Ordinazioni Presbiterali

Chiesa Cattedrale
02-07-2010
Ger 1,4-9; Sal 84 (83); Ef 4, 1-7.11-13; Gv 10,11-16

    1. Era il 2 luglio del 1960. Nel Santuario carmelitano Madonna dei Rimedi, tanto caro al popolo palermitano, il Servo di Dio don Pino Puglisi veniva ordinato sacerdote, insieme a don Silvio Buttitta, don Salvatore Cannizzaro, don Pietro Cappello, Mons. Salvatore La Spisa e l’attuale Arcivescovo di Monreale S.E.R. Mons. Salvatore di Cristina. Ad ordinarlo era un mio venerato predecessore nella guida pastorale di questa porzione di Popolo santo di Dio che è pellegrina in Palermo: il Cardinale Ernesto Ruffini, che, di lì a pochi giorni, il 10 luglio, avrebbe compiuto 50 anni di sacerdozio.
    Questa sera, dunque, nel fare memoria di quell’evento di grazia altamente significativo, ci sentiamo particolarmente accompagnati ed assistiti da queste due grandi figure.
    Da un lato il Cardinale Ruffini: in quest’anno centenario della sua ordinazione presbiterale le Assistenti Sociali Missionarie ‘ che saluto e ringrazio per la loro presenza questa sera ‘ hanno voluto offrire diversi eventi commemorativi della sua illuminata azione pastorale e sociale.
    Dall’altro lato il Servo di Dio don Pino Puglisi: 50 anni fa riceveva il dono del sacerdozio, per l’imposizione delle mani del Cardinal Ruffini, un dono che avrebbe trovato fino all’estremo compimento con la sua morte per mano mafiosa, il 15 settembre 1993.

    2. Si intrecciano dunque i ricordi e le tracce che questi due grandi uomini di Chiesa ci hanno lasciato. Ma soprattutto, la nostra Comunità ecclesiale, mentre fa memoria di un passato che l’ha segnata così tanto, guarda con trepidazione e fiducia e al suo futuro.
    Guardare al futuro è possibile perché Dio stesso ‘ il Dio della speranza ‘ ci invita a farlo. È lui che continua ad agire con la sua azione misericordiosa nei confronti della sua santa Chiesa. E lo fa anche stasera, donando alla nostra amata Arcidiocesi tre nuovi presbiteri, ministri amati dal suo cuore e chiamati ad essere pastori ‘secondo il suo cuore‘ (Ger 3,15).
    Don Domenico, don Vincenzo e don Francesco: la Chiesa di Palermo gioisce per voi, per il dono che siete voi, per quello che sarete, prima ancora che per quello che farete! Grazie per aver risposto con generosa disponibilità alla chiamata che vi è stata rivolta un giorno dal Maestro: ‘Vieni e seguimi!’

    3. ‘Quel giorno” È certo difficile individuare quell’istante preciso, quel momento in cui la vostra vocazione si è resa più chiara, nitida. Riuscite piuttosto ad individuare tappe significative della vostra vicenda vocazionale, tappe che si affollano di tutti quei volti e di tutte quelle mediazioni attraverso le quali Dio ha voluto manifestare la sua volontà.
    Le vostre famiglie, che fin da bambini vi hanno trasmesso la fede’
    Le vostre comunità parrocchiali, che hanno visto germogliare e crescere il vostro impegno, specie nel servizio ai fratelli.
    Il Seminario e i suoi formatori, come pure la fraternità dei vostri compagni. L’esperienza di vita comune e di confronto realizzata a ‘Casa Puglisi”
    Tutti i presbiteri che ‘ a vario titolo ‘ hanno contribuito a far maturare in voi la risposta che questa sera date dinanzi alla Chiesa in modo pieno e definitivo.
    Siamo certi che questo itinerario era però scritto come disegno d’amore nei piani di Dio. Per questo motivo ciascuno di voi può sentire sue le parole con le quali il profeta Geremia narra della sua vocazione, parole che il Signore gli rivolge rivelandogli un’identità nuova e una missione alta: ‘Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni‘ (Ger 1,5)
    Non è affatto una forzatura! È una proposta d’amore che il Signore ha fatto a voi pensando al vostro bene e alla vostra felicità. Per questo vi ha chiamato, vi ha anche assicurato ‘ come ha fatto con Geremia ‘ la sua assistenza costante e fedele, segno che la missione è stata, è, e sarà sempre solo la sua: ‘ ‘Non dire: “Sono giovane’. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò‘ (Ger 1,7).

    4.Io sono il buon Pastore. Il buon Pastore dà la propria vita per le pecore‘ (Gv 10,11).
    Gesù, nel brano evangelico che abbiamo ascoltato si è presentato come un pastore che non esita ad offrire se stesso per le pecore che gli sono state affidate. Più volte, nel Vangelo di Giovanni, si era definito: ‘Io sono” la via’ la verità’ la vita’ la luce del mondo’ il pane della vita’ la porta delle pecore’ la risurrezione e la vita’ la vera vite’
    Ma in questo ‘Io sono il buon pastore‘ utilizza decisamente un’immagine che ha a che fare con la sua azione. E ‘ nello stesso tempo ‘ la sua azione sembra scaturire dalla sua identità: dal momento che è ‘buon pastore‘ non esita ad ‘offrire la vita per le sue pecore‘.
    Alle sue pecore, che siamo tutti noi, Egli appare tanto legato, da rivolgersi con questo tono affettivo e premuroso: Gesù è pastore perché si dona come pastore.
    Nell’omelia della celebrazione eucaristica per il trigesimo della morte di don Pino Puglisi, il Cardinale Pappalardo affermava: ‘Veramente Don Giuseppe poteva dire di essere mosso dalla carità di Cristo (Charitate Christi compulsus) quando annunziava il Vangelo con la sua carica liberatrice e risanatrice nei riguardi dei poveri, degli afflitti, degli oppressi: non altra spinta lo muoveva, non altro interesse lo attraeva, e veramente, come l’Apostolo Paolo, poteva ripetere che l’amore di Cristo, e soltanto questo, lo spingeva ad operare (Charitas Christi urget nos), fino al punto da essere disposto a dare per i suoi fratelli anche la vita (1Ts 2,9)’.
    Per questo, più volte, e in diverse occasioni, sia l’episcopato siculo che quello italiano hanno individuato in lui un luminoso esempio di ‘carità pastorale’, ‘principio interiore e dinamico capace di unificare le molteplici e diverse attività del sacerdote‘ (Pastores dabo vobis, n. 23).
    Don Pino ha concluso la sua giornata terrena con la tragica uccisione sulla porta di casa sua. Ma questo è stato solo il coronamento decisivo del quotidiano e discreto offrirsi della sua vita sacerdotale. Don Pino ha manifestato i tratti premurosi e l’azione lungimirante del pastore che si offre al gregge a lui confidato e che non cessa di custodire ed amare fino a spendersi senza riserve per esso.
    Credo che sia fondamentale sottolineare un dato imprescindibile: di questa azione ministeriale don Pino ha fatto la sua più profonda identità. In lui è esistita visibilmente una piena identificazione col ministero presbiterale: prima ancora che a ‘fare il pastore’ si impegnò ad ‘esserlo’, e ad esserlo senza alcun limite di tempo.
    Ho già ricordato con quale immagine amava proporre ai giovani una esigente generosità del servizio per amore: un orologio senza lancette, con l’esplicito commento ‘per Cristo a tempo pieno‘. Ma per poter eliminare dal quadrante della vita le lancette del tempo che limitano il servizio ‘ad ore’, bisogna essere motivati da una forte presenza di Cristo nel cuore, autentico motore di ogni azione ministeriale.
    Figli miei carissimi! Da stasera anche voi dovrete essere come ‘contagiati’ da questa esigenza di ‘carità pastorale’ senza limiti. Badate che non si tratta ‘ come non lo fu per don Pino ‘ di un servizio part-time. È una nuova identità che vi vede pro-tesi verso i bisogni e le esigenze dei fratelli, in ascolto di quella Chiesa alla quale ‘ dopo la vestizione degli abiti sacerdotali ‘ vi mostrerete in segno di donazione disponibile e generosa.
    Come svolgere al meglio questo servizio? Sono due le coordinate essenziali.
    La prima. Il ministero sacerdotale vi pone innanzitutto come ‘fedeli cooperatori dell’ordine dei vescovi‘, cioè attenti e disponibili, nell’obbedienza, alle indicazioni di chi ha ricevuto da Dio il compito di guidare la Comunità diocesana. Non rinnegate né troncate i rapporti affettivi né con le vostre famiglie naturali, né con le comunità che hanno accompagnato e seguito i vostri percorsi vocazionali. Verso di loro dovrete sempre nutrire profonda gratitudine, ma nelle vostre scelte deve primeggiare la causa del Vangelo e l’esercizio del ministero.
    La seconda. Siete posti all’interno di un’unica azione comunitaria, quella del presbiterio, che fra poco vi accoglierà con l’abbraccio di pace. Ci tengo a ribadire che anche voi siete chiamati ‘ per così dire ‘ ad ‘accogliere’ il presbiterio come fraternità sacramentale effettiva prima ancora che come insieme di relazioni affettive basate solo su simpatie o affinità che ci scegliamo.
    Ma il vostro ministero dovrà definirsi sempre entro queste due nuove direttrici, che possono impreziosire non solo il vostro servizio, ma aiutarvi nel cammino di santità, al quale ogni presbitero è chiamato in modo particolare.

    5. Carissimi don Domenico, don Vincenzo, don Francesco! Nulla è scontato! Non ci sono assicurazioni sulla nostra vita sacerdotale che funzionino alla maniera umana. C’è solo un cammino di generosa fedeltà da rendere al Signore ogni giorno.
    In che modo? Non ci sono ‘ricette’ pre-confezionate. Ma mi piace ricordare che don Pino fu soprattutto un grande ‘confidente della Parola di Dio’. Fu uomo di preghiera quotidiana a partire dalla Parola, e di annuncio esplicito e senza soste di questa Parola. La sua confidenza con il Vangelo è stata confidenza con il Cristo che parlava e che trasformava sempre più il suo sguardo in un interesse attento e amoroso nei confronti dei fratelli.
    Don Pino offriva così non tanto quanto apprendeva, ma l’esperienza del suo incontro quotidiano con Cristo. Dava in fondo ciò che era, e per farlo custodiva con dedizione questo rapporto, l’unico che avrebbe potuto sostenerlo.
Accostate a questo luminoso esempio la raccomandazione si San Paolo agli Efesini, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: ‘Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto‘ (Ef 4,1)’. Come a costruire e ricostruire ogni giorno, con conferme e correzioni, il tessuto vitale di un rapporto da avere con il Signore, rapporto che fonda ogni compito da svolgere.
    Solo così la vostra azione pastorale, a cui verrete gradualmente avviati, sarà davvero un traboccare di vita interiore, come lo fu per don Pino, che ‘ possiamo dire così ‘ arrivò all’azione sul territorio frequentando innanzitutto il Vangelo. Sarete chiamati a rispondere alle molteplici necessità del popolo santo di Dio con un’azione evangelicamente illuminata, non meramente socio-assistenziale.

    6. Infine, non posso non ricordare a voi e a tutti l’esempio che don Pino ci ha lasciato nella pastorale delle vocazioni. Nel messaggio per la Giornata Mondiale delle Vocazioni del 2010 il Santo Padre Benedetto XVI ci ha solennemente ribadito che ‘la testimonianza suscita vocazioni’.
    Don Pino organizzò molto bene il Centro Diocesano Vocazioni facendogli vivere un’era particolarmente felice e feconda di idee e stimoli. Ma sapeva bene che la proposta di Cristo del ‘Vieni e seguimi‘ poteva giungere in modo efficace attraverso la mediazione di testimoni autentici.
    Si tratta, carissimi figli miei, di accompagnare uomini e donne a scoprire la bellezza di essere un unico popolo santo di Dio amato a prezzo del Sangue di Cristo, chiamato alla santità nella diversità dei doni, come ci ha fatto gustare la seconda lettura: ‘A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo‘ (Ef 4,11-13).
    Si tratta di aiutare ciascuno a scoprire il proprio posto nel grande mosaico che Dio intende costruire. E questo servizio non può che rendersi nella testimonianza. Attenti! Nella misura in cui il vostro sacerdozio sarà autentica testimonianza di un dono d’amore ricevuto e di una donazione generosa al servizio dei fratelli, tanti giovani potranno accostarsi alla vita interrogandosi in modo autentico sul loro futuro. Per dirla alla maniera di don Pino, sarete voi a far scaturire non soltanto un ‘sì’ in coloro che mediante il vostro ministero incontreranno il Signore, ma anche la domanda alla quale il sì a Cristo si apre nella scelta di vita, una domanda capitale e gravida di futuro ” ma verso dove?’

    7. Tutto questo vi richiederà sacrificio. Noi guardiamo al sacrificio conclusivo di don Pino, quella tragica sera del 15 settembre 1993, ma esso è solo il compimento estremo di un sacrificio quotidiano che ha conosciuto croce e oscurità, scoraggiamento e incomprensione. Ciò non è risparmiato a nessuno, meno che mai al sacerdote.
    ‘Iuxta crucem stabat Mater‘. Lei è ancora oggi sotto la Croce del Figlio Gesù, e accanto ad ogni figlio che continua l’opera e la missione del Crocifisso.
    Affidate a lei l’opera che sarete chiamati a compiere. Affidate a lei la vostra vita sacerdotale facendo passare dal suo Cuore Immacolato ogni azione ministeriale rendendola così offerta pura e generosa.