XI Giornata del Malato

11-02-2003

Carissimi fratelli e sorelle amati dal Signore,

1. L’invito alla gioia, che il profeta Isaia ha rivolto all’antica Gerusalemme liberata dalla schiavitù dell’esilio, raggiunge in questo giorno tutta la Chiesa, la nuova Gerusalemme che contempla Maria apparsa a Lourdes come l’Immacolata Concezione, segno compiuto della liberazione del peccato operata dal suo Figlio Divino.
Raggiunge particolarmente voi, carissimi fratelli e sorelle sofferenti, in questa XI Giornata Mondiale del Malato, mentre nella celebrazione eucaristica ci uniamo spiritualmente a quanti nella Basilica dell’Immacolata Concezione di Washington, santuario nazionale degli Stati Uniti, rappresentano tutti i malati del mondo attorno alla Madre del Signore, il medico dei corpi e delle anime, che fin dall’inizio della sua predicazione ha manifestato la più commovente predilezione verso i malati. E dalla Grotta di Massabielle anche Maria manifesta il suo amore per i sofferenti e dona il messaggio della consolazione e della speranza.
Alla domanda sul senso della sofferenza che da sempre l’umanità si pone senza trovare una risposta adeguata, Gesù l’ha offerta non tanto con le parole, ma con i suoi atteggiamenti verso i malati e soprattutto con l’esempio della sua passione.
Con le molteplici guarigioni di ogni genere, operate durante la sua incessante predicazione, si è piegato sulla sofferenza umana per vincerla e con la sua passione, morte e risurrezione, di fatto, l’ha vinta.
Davanti a lui, morto e risorto, sofferente e glorificato, viene spontanea l’espressione di stupore sgorgata dal cuore dell’Apostolo Giovanni e che il Santo Padre Giovanni Paolo II ci ha riproposto all’inizio del suo messaggio per questa Giornata: ‘Il Padre ha mandato il suo Figlio come Salvatore del mondo ‘ Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi’ (1Gv 4,14-16).

2. E in realtà la compassione di Gesù verso i malati e le sue numerose guarigioni di infermi di ogni genere stanno a dimostrare che egli è la manifestazione dell’amore del Padre per noi, che egli è l’unico liberatore e salvatore dell’uomo, di tutti gli uomini e di tutto l’uomo, anima e corpo. Risana i corpi come segno e mezzo della salvezza spirituale.
E’ quanto anche oggi opera nella Chiesa , rendendosi presente nei fratelli che sono nel dolore offendo a ciascuno segni credibili del suo amore.
La malattia è sempre una prova, che ci fa esperimentare la nostra impotenza, i nostri limiti, la nostra fragilità, la nostra finitezza.

3. Essa può farci cadere nell’angoscia, nel ripiegamento su noi stessi, nella disperazione, nella ribellione a Dio. Ma può anche essere un’occasione provvidenziale per maturarci, aiutarci a discernere nella nostra vita ciò che è essenziale, a farci sentire più vivo il bisogno di Dio e ritornare a lui.
Attraverso il ministero della Chiesa, che è il suo prolungamento nella storia, Gesù ci viene incontro nella malattia. Ci chiede di credere in lui e si mette a contatto con noi. Rispetta, tuttavia, la nostra libertà, per cui noi possiamo accoglierlo o rifiutarlo, accogliere o rifiutare i suoi doni.
E fra i tanti doni che Gesù offre al malato nella prova della malattia ha un valore specifico quello della Unzione.
E’ un dono specifico, attestato da S. Giacomo che così si esprime ‘Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati’ (Gc 5,14-13).

4. Non è quindi il sacramento di coloro che sono in fin di vita, come si pensava nel passato quando veniva chiamato Estrema Unzione. Non è il sacramento dei moribondi, ma dei malati, come precisa l’apostolo.
Certo deve trattarsi di una malattia seria, o di un intervento chirurgico rischioso, o della vecchiaia debilitante.
Non va quindi temuto come un segno premonitore della morte, ma richiesto come un dono per la vita.
E’ infatti un dono particolare dello Spirito Santo che ci infonde conforto, pace, coraggio per superare le difficoltà proprie dello stato di malattia grave o della vecchiaia, rinnova la fiducia e la fede in Dio, e fortifica contro le tentazioni dello scoraggiamento e dell’angoscia, guarisce l’anima concedendo il perdono dei peccati se il malato non ha potuto ottenerlo col sacramento della Penitenza, e implora anche la guarigione, se questo giova alla salvezza spirituale.
Per la grazia di questo sacramento il malato riceve la forza e la gioia di unirsi più intimamente alla passione di Cristo, per partecipare all’opera della sua salvezza e contribuire così alla santificazione propria e di tutta la Chiesa e al bene di tutti gli uomini per i quali la Chiesa soffre e si offre per mezzo di Gesù Cristo a Dio Padre.
E’ così che il malato non solo non teme di essere un castigato da Dio, non solo non si sente inutile e di peso, non solo non si sente solo, ma avverte la presenza di Gesù che fa di lui un suo collaboratore umile ma prezioso per il bene della Chiesa e del mondo.

5. Il Santo Padre nel suo Messaggio ci ha esortati a promuovere, coordinare e orientare la Pastorale della Salute, per suscitare in tutto il popolo di Dio attenzione e responsabilità verso il variegato mondo del dolore, attraverso un’azione sempre concorde fra gli operatori pastorali sia delle Parrocchie e sia soprattutto negli ospedali, in fedeltà alle direttive sociali e morali del Magistero.
Nella nostra Arcidiocesi il Centro della Pastorale della Salute opera lodevolmente in questo clima e in questa direzione. Ringrazio il Signore, e ringrazio anche voi, carissimi operatori e volontari delle diverse associazioni a servizio dei malati, come l’Unitalsi. Siate sempre generosi discepoli di Cristo, il buon Samaritano. Siate i buoni samaritani anche voi. E prodigatevi non solo per favorire la formazione del personale sanitario, l’umanizzazione delle cure dei malati, l’attenzione alle loro famiglie e una particolare sensibilità verso i poveri e gli emarginati, ma anche perché l’annunzio del Vangelo della vita e dell’amore garantisca le esigenze fondamentali dell’etica alle nuove potenzialità della scienza e della tecnica.

6. A voi, carissimi fratelli e sorelle sofferenti, che unite le vostre sofferenze a quelle di Cristo e completate così ciò che manca alla passione di Cristo nella sua applicazione storica, dico il grazie sincero della Chiesa di Palermo per quello che siete e per quello che donate con l’offerta preziosa delle vostre sofferenze.
In un momento buio della storia, nel quale i venti della guerra si fanno sempre più minacciosi, l’offerta della vostra preghiera e delle vostre sofferenze salga al Dio, che è Padre di tutti gli uomini, perché con la sua sapienza illumini quei reggitori dei popoli che credono di poter vincere la violenza del terrorismo con la violenza della guerra, ma anche quanti ritengono di combattere le ingiustizie del mondo con gli attentati terroristici, che, come le guerre, seminano sofferenze e morte. La lotta per la guerra è sempre una lotta per la morte. La lotta per la pace è sempre una lotta per la vita.
Soprattutto per invocare la pace il Santo Padre ha riconsegnato a tutti, ma in modo particolare a voi sofferenti la preghiera del S. Rosario, tanto cara alla Madonna di Lourdes, che ci immerge nella contemplazione del mistero di Colui che è la nostra pace e ci fa sentire coinvolti in un preciso impegno di servizio alla pace.
Questa preghiera vi aiuterà inoltre a vivere la sofferenza con serenità interiore e con speranza.
Quello della sofferenza è misteriosamente il più fecondo degli apostolati. Contemplando le sofferenze di Gesù nei misteri del dolore noi contempliamo le nostre sofferenze: ma, illuminati dalla luce del suo Vangelo, intravediamo in esse l’inizio di quella gloria senza fine che è il destino definitivo ed eterno della nostra esistenza.