Pasqua di Risurrezione

OMELIA DI MONS. PAOLO ROMEO ARCIVESCOVO DI PALERMO
23-03-2008


‘Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro’ (cf. Gv 20,1).


    Fratelli e sorelle amati dal Signore ed a me carissimi!


    1. Inizia così la narrazione dell’evangelista Giovanni che abbiamo appena proclamato in questa Domenica di Pasqua. Una narrazione che parte dall’ordinario delle cose, da un giorno ‘ il primo dopo il sabato del riposo, sacro per i Giudei ‘ in cui si ritorna all’ordinarietà della vita, alla consuetudine delle azioni di ogni giorno.
    Abbiamo tutti ascoltato come Maria di Magdala si rechi al sepolcro di Gesù, col cuore di chi vuole soltanto piangere un caro che è venuto a mancare, e desidera dargli giusta sepoltura.
    Doveva essere un mattino come tanti quel ‘primo giorno dopo il sabato‘. Un nuovo giorno in cui continuare a sentire la tristezza di non avere più accanto il Maestro, di non ascoltarne più la Parola, di non sperimentarne i gesti di perdono e di guarigione.
    Eppure, in quel mattino ancora buio, quasi intonato all’oscurità del cuore di Maria di Magdala, ecco che irrompe lo straordinario e l’inatteso: la pietra è rotolata dal sepolcro, il corpo di Gesù non è più lì, tanto che Maria crede sia stato portato via! E ‘il primo giorno dopo il sabato’ diventa il primo giorno della nuova creazione, della creazione e ricapitolazione di tutte le cose in Cristo Risorto.
    Quel mattino comincia a rischiarare di una luce diversa. Maria di Magdala corre ad avvertire i discepoli. Due di loro accorrono anch’essi al sepolcro. Lì trovano i segni di un evento incredibile: i teli posati, il sudario a parte. L’alba del giorno della risurrezione è come l’inizio della fede pasquale: il Discepolo amato vede le bende per terra ed entrato nel sepolcro vuoto, comincia a credere alla parola di Gesù riguardo alla risurrezione dai morti.


    2. Abbiamo partecipato anche noi a questa narrazione così misteriosa, eppure così fondamentale, per la nostra fede. Siamo venuti anche noi, in questo giorno solenne, a condividere con Maria di Magdala, con Simon Pietro e col Discepolo amato, lo stupore per l’evento della risurrezione di Cristo.
    Proprio noi che, come loro, lo abbiamo seguito in questi giorni del Sacro Triduo, nelle sue vicende di Passione e Morte, nella sua donazione d’amore lenta e silenziosa, drammatica e violenta.
    Lo abbiamo seguito col cuore gonfio di commozione. Lo abbiamo contemplato con l’animo pieno di attesa e di trepidazione per l’evento che oggi possiamo celebrare con la gioia piena: Cristo è risorto! Egli è veramente risorto!
    Ed entrando oggi in questa Chiesa Cattedrale anche il mio cuore si è rivolto con gratitudine e stupore a questo grande mistero, reso come presente dall’immagine del Cristo vittorioso che accoglie il popolo santo di Dio che entra in questo tempio, e che abbraccia guida e incoraggia con la sua luce ogni fedele della Chiesa di Palermo.


    3. ‘Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo’. Così il salmo responsoriale ci ha fatto cantare. E’ il giorno della nuova creazione dell’umanità. Il giorno che Dio ha riservato per la sua azione di grazia e di salvezza. Il giorno che Dio ha fatto per la vittoria sul peccato e sulla morte.
    Ma c’è di più. Questo giorno, di esultanza e di gioia, di luce e di stupore, il Signore lo ha fatto per noi. Sì! Proprio per noi, per tutti e singoli gli uomini, di tutti i tempi e di tutti i luoghi.
    Un giorno che è senza tempo e senza fine, come eterna è la salvezza donata a noi dalla risurrezione di Cristo. Un giorno in cui entriamo da peccatori per vivere da figli di Dio, redenti, rinnovati, purificati. In una parola: risorti.
    Questo giorno appartiene al Cristo vittorioso e trionfante. Ma appartiene anche a noi nella misura in cui con lui vinciamo e trionfiamo sulle nostre passioni, sul nostro egoismo, sul nostro peccato.
    In questo giorno, nella luminosità del mattino della risurrezione, Gesù ci dice chiaramente che c’è una vita che va ben oltre quella fisica, fatta di debolezza e caducità.
    C’è una vita eterna che discende direttamente dal suo sacrificio, e che in lui, si apre a noi suoi fratelli. La vita vera, quella donata da Dio, quella pensata da Dio per me, quella più autenticamente nostra, è quella che il Risorto mi insegna a vivere, al di là dei miei limiti umani.


    4. A te, fratello, sorella, che, come Maria di Magdala, siete venuti in questo mattino di Pasqua ancora con la buia tristezza nel cuore, dico: Cristo non vi ha lasciati da soli! A voi che pensate che tutto si chiuda quando si chiudono gli occhi, dico: Cristo vi ha aperto lo sguardo sull’eternità.
    Egli risorge nel suo vero corpo, e indica, con la sua umanità glorificata, una strada verso il cielo!
    ‘Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù’ (cf. Col 3,1). Il monito di san Paolo ascoltato nella seconda lettura, ci pone, come cristiani, tra la Pasqua di Cristo e la sua manifestazione futura nella gloria: ci è dato un tempo per sviluppare la nostra vita come vita spirituale in Cristo, e percorrere una strada che è fatta di mente e cuore rivolti alle cose del cielo, le uniche per le quali vale la pena di vivere.
    Morti in Cristo, manifestiamo la nuova vita in lui! Sepolti nella sua morte, dal sepolcro della nostra miseria risorgiamo, per rompere con il peccato, per vivere di gloria, per camminare verso il cielo.
    Cercare le cose di lassù è vivere da risorti. Ed è ‘ in realtà ‘ l’unico modo di vivere in pienezza la propria identità di uomini e di donne, la bellezza di essere figli nel Figlio.
    Cercare le cose di lassù è la continua sfida che la risurrezione del Signore Gesù ci propone, per uscire dagli schemi umani che relegano Dio ai margini dell’uomo e della società, e farlo ritornare al centro della nostra vita.
    Signore della Vita, Egli ci offre tutta la sua vita, la sua grandezza, il suo sguardo, il suo perdono, la sua gloria. Nella Chiesa, nei fratelli, nella sua Parola. Egli cammina i passi dell’umanità, resta accanto all’uomo confuso e deluso perché più non tema la morte fisica, e ‘ soprattutto ‘ perché più non tema la morte spirituale del peccato.
    Cercare le cose di lassù è impresa ardua, ma non impossibile da realizzarsi. Quelle di lassù sono le cose del cielo. Quelle che Gesù indicò nella sua predicazione. Quelle che seppe elargire con i suoi gesti. Quelle che furono segnate dalla speranza che riuscì a donare. Egli, che aveva donato il cielo ai suoi discepoli, lo indica oggi all’umanità, aprendo la via del Regno eterno.


    5. Cercare le cose del cielo è vivere da risorti. Ed è ‘ in fondo ‘ cercare il cielo in tutte le cose. Il cielo di Cristo, in ogni nostra azione quotidiana, in ogni nostra parola, in ogni nostra scelta. Come pure in ogni nostro ambiente di vita, di lavoro. Nelle nostre relazioni con i fratelli. Come pure nella nostra Chiesa, Sposa nata dal suo fianco squarciato sulla Croce.
    Questa è la testimonianza della risurrezione che siamo chiamati a dare. Come Pietro nel significativo discorso che abbiamo ascoltato, siamo chiamati a testimoniare autenticamente che la nostra vita è cambiata nell’incontro con il Dio Vivente. Non con un ideale, né con una regola morale. Piuttosto con il Dio che vive in eterno e ci da’ la possibilità di vincere con lui per sempre, perché il nostro peccato viene distrutto dalla potenza del suo nome, e ogni morte viene sconfitta dalla forza della sua vita. Questa remissione dei peccati è epifania del Risorto, manifestazione gioiosa e gloriosa della sua azione che ancora continua e che mai cesserà.
    Oltre la pietra ribaltata, oltre il sepolcro vuoto, oltre il buio, siamo tutti invitati a vedere la luce del Risorto, che ci chiama ancora a vita nuova, che ci ricostruisce la vita, che ci apre alla speranza. E’ giorno di gioia perché non è più tempo di indugiare, tentennare, adagiarsi. L’invito è chiaro e forte, deciso e decisivo ad un tempo: non si può più cercare la Vita nei sentieri di morte, perché non si può più cercare tra i morti colui che è l’Autore della Vita, il Vivente. Egli vive! Questo ci basta! Perché se egli vive nulla ci può mancare, nulla può fallire, nulla può vincere la forza della Vita nuova che Dio ci ha voluto elargire.