Solennità di Santa Rosalia sul Monte Pellegrino

Montepellegrino
04-09-2010

    Figlie e figli miei carissimi!

    1. La presenza di così tanti devoti nel giorno della Solennità di Santa Rosalia, qui al Santuario di Montepellegrino, è per me sempre motivo di grande gioia! Come padre e pastore di questa Chiesa di Palermo ancora una volta anch’io salgo pellegrino, e mi ritrovo in mezzo a voi sotto lo sguardo amorevole di Rosalia, la nostra Santuzza.
    In questo luogo ella visse gli ultimi anni della sua giornata terrena con l’intensità della sposa del Cantico dei Cantici che ‘ come abbiamo ascoltato ‘ si sente chiamata dal suo sposo: ‘Alzati, amica mia, mia tutta bella e vieni!’ (Ct 2,10). Siamo sicuri che dal Cielo, oggi, Rosalia gioisce nel vedere questa manifestazione di fede e questa invocazione comune.

    2. Nella preghiera liturgica delle Lodi mattutine di questo giorno solenne, 4 settembre, l’antifona al Cantico del Benedictus, recita così: ‘A tutta la gloria del mondo ho preferito il mio Signore Gesù Cristo, che ho visto, che ho amato, nel quale ho creduto‘.
    Rosalia ha preferito il suo Signore Gesù Cristo alla gloria che poteva ottenere nel fastoso ambiente regio. Ha scelto di non confidare nell’uomo e nelle sue logiche, di rifugiarsi in Dio e di attendere tutto da lui.
    Sul suo esempio, anche se in modalità diverse, siamo tutti chiamati a realizzare questo splendido incontro con il Signore, non nell’eremo silenzioso di una grotta, ma nel quotidiano della nostra vita. La santità di Rosalia, infatti ci sprona a dare una risposta più alta alle esigenze della nostra fede. Se scendessimo dal Monte Pellegrino senza esserci interpellati sulla qualità del nostro esser cristiani, il pellegrinaggio alla Santuzza sarebbe stato soltanto un culto esteriore, una devozione sterile, una tradizione rituale molto ben partecipata ma vuota di contenuti e di impegni.
    Allora, in questo giorno solenne, provo a soffermarmi con voi su questa antifona così bella che poniamo sulle labbra e nel cuore di Rosalia e che ci da questa ‘ricetta’ della nostra scelta di Dio: ‘A tutta la gloria del mondo ho preferito il mio Signore Gesù Cristo, che ho visto, che ho amato, nel quale ho creduto‘. Vedere Cristo, amare Cristo, credere in Cristo.

    3. Gesù Cristo che ho visto‘. Rosalia ha visto il Signore. Lo ha visto perché ha desiderato contemplarlo, incontrarlo, frequentarlo come amico, come Sposo. Nella sua scelta di silenzio e di preghiera, considerò ‘ come abbiamo ascoltato nella seconda lettura ‘ le cose del mondo come ‘spazzatura’ e, per poter coltivare un così grande amore, pose delle condizioni interne ed esterne, delle garanzie che assicurassero un rapporto intimo e costante con Cristo.
    Questo è proprio ciò che deve interpellarci, carissimi fratelli e sorelle, alla luce delle tante distrazioni delle nostre giornate che conoscono il ritmo frenetico delle tante cose da fare, di complesse problematiche da affrontare. C’è da chiedersi se riusciamo a mantenere la bussola delle nostre giornate, se conserviamo la pace interiore. Come mai, nonostante la società moderna prometta felicità a buon mercato, tanta gente non trova la serenità che desidera? Perché?
    In realtà abbiamo bisogno, e Rosalia con la sua vita ce lo insegna, di trovare il tempo per l’incontro con Dio. Un incontro fatto di spazi di silenzio, di lettura e confidenza della Parola di Dio, di familiarità, di amicizia con Cristo, di lode al Signore per i suoi benefici, di richiesta fiduciosa del suo intervento nella nostra esistenza. Un incontro che si alimenta dell’Eucaristia domenicale, vero cuore della nostra settimana, e della frequenza al sacramento della Penitenza-Riconciliazione, che è la confessione delle nostre colpe ma anche la celebrazione della misericordia di Dio che è sempre disposto ad accoglierci con il suo perdono.
    Solo a queste condizioni potremmo, come Rosalia, vedere il Signore. Vederlo significa accorgersi di lui, significa frequentarlo, significa incontrarlo nella preghiera. Significa vederlo negli eventi della nostra vita, anche in quelli più drammatici. Significa incontrarlo nella storia che viviamo ogni giorno, nei fratelli che incontriamo, significa ‘affinare gli occhi del nostro cuore’ ed essere così in grado di riconoscere il volto di Cristo in ciascuno di essi.
    Quanto ci teniamo veramente a vedere il Signore, a frequentarlo? Investire su questa priorità farà di certo cambiare qualcosa nella nostra vita e ci renderà operai attivi nella costruzione del Regno di Dio in mezzo agli uomini.

    3. ‘Gesù Cristo che ho amato’. Rosalia ha amato il Signore. Frequentare Dio ci porta giorno dopo giorno, in un cammino di crescita interiore, a riempire sempre più il nostro cuore di amore. Più noi lo frequentiamo, più noi amiamo. Ma l’espressione concreta del nostro amore per Dio è l’osservanza dei suoi Comandamenti.
    Dice San Giovanni Apostolo: ‘Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: “Lo conosco”, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità‘ (1Gv 2,3-4)
    Dunque, dire di amare il Signore non basta.
    È necessario accogliere sempre più e sempre meglio nella nostra vita i Dieci Comandamenti. Da un lato essi sono tutti espressione di un amore che Dio ha per noi: egli infatti ci dona dei binari su cui far camminare sicura la nostra vita, in direzione della gioia eterna. Dall’altro, una volta accolti e vissuti, essi rendono concreta l’espressione del nostro amore a Dio e ai fratelli e illuminano gli orizzonti della civiltà dell’amore.
    Certo bisogna stare attenti! È sempre più diffusa la tendenza a selezionare deliberatamente ‘ come facendo la spesa in un supermercato ‘ i Comandamenti che più conviene seguire ed osservare. Ma l’amore o si esprime in modo pieno o non è vero amore! Non possiamo, per questo, scegliere di seguire alcuni Comandamenti, trascurandone altri. Non possiamo ‘mutilare’ il Decalogo che ci è stato consegnato. Mutileremmo l’amore stesso e in tal caso la nostra vita diverrebbe ambigua e senza spessore, senza autentica rottura col peccato che, in tante situazioni, starebbe ancora ‘accovacciato alla porta‘ (Cf. Gn 4,6).
    Invece, con il faticoso cammino di maturazione nell’osservanza dei Comandamenti, siamo invitati, come quelle vergini sagge del vangelo di oggi, a raccogliere l’olio delle nostre lampade per incontrare lo Sposo, il Signore che viene nel cuore della notte e, quando meno ce l’aspettiamo, ci chiede a che punto sta la nostra vita. L’olio della carità, l’olio dell’amore a Dio e ai fratelli! Quest’olio dovrà alimentare la nostra lampada nel quotidiano incontro con Cristo. E per raccogliere quest’olio, la via del Comandamenti è la più sicura, l’unica.

    4. Gesù Cristo nel quale ho creduto. Rosalia ha, infine, creduto nel suo Signore. Credere, per Rosalia, ha certamente significato riporre fiducia in Dio, fidarsi totalmente della sua volontà provvidente che prepara il bene per i suoi figli.
    Non possiamo negare che il contesto socio-culturale contemporaneo ci spinge a relegare la nostra fede entro una dimensione privata: si pretende affermare che credere o non credere è una scelta da relegarsi solo nell’intimo della coscienza, assolutamente svincolata dall’esigenza di essere membra di un corpo, assolutamente neutra per la società nella quale si vive, rimanendo estranei al Regno di Dio in mezzo agli uomini.
    Noi cristiani non possiamo arrenderci a questa errata concezione della fede!
    La nostra fede va, in primo luogo, testimoniata, senza reticenza, ambiguità o vergogna, perché è un rapporto con il Dio Creatore e Salvatore che amiamo e seguiamo. Chi ama non può nascondere o mascherare la gioia di amare. E spesso questa nostra fede gioiosa è quella che manca in tanti nostri comportamenti e non è tale da essere percepita dagli altri.
    La nostra fede va poi conosciuta, approfondita. Quanta ignoranza nel popolo credente! Quanta superstizione accanto alla devozione esteriore! Questa non è fede, ma solo compromesso mediocre con una malvagità che suggestiona e toglie la pace nel cuore!
    La nostra fede va anche sperimentata come la più grande forza delle nostre giornate. Nella fede ci rivolgiamo a Dio sicuri della sua paterna provvidenza nei nostri riguardi. È la fede che ci fa guardare avanti con coraggio e speranza!
    Vediamo che la nostra speranza rischia di spegnersi, perché siamo circondati da una situazione in cui avvertiamo la precarietà del lavoro, in cui si vedono terribili segni della crisi economica che pesa sulle famiglie, in cui grava un enorme incertezza sul futuro specie sulle nuove generazioni, che, non avendo orientamenti chiari nella loro vita, sono sempre più tentate di scegliere vie alternative a Cristo, lontane dalla fede, e dunque, lontane da ogni tipo di dignità umana, di rispetto, di giustizia, di salvezza.
    Dio per primo ‘ lo crediamo spronati dall’esempio della nostra Santuzza che ci ha preceduto nella consegna fiduciosa a lui ‘ Dio condivide le nostre gioie, le nostre fatiche, le speranze, i dolori, le tante situazioni difficili che in questo pellegrinaggio abbiamo voluto porre nelle mani della nostra concittadina più illustre.
    Dio è accanto a noi, e, sebbene la fede non risolva i problemi come se fosse un incantesimo, una magia, ci dona occhi nuovi e cuore nuovo per affrontare le prove della vita, per sperare nel rinnovamento interiore che Dio può operare contando sulla nostra disponibilità, per reagire con creatività e coraggio, cogliendo i nostri giorni alla luce dell’eternità, vivendo sulla terra costantemente orientati verso i beni celesti, scegliendo di guardare non alla spazzatura del mondo, ma di correre con speranza avanti verso la meta che il Signore ci promette.

    5. In questa fede, che è sguardo pieno di speranza per il futuro, attendiamo di essere confermati, il prossimo 3 ottobre, dal Santo Padre Benedetto XVI, che nella sua Visita pastorale in Sicilia vorrà incontrare volti illuminati dalla luce di Cristo e cuori impegnati ad amare senza riserve.
    Questa fede non la testimonieremo in modo privato e autonomo: ci ritroveremo dinanzi al Dolce Vicario di Cristo in terra come Chiesa, comunità nata dalla fede in Cristo, crocifisso, morto e risorto per la nostra salvezza.
    Qui, sul Monte Pellegrino, a un mese di distanza dall’incontro con il Sommo Pontefice desidero affidare a Santa Rosalia questo momento forte. Vogliamo mostrare al Santo Padre il volto di una Chiesa che ha occhi attenti per scorgere il Signore nelle pieghe della storia, e per intrattenersi con lui in un rapporto fiducioso, pieno, confidenziale. Vogliamo riporre nelle mani del Santo Padre il nostro impegno di vita cristiana fondata sui Comandamenti di Dio, che aprono ad una società più fraterna, giusta, pacifica.
    A te, Rosalia, fulgida corona della Chiesa di Palermo, che dal Monte Pellegrino guardi questo popolo di fratelli tuoi, a te che sei premurosamente accogliente delle nostre necessità e dei nostri volti che cercano l’unico volto di Cristo, a te, Rosalia, affidiamo questa nostra Chiesa, perché alla vigilia della Visita Pastorale del Successore di Pietro, essa possa sentirsi unita nell’esprimere l’anelito del cuore di vedere Cristo, di amarlo nella strada dei Comandamenti, di credere e sperare il lui sempre più fermamente.
    Così sia.