Natale del Signore

Cattedrale di Palermo
25-12-2008

    1. La luce del Santo Natale giunge al suo culmine in questa Messa del giorno. Questa notte abbiamo celebrato il suo nascere e la sua vittoria sull’oscurità e sulle tenebre dell’orizzonte della vita umana.
    Stamattina la contempliamo in modo pieno e definitivo. Questa luce è l’unica vera Luce, quella che illumina ogni uomo: è Cristo, il Salvatore che, con la sua presenza, viene a farsi nostro Compagno di viaggio, Amico, Fratello, Redentore.
    I testi della liturgia della Messa del Giorno non ci raccontano, come nel caso delle altre Messe, la nascita di Gesù, in tutti i particolari storici che siamo abituati ad ascoltare, e a vedere questi plasticamente rappresentati nel Presepe.
    Il mistero del Natale ci viene questa mattina presentato attraverso un annuncio forte e teologicamente denso di significato: il Prologo del Vangelo di Giovanni, ossia il suo inizio. Un inizio nel quale, come in una sintesi introduttiva, l’evangelista traccia l’intera vicenda di Gesù Cristo. Il Prologo giunge al suo culmine quando proclama: ‘E il Verbo si fece carne, e venne a porre la sua tenda in mezzo a noi’ (Cf. Gv 1,14).
    Ecco la forza sorprendente e la dolcezza consolante del mistero del Natale! Dio si fa uomo. Non si è mai udita una vicinanza così meravigliosa! Egli dimostra la sua onnipotenza nello sposare la storia in tutti i suoi contorni, soprattutto quelli più fragili ed oscuri!
    Più ancora, Dio si fa bambino. Assumendo tutta la debolezza della mia e della tua condizione umana. Perché nessun uomo possa dirsi escluso dal suo abbraccio, si incarna conoscendo per esperienza le nostre miserie e i nostri limiti.
    Il Verbo di Dio viene a porre la tenda in mezzo al suo popolo. Si fa nomade insieme a noi. Accetta di camminare nell’incertezza e nella provvisorietà, insieme con noi, e per questo non rifiuta di fermarsi con noi, seguendo in tutto e per tutto la nostra umanità, fino dentro le pieghe delle conseguenza del peccato che ci segnano.
    Per questo il Natale ci spiazza, cari fratelli e sorelle! E ci mostra un Dio vicino. Povero come l’ultimo dei bisognosi di questa società. Debole come il più sofferente degli ammalati. Rifiutato come i tanti emarginati che non rientrano nelle logiche dell’apparire e del benessere.

    2. Come ho già detto, il Prologo di Giovanni ci narra non tanto in che modo Gesù viene nel mondo. A quello pensano piuttosto i racconti degli altri evangelisti. Giovanni ci racconta invece di come Gesù, Verbo eterno di Dio, Dio sin dall’eternità, è stato accolto dagli uomini: ‘Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto’. Quanta amarezza ci lascia questa frase lapidaria, nella quale si riassume l’intera vicenda di Cristo, venuto in mezzo ai suoi, ma rifiutato da questi stessi.
    Carissimi fratelli e sorelle, questa amarezza ci riguarda da vicino. Perché la vicenda di Gesù sembra ripetersi anche oggi. Noi ne ricordiamo la venuta, facendo festa come unica famiglia di figli. Ma in che modo lo accogliamo? Purtroppo, corriamo anche noi il rischio di non custodirlo realmente e profondamente nel nostro cuore. Di ricevere il dono della sua presenza solo a parole.
    E’ come se l’amore di Dio, così forte e decisivo, non trovi una risposta adeguata. I nostri cammini, troppo spesso, non sono quelli indicati da lui. Con le nostre scelte ci ostiniamo a volere cercare la felicità altrove, senza ancora aver compreso che solo in lui essa è possibile.
    La nascita di questo Dio-con-noi, l’Emmanuele, ci interpella. Scuote la nostra fede. Testa quanta fiducia poniamo nella sua Parola, che, per farsi vicina a noi, si è fatta carne. E ci invita a incarnare noi stessi questa Parola nella nostra vita di ogni giorno, nell’obbedienza fedele ai comandamenti, nella rottura con l’ingiustizia e col peccato, nell’amore gratuito e generoso ai fratelli.

    3. Il Verbo di Dio si fa carne nella povertà. Il bisogno e l’indigenza segnano fortemente il Natale di Gesù. Spesso lo ricordiamo nella poesia ‘ a volte un po’ troppo sdolcinata e melliflua ‘ dei canti, delle nenie e delle rappresentazioni.
    Eppure non possiamo ignorare che la povertà nella quale Dio nasce ‘ proprio Dio! ‘ è stata reale, concreta. Pensiamo al disagio di Maria e Giuseppe, che non sono accolti, che sono costretti a far nascere il loro figlio in una stalla. Pensiamo alle condizioni di coloro che accolgono per primi l’annuncio della nascita, i pastori, emarginati della società del tempo, impuri per la loro costante vicinanza agli animali.
    Sì! Dio tesse il mistero della sua incarnazione benedetta su una trama di autentica povertà, di assoluto bisogno, di vera precarietà.
    Come non pensare, allora, agli aspetti più tristi della società del nostro tempo? Come non pensare a sacche di povertà e situazioni di bisogno reale, concreto, che nel nostro tempo vanno sempre più aumentando? La crisi economica che si profila sempre più forte e tristemente decisiva per le condizioni del nostro Paese, va facendo emergere sempre più situazioni concrete di bisogno.
Carissimi fratelli e sorelle! La povertà di Cristo che nasce è anche oggi quella di tanti uomini e donne nei quali il volto di Gesù si imprime in condizioni di forte emarginazione e, spesso, ai limiti della sopravvivenza.
    E tutto questo, non soltanto nel nostro Paese, ma a livelli mondiali, direi globalizzati. (Non esiste solo un’economia globalizzata ma anche una povertà globalizzata, frutto ‘ troppo spesso – di questo tipo di economia).

    4. Con grande lungimiranza e concretezza profetica, il santo Padre, Benedetto XVI, nel suo tradizionale Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2009 ha voluto, quest’anno legare il tema della pace a quello della povertà, perché tante sono le ripercussioni negative che le situazioni di indigenza e di bisogno hanno sulla pacifica convivenza fra gli uomini.
    Certamente, della povertà occorre avere una visione ampia. Essa non è solamente materiale, ma si frammenta anche in una serie di carenze e di bisogni legati all’emarginazione, alla povertà relazionale, a quella morale, all’indigenza spirituale, al disorientamento esistenziale, alle aberrazioni culturali che partoriscono un pensiero sempre più ‘debole’.
    Insieme alla considerazione della povertà nelle sue varie sfaccettature bisogna guardare all’integralità della persona umana, nella sua alta dignità, nella pienezza di tutti i suoi aspetti, al di là di ogni semplicistico riduzionismo che non rende ragione della sua eminente vocazione.
    Una vocazione che è comune a tutti gli uomini. Una vocazione che è dell’intera umanità. Per questo, di fronte ad una povertà sempre più ‘globalizzata’ che minaccia al costruzione autentica della pace, il Santo Padre suggerisce come cammino di soluzione ‘una solidarietà globale’.
    Scrive il Papa: ‘Non avverte forse ciascuno di noi nell’intimo della coscienza l’appello a recare il proprio contributo al bene comune e alla pace sociale? La globalizzazione elimina certe barriere, ma ciò non significa che non ne possa costruire di nuove; avvicina i popoli, ma la vicinanza spaziale e temporale non crea di per sé le condizioni per una vera comunione e un’autentica pace (n. 8).
    Per questo un’autentica presa di coscienza del problema della povertà sarà possibile ‘solo se ogni uomo si sentirà personalmente ferito dalle ingiustizie esistenti nel mondo e dalle violazioni dei diritti umani ad esse connesse’ (cf. n. 8), e si chiederà: Cosa posso fare io? Qual è la mia parte?

    5. Pensare alla povertà di intere popolazioni del pianeta, come pure alla varie soluzioni che, soprattutto a livello di economia globale e di etica della finanza, vengono proposte dal Santo Padre nel Messaggio 2009, non deve però farci dimenticare ciò che è ben più immediatamente a portata del nostro quotidiano.
    Un’autentico sentimento di solidarietà con le sorti della famiglia umana, deve farci sentire personalmente la ferita che la povertà, anche la più vicina a noi, arreca alla convivenza pacifica degli uomini e alla pace a cui, nell’intimo, ognuno aspira.
    Così questo Natale deve renderci tutti più responsabili in questo senso. Ci colpisce che il prologo giovanneo non si limita a dire di quanti non hanno accolto Gesù. Immediatamente dopo si dice: ‘A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati’. E più avanti il Prologo si concluderà: ‘Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato’.
    Carissimi fratelli e sorelle, a quanti abbiamo la forza e la grazia di credere in Cristo è stato dato il dono di essere figli, generati da Dio stesso, nel suo amore che si china sugli uomini. Ma, come il Figlio Gesù, in questa nuova dignità ci è data la missione di ‘rivelare’ Dio, annunciare il suo amore, mostrare la sua sollecitudine nei confronti dell’umanità.
    Tanti nostri fratelli, specie quanti si trovano nel bisogno e nella necessità, non avranno altro modo di scorgere il volto sollecito di Dio, se non attraverso la nostra testimonianza di solidarietà e condivisione, che si fa, nella fede, autentica carità.
    Essere veri figli di Dio, generati nella stessa mangiatoia del Natale, perché figli nel Figlio Gesù, significa andare incontro ai bisogni dei fratelli. Ecco perché questo tempo che, pur in piena crisi economica, appare segnato da tanti sprechi e da troppi inviti al consumo sfrenato e superfluo, deve diventare una grande occasione per noi credenti. L’occasione di farci volto sollecito di Dio, di privarci di quanto possiamo per donare più dignità a quanti soffrono di più.

    6. Carissimi fratelli e sorelle! Nel presepe di Betlemme c’è un’intera famiglia nel bisogno. Non possiamo non pensare alle tante famiglie che si trovano nella povertà. E non soltanto in questo giorno di festa, ma nell’ordinarietà di tutti i giorni. Fa spesso notizia la povertà gridata o messa sulle prime pagine dei giornali. Ma di giorno in giorno aumentano sempre di più le difficoltà delle famiglie che non riescono a giungere dignitosamente alla quarta settimana del mese.
    Quanta pace è possibile costruire all’interno di questi nuclei familiari segnati dalla prova e dal bisogno?
    E’ una domanda che tutti dobbiamo farci. Dalle Istituzioni, preposte allo sviluppo del bene comune, che non è altro che il bene e lo sviluppo di tutti e singoli i cittadini, a ciascuno di noi, che vogliamo farci carico dei bisogni dei fratelli così come il Signore si è fatto carico della nostra umanità ferita e manchevole di tutto.
    E il discorso si allarga anche oltre il Natale. Infatti, in questo tempo, che si preannuncia particolarmente difficile dal punto di vista economico e finanziario, è urgente che si torni ad educare con forza alla sobrietà, che essa diventi sempre più una virtù e uno stile di vita, aperto alla condivisione.
    Occorre saper spendere per ciò che è davvero importante. Occorre saper discernere fra quanto è fondamentale (cibo, casa, spese per la salute, istruzione) da ciò che è accessorio e superfluo, spesso in modo eccessivo. Occorre investire profeticamente su questa azione educativa, specie nei confronti delle nuove generazioni, perché la solidarietà diventi valore, e la povertà si possa combattere nella cultura prima ancora che nella concretezza degli interventi.

    7. Questa sobrietà, che è povertà non subìta ma scelta, di sapore evangelico, ci rende più vicini alla famiglia di Nazareth, perché ci rende più vicini alle tante famiglie che attendono il nostro aiuto e i nostri gesti di carità.
    Dio ha scelto la povertà. Il Verbo di Dio, ineffabile e nascosto nel silenzio dei secoli, si fa carne, carne povera, bisognosa e limitata. Dio si fa povero non solo per aver scelto l’ultimo posto e la precarietà economica.
    Il Natale parla di un Dio che si è fatto obbediente nei confronti dell’uomo portandosi al suo livello, imparando a parlare la sua lingua, condividendo dall’interno le sue paure, i suoi desideri, i suoi sogni. La povertà dell’incarnazione non ha significato solo la mangiatoia di Betlemme, bensì lo sforzo di capire che cosa appassiona veramente il cuore dell’uomo. E questa passione, scritta nel profondo di ognuno, non può essere mai offesa e mortificata.
    Mentre, dunque gustiamo la gioia del giorno di Natale e la compagnia di Dio, riceviamo il compito alto e impegnativo di testimoniarlo nelle pieghe di ogni giorno questo Natale, di viverlo con coerenza evangelica, di viverlo soprattutto da figli all’interno dell’unica famiglia umana.
    Ci aiuti la Vergine Santa a custodire nel cuore questi propositi, e a farli divenire concretamente realtà, prova sicura e verificabile dell’incarnazione di Dio che passa attraverso la nostra vita. Amen.