papa Francesco e il suo rinnovamento nel segno del Vangelo e del Concilio, per essere Chiesa povera e dei poveri.

Colui che Pilato consegnerà alla croce, viene indicato dallo stesso procuratore romano della Giudea, come “l’uomo”. Presentando Gesù alla folla, dirà: «Ecco l’uomo» (Gv 19, 5), l’Umano per eccellenza, l’Adam vero.  Ma in Gesù, crocifisso sul Golgota, ritenuto il luogo dove fu sepolto il primo Adamo, in quel momento rifulge l’immagine di Dio e l’immagine dell’uomo, la nostra stessa immagine. L’uomo: immagine di Dio: in lui è compendiato e si rivela tutto l’amore e tutta la compassione di Dio, il volto di un Dio che è disposto a morire pur di dare la vita a noi creature fragili ed effimere; immagine nostra: nella fragilità, nell’umiliazione e nell’impotenza umana di Gesù davanti a Pilato, c’è tutta la potenza dell’uomo che sa custodire la libertà e rimane in piedi davanti agli esecutori dei complotti dei poteri di questo mondo, sorretto unicamente da Dio. L’uomo capace di rimanere fedele alla sua più intima e vera vocazione, di custodire il suo volto umano secondo l’immagine impressa in lui da Dio.

L’uomo è immagine di Dio, chiamato ad assomigliare a Colui che è immagine compiuta di Dio: l’Uomo della Croce, il Nazareno crocifisso, misericordioso, giusto, compassionevole, libero dalla lettera della Legge; il Galileo salito sulla croce liberamente e per amore, che passava per le strade della Palestina annunciando a tutti un “parola bella”, sanando i malati, liberando quanti erano prigionieri del male; il Rabbi giustiziato perché dichiarava beati i poveri, i miti e i pacificatori, i misericordiosi e i perseguitati per causa della giustizia; perché che annunziava eredi del regno di Dio quanti sfamano i poveri, visitano i malati e i carcerati, vestono gli ignudi e accolgono i forestieri; l’Amore crocifisso che sbaraglia il peccato generato dal cuore indurito degli uomini e smantella il potere della morte; l’Amore trafitto, vittorioso sul peccato e sulla morte.

«Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore… il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori» (Is 53, 10-12).

Sulla croce – divenuta fonte e cattedra della Vita – ci viene rivelato chi siamo, dove dobbiamo stare e dalla parte di chi dobbiamo essere. Per rimanere nell’amore, custodire un cuore umano ed essere dalla parte dell’uomo e di Dio, dobbiamo collocarci sotto la croce, da veri discepoli come Maria la Madre di Gesù, «la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala e il discepolo che egli amava» (Gv 19, 25-26).

La croce è luogo che racconta il vero volto di Dio e dell’uomo. Occorre stare sotto la croce per rimanere umani-divini, uomini e donne sul cui volto rifulge il volto stesso di Dio, capaci di riconoscere in ogni volto umano l’immagine di Dio. Sotto la croce si impara a rimanere umani e si apprende che siamo tutti figli di Dio, amati nel suo Figlio consegnato sulla croce. Sotto la croce si è figli e fratelli. Da questo trono infame, – che è la croce – Gesù ancor oggi, ci ricorda che siamo tutti figli, poiché da quell’altare altare – che è la croce – Gesù da vittima innocente dell’ingiustizia umana, continuava ad invocare il Padre per i suoi fratelli persecutori e carnefici: «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno perché non sanno quello che sono!» (Lc 23, 34).

Padre, perdona il nostro peccato, che è sempre un tradimento della libertà, della nostra vera identità e dignità umana. Ti chiediamo perdono perché abbiamo perso la consapevolezza di essere tua immagine, e per questo il nostro cuore indurito non ti riconosce presente nel volto di ogni uomo e di ogni donna. Per questo ci dividiamo e ci combattiamo nella Chiesa, nella società, nella politica nella famiglia; per tale motivo, come idolatri dell’io e delle tante forme di potere, ci allontaniamo e ci disprezziamo, innalzando barriere e muri esistenziali, fisici, sociali, politici, economici.

Signore Gesù, inchiodaci con te sulla croce dell’Amore per rinascere con te nella tua Pasqua di risurrezione.