Solennità del Corpo e Sangue del Signore

Chiesa Cattedrale
10-06-2012
    Anche questa sera il nostro convenire all’annuale appuntamento nella Solennità del Corpus Domini assume il valore di una testimonianza di fede. Una testimonianza che è certamente della comunità ecclesiale, nelle sue varie componenti, ma che direi anche di quella civica, data la gradita presenza di tante Autorità politiche, amministrative, culturali e militari che hanno voluto gentilmente intervenire condividendo i sentimenti cristiani del nostro popolo e un più sinergico impegno per il bene comune.
    Con la partecipazione a questa processione, che tra poco si concluderà con la solenne benedizione eucaristica, noi abbiamo voluto professare pubblicamente il nostro comune credere nella SS. Eucarestia che è ‘mistero di fede‘, ossia mistero nel quale possiamo dire che la fede stessa si riassuma tutta: Cristo Signore, qui presente, ne è per noi oggetto e fondamento: noi crediamo in Lui e a Lui noi diciamo, come già l’Apostolo Pietro: ‘Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente‘ (Mt 16,16) ‘Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna‘ (Gv 6,68). Gesù Cristo ha parole di vita che contrastano con le tante parole di morte che udiamo nel mondo contemporaneo, troppo sfiduciato e interiormente devastato.

    L’Eucarestia è anche un mistero, un dono di amore da parte di Dio, la cui intima essenza è proprio l’Amore. Per amore è stato creato l’universo con tutte le sue bellezze. Per amore è stato creato l’uomo con la sua intelligenza e la sua libertà che Dio rispetta. Se di tutte le cose Dio ha voluto essere Creatore, per l’uomo ha voluto anche essere Padre: un Padre che ama, che perdona e che dona!

    Dio ha infatti tanto amato l’uomo da mandare nel mondo, per farsi uomo, il suo eterno unigenito Figlio: immagine perfetta del Padre stesso e splendore della sua potenza: Gesù Signore, il quale, a sua volta, ha tanto amato i suoi fratelli uomini da dare per essi la sua vita, perché nel mondo, ingiusto e peccatore, trionfassero la misericordia e l’amore: è questo il lieto messaggio, il Vangelo, che Gesù è venuto a portare all’umanità e che, attraverso la predicazione della Chiesa, riecheggia nei secoli e giunge a noi, sempre presenti a Cristo come Cristo è sempre presente a noi.

    Morto e risorto e tornato glorioso alla destra del Padre, Gesù ha voluto ancora rimanere con noi e, nell’eccesso del suo amore, ha trovato il sublime modo di farlo: si è reso realmente presente e vivo sull’altare, nei segni eucaristici del pane e del vino.

    Perché il pane? Perché esso è stato sempre per l’uomo il segno e il sostegno della vita! Perché l’uomo ha bisogno del pane e di tutto quello che il pane indica, sottintende e significa: il nutrimento, la salute, il lavoro, la produzione, la giusta ripartizione dei beni e quindi la giustizia e la pace sociale!

    Proprio per indicare che, fin dalla nascita, l’uomo ha bisogno di cibo e protezione, Cristo è nato in una povera mangiatoia, e nella sua vita ha sempre mostrato di rendersi conto dei bisogni dell’uomo: quando ha fame, quando è stanco, quando è malato, quando è solo ed emarginato, quando è incompreso, quando soffre, quando ha paura, quando muore. Il Vangelo è pieno di interventi benefici di Gesù per i sofferenti e i bisognosi.

    Egli ha voluto dare a noi un esempio perché noi imparassimo ad occuparci dei nostri fratelli, mettendo sempre l’uomo, la sua dignità e la sua libertà al centro delle nostre attenzioni e delle nostre cure. È camminando attraverso l’uomo, dice S. Agostino, ed è solo occupandosi di lui, che noi possiamo raggiungere Dio!

    Ma Cristo Signore non ha certo voluto ridurre l’uomo alla sola dimensione terrestre. Egli ha detto esplicitamente che non di solo pane vive l’uomo, non di soli beni temporali, ma anche di quel nutrimento spirituale che è la Parola di Dio, la quale indica il vero significato e i profondi valori della vita.

    C’è nell’uomo un bisogno, una fame, una sete, una esigenza profonda di giustizia, di verità e di pace che non possono essere ignorate, ma che trovano solo in Dio il loro fondamento e il loro compimento. Ciò è valido anche per il servizio della buona amministrazione pubblica: è la fede in Dio legislatore e giudice la vera garanzia del retto governo degli uomini e la miglior tutela dei loro inalienabili diritti!

    Non vale, infatti ‘ stiamone ben certi! ‘ non vale protestare contro le ingiustizie sociali, né promuovere riforme, sperando nell’automatica giustizia dei pubblici ordinamenti che si rinnovano se non sono giusti nel loro spirito e illuminati nella loro coscienza gli uomini che li dirigono.

    Dal punto di vista cristiano non sono le strutture che rendono buoni gli uomini, ma sono, al contrario, questi che rendono buone le strutture. Il regno di Dio in mezzo agli uomini, infatti, si costruisce perché ‘ come dice Gesù ai suoi contemporanei ‘ ‘il regno di Dio è in mezzo a voi‘ (Lc 17,21). E’ quindi un problema di educazione spirituale, di interiore riforma dell’uomo che agisce rettamente solo richiamandosi ai valori immutabili della Parola e della Legge di Dio.

    In un momento in cui anche la nostra Città vive il suo rinnovamento amministrativo e gli eletti dal popolo si accingono a svolgere il loro compito con buona volontà, è molto importante che da parte di tutti siano considerati quei richiami morali di rettitudine e di giustizia a cui la loro opera dovrà ispirarsi.

    Il nostro vivo augurio e la nostra fiduciosa speranza è che essi ‘ soprattutto quanti si dicono cristiani ‘ agiscano autenticamente secondo i loro migliori propositi per il bene di tutti: sosteniamoli con la nostra attenzione e il nostro incoraggiamento ed aiutiamoli anche con la nostra preghiera.

    Il potere, l’autorità, infatti, non vanno mai usati a proprio beneficio. Quando a Cristo, affamato nel deserto, fu proposto da Satana di trasformare le pietre in pane per mangiare, egli non volle farlo. Ma quando si trovò ugualmente in una regione deserta, con migliaia di uomini da sfamare, egli per ben due volte moltiplicò miracolosamente il pane e il nutrimento, perché non cadessero sfiniti, dicendo: ‘sento compassione ‘‘ (cf. Mc 8,2).

    È una compassione che non è vuoto sentimentalismo ma che va intesa nel suo significato etimologico di condivisione del bisogno altrui e di stimolo ad intervenire efficacemente per soddisfarlo: una compassione che Cristo volle continuare ad esercitare attraverso la Chiesa ed i cristiani per tutti gli affamati materiali e spirituali del mondo, su un piano di solidarietà di amore che è affidato alla responsabilità che ognuno ha nel donarsi autenticamente.

    L’Eucaristia, nella cui forza questa sera abbiamo sperato, insegna a tutti e a ciascuno, per la propria parte, che la nostra Città ha bisogno di ricominciare da una logica nuova: quella del dono.

    L’Eucaristia, Dono per eccellenza di Dio agli uomini, dono che è Dio per gli uomini, chiede a questa Città, ai suoi amministratori e ai cittadini onesti e volenterosi, di impegnarsi su logiche di vero interesse per l’altro, di stare lontani dall’indifferenza e dal personale tornaconto, di mettere a disposizione doni e capacità per un autentica rinascita: solo dal dono viene la pienezza di vita, anche per la nostra città di Palermo.

    Nel ‘Padre Nostro’, temario e sintesi di ogni preghiera, dopo aver chiesto quanto ci serve ogni giorno per la vita, noi chiediamo anche di essere perdonati dai peccati e liberati dal male, chiediamo di convertirci: siamo infatti peccatori e sempre esposti a commettere ogni sorta di piccole o grandi iniquità.

    Ma nell’Eucaristia noi troviamo una grande speranza: noi assimiliamo lo stesso Signore dell’universo, la sua grazie e la sua santità. Al punto che possiamo dire con Paolo: ‘e non vivo più io, ma Cristo vive in me‘ (Gal 2,20). E se Cristo vive in ciascuno di noi, si sperimenta la potenzialità di essere nuovi nelle relazioni, negli impegni, negli ambienti di vita. Nell’Eucaristia e con l’Eucaristia, nella vita toccata e sfamata dall’Eucaristia, noi annunciamo che l’Amore di Dio è l’unico punto da cui ripartire, per ricostruire quanto ci occorre, per sanare le situazioni che vanno redente e salvate nel nostro tessuto sociale.

    Il Signore Gesù ci ha dato l’esempio: santo, innocente, senza macchia, egli è passato facendo del bene a tutti, è vissuto interamente per gli altri in un dono totale di sé fino a dare la sua vita e lasciarci se stesso come cibo spirituale perché avessimo, uniti a Lui, la forza di vivere una vita ricca di valori elevati e di operare sempre il bene. Per questo Egli ha detto:’Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna‘ (Gv 6,54). Questa vita eterna è già vita che inizia nel nostro tempo!

    Ecco l’Eucarestia! Nell’ultima cena prendendo e spezzando il pane per i suoi discepoli Gesù disse: ‘Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me‘ (1Cor 11,24). E noi in ogni celebrazione eucaristica facciamo memoria di Lui, morto e risorto per noi ‘ una memoria dell’amore di Dio che non lo lascia collocato nel passato ma che lo rende presente nella nostra vita e nella nostra storia: una presenza viva di un Cristo vivo in una Chiesa che vive di Lui e che è forte di Lui, in un mondo che, al di là dell’amore effimero, cerca l’Amore grande e forte, quello pieno e gioioso, quello vero e fecondo.

    Per questo celebriamo la festa del Corpus Domini: per dare al mondo ragione della speranza che è in noi, per comunicare la gioia che ci porta al sapere che Cristo è con noi e che col suo aiuto nulla può intimorirci e farci del male. Per testimoniare l’Amore da riportare in questa Città in questa società chiusa sempre più negli egoismi, povera di speranza, carica di problematiche complesse.

    Celebriamo il Corpus Domini per chiedere a Gesù, presente in mezzo a noi, di fare di noi tutti che ci nutriamo di uno stesso pane, un solo mistico Corpo e di accrescere nella nostra comunità la concordia e la pace.

    Ne abbiamo bisogno. Il Signore ce la conceda insieme con la santa benedizione che adesso imploreremo.
    Amen, Amen.