Dedicazione del nuovo Altare della Cattedrale

OMELIA DEL CARDINALE ARCIVESCOVO
13-11-2004

Il Signore è in mezzo al suo popolo.

    Amatissimi Presbiteri e Diaconi,
    Sorelle e fratelli carissimi, esultiamo e gioiamo nel Signore.

1. Alla vigilia del primo Congresso Eucaristico Diocesano del nuovo millennio che avrà inizio domani, ci disponiamo ad accogliere il Signore Gesù, il grande festeggiato di questa straordinaria assise della nostra Chiesa palermitana nel segno massimo della sua presenza, della sua presenza per antonomasia: quella eucaristica. Nell’Eucaristia il Signore, Risorto e vivo, è davvero in persona in mezzo al suo popolo.
    Ma questa notte vogliamo accoglierlo presente in mezzo a noi in un altro segno direttamente finalizzato all’Eucaristia: il nuovo Altare della nostra Cattedrale che, dopo 35 anni di attesa, ho la gioia e la grazia di dedicare a Dio, come centro e cuore di questa Chiesa, madre di tutte le Chiese della nostra Arcidiocesi, centro della sua vita e della sua missione. Parlando della dedicazione della Chiesa, S. Agostino diceva ai suoi fedeli che essa è ‘la festa della comunità’. E aggiungeva: ‘La costruzione richiede fatica; la dedicazione, invece, avviene nella gioia’. Anche la costruzione di questo Altare ha richiesto fatica. Oggi la fatica si tramuta in gioia. Esultiamo e gioiamo nel Signore.

2. Insieme ringraziamo anzitutto Dio Padre dal quale viene ogni buon regalo e ogni dono perfetto, Cristo, autore e capo della nostra assemblea, lo Spirito Santo la cui unzione consacrerà questo Altare.
    Ma è doveroso ringraziare anche quanti si sono adoperati per la realizzazione di questo primario e fondamentale luogo della celebrazione eucaristica: dalla Commissione liturgica diocesana alla Commissione speciale presieduta dal Vescovo Ausiliare e da essa stessa voluta, dal Capitolo Metropolitano alla Maramma, dalla Regione Siciliana al Comune di Palermo, dalla Soprintendenza ai Beni Artistici Culturali, alla quale sono particolarmente grato per i suoi consigli e direttive, all’Ufficio Diocesano dei Beni Culturali e al Parroco della Cattedrale, dall’Architetto che lo ha progettato all’Impresa che lo ha realizzato.

3. È giusto, infine, ricordare, in questa storica circostanza, i miei venerati Predecessori che nell’ultimo millennio hanno avuto particolare attenzione per la Cattedrale a loro affidata: l’Arcivescovo Gualtiero che la riedificò nel 1185; Umbertino De Marinis, Nicolò Tedeschi e Simone Baccardelli, che tra il 1414 e il 1452 edificarono il portico meridionale; Nicolò Puxades che fece costruire il coro ligneo nel 1466-67; Giovanni Bugio che nel 1469 fece collocare la splendida statua marmorea della Vergine; Giannettino Doria, che dopo il 1624 volle l’antica Cappella di S. Rosalia; Martino Leon Y Cardines, che nel 1650 commissionò il fastoso ciborio di lapislazzuli; Pietro Martinez-Rubio, che nel 1656 fece costruire il portale settentrionale e le statue marmoree delle Sante Vergini palermitane; Filippo Lopez Y Royo che nel 1798 volle l’attuale Cappella di S. Rosalia e l’inserimento della Meridiana solare, Pietro Gravina che nel 1826 fece erigere il gruppo dei campanili neogotici; Alessandro Lualdi, che nel 1908 fece sistemare la Cappella delle Reliquie; Ernesto Ruffini che curò l’attuale pavimentazione marmorea: ad essi va il nostro suffragio.
    Un particolare saluto rivolgo all’ultimo e carissimo mio Predecessore, il Card. Salvatore Pappalardo, sotto il cui governo pastorale sono stati restaurati il portico meridionale, il cleristorio e la torre campanaria. L’avremmo voluto oggi fra noi. Ma per alcune terapie è fuori sede. Tuttavia egli è spiritualmente presente con la preghiera: ci telefoniamo spesso e a tutti egli porge il saluto e la benedizione.

4. A me il Signore ha concesso la grazia di vedere finalmente realizzata la ripavimentazione del sagrato, e questa notte di celebrare la Dedicazione dell’Altare eretto sulla nuova area presbiterale, con l’inaugurazione del nuovo ambone: un’attesa e definitiva sistemazione in sintonia con le norme liturgiche postconciliari.
    Chiedo al Signore un’altra grazia: poter vedere al più presto ripristinate le genuine trasparenze delle pareti interne della Cattedrale. È un sogno che affido all’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e alla Soprintendenza, mentre ringrazio il Banco di Sicilia che ha già sponsorizzato il restauro delle statue poste all’interno del presbiterio. La Cattedrale è il cuore della Chiesa di Palermo e il simbolo più antico della storia della nostra Città, capoluogo di tutta la Sicilia. È degna quindi di stare nel cuore di tutti i palermitani: comunità, istituzioni, cittadini, fedeli, senza distinzioni.

5. Centro e cuore della Cattedrale è l’altare, anch’esso segno di Cristo, Capo del suo corpo che è la Chiesa e in essa di ciascuna delle sue membra che siamo tutti noi. Per questo il rito della Dedicazione ci coinvolge direttamente e personalmente tutti.
In segno di penitenza e nel ricordo del nostro Battesimo, siamo stati aspersi con l’acqua benedetta con la quale è stato asperso anche il nuovo altare.
    Ci siamo così disposti spiritualmente ad ascoltare la parola di Dio, che dal nuovo ambone già inaugurato con la proclamazione soprattutto del Vangelo, dovrà perennemente risuonare nella nostra Cattedrale, per rivelare e proclamare il mistero di Cristo e operare nella Chiesa la nostra salvezza.
    Il nostro atteggiamento deve essere quello religioso e orante, commosso e festoso, del popolo ebreo radunato in Gerusalemme dal sacerdote Esdra per la proclamazione della Legge, come abbiamo ascoltato nella prima lettura. E in questo atteggiamento ci disponiamo, ora, a partecipare ai riti liturgici della Dedicazione dell’Altare, culminanti nella celebrazione della Eucaristia, il rito più importante e l’unico necessario.

6. Poiché il tempio materiale è segno della Chiesa pellegrinante sulla terra e immagine della Chiesa gloriosa nel cielo, noi invocheremo fra poco l’intercessione della Vergine Santissima e dei Santi, che ci hanno preceduti nel cammino della fede e hanno già raggiunto la Casa del Padre. Invocheremo in modo particolare S. Rosalia, nostra Patrona, le cui reliquie, ritrovate 280 anni fa e autenticate dal mio venerato predecessore il Card. Giannettino Doria, saranno deposte ai piedi dell’Altare, per indicare che al sacrificio del Capo si ricollega e da esso trae origine e principio il sacrificio delle membra.
Ogniqualvolta entreremo in questo tempio, quelle reliquie ci ricorderanno che tutti indistintamente siamo chiamati alla santità.     Anche per questo nella preghiera di dedicazione chiederò a Dio Padre che la sua santità avvolga questo Altare, segno di Cristo, dal cui fianco squarciato scaturirono l’acqua e il sangue, fonte dei sacramenti della Chiesa che ci purificano e ci santificano.

7. In questa prospettiva partecipiamo con fede viva ai riti dell’unzione, dell’incensazione, della copertura e della illuminazione dell’Altare, che esprimono con segni visibili alcuni aspetti di quell’azione invisibile di santificazione che il Signore esercita per mezzo della Chiesa, quando essa celebra i divini misteri e specialmente l’Eucaristia, su questo Altare.
    Con l’unzione del Crisma, veicolo dello Spirito Santo, l’Altare diventa simbolo di Cristo, che è chiamato l’Unto, il Consacrato per eccellenza.     Dal Padre, infatti, fu unto di Spirito Santo e costituito sommo Sacerdote, perché offrisse sull’Altare il sacrifico del suo Corpo e del suo Sangue, per la salvezza di tutti. Anche noi col Battesimo, come popolo sacerdotale, abbiamo ricevuta la stessa unzione spirituale, confermata col Sacramento della Cresima.
    E in realtà, Cristo non è solo sacerdote e vittima, ma anche altare del suo stesso sacrificio. Conseguentemente, se vero altare è Cristo, capo e maestro, anche noi, membra del suo corpo e suoi discepoli, siamo altari spirituali, sui quali viene offerto a Dio il sacrificio di una vita santa.
    ‘Lasciatemi questo solo ‘ scriveva S. Ignazio di Antiochia ai Romani – : che io sia immolato a Dio, finché l’altare è pronto’. Gli fa eco S.     Gregorio Magno, che si domanda: ‘Che cosa è l’altare di Dio se non l’anima di coloro che conducono una vita santa?’ E conclude: ‘A buon diritto, quindi, l’altare di Dio viene chiamato il cuore dei giusti’.
L’altare cristiano è per sua natura ara del sacrificio e mensa del convito pasquale.
    Su quell’ara viene perpetuato nel mistero, lungo il corso dei secoli, il sacrificio della Croce coronato dalla Risurrezione.
Attorno a quella mensa si riuniscono i figli della Chiesa per rendere grazie a Dio, ricevere il corpo e il sangue del Signore, crescere nel suo amore e attingere rinnovato vigore per il loro cammino.
    Per tutto questo il nuovo Altare è segno e fonte della comunione della Chiesa palermitana e rafforza nei fratelli il vincolo di concordia e di unità.

8. L’incenso, che sarà bruciato sull’Altare, secondo la visione di S. Giovanni ricordataci nella seconda lettura, significa che il sacrificio di Cristo, perpetuato sull’Altare nel mistero, sale gradito a Dio in odore di soavità. Tale deve essere la nostra preghiera e tutta la nostra vita, nell’esercizio delle virtù cristiane che sono la soave fragranza di Cristo. Per questo non viene incensato soltanto l’Altare, ma anche l’assemblea, e in essa ciascuno di noi vero altare spirituale del Signore.
    Successivamente l’Altare sarà asterso, coperto e ornato. Mensa del convito sacrificale, viene preparato e ornato a festa: segno della gioia interiore di un cuore in pace con Dio e riconciliato con i fratelli, come ci ha ricordato Gesù nel Vangelo. L’ornamento è anche segno del comportamento esteriore (abbigliamento incluso) con il quale dobbiamo accostarci alla mensa eucaristica per nutrirci del Corpo e del Sangue di Cristo immolato.
    Anche il rito dell’illuminazione è un forte messaggio. Ci ricorda che Cristo è luce per illuminare le genti e che la sua luce deve risplendere in ciascuno di noi, perché tutti siamo ‘figli della luce’ e tutti siamo chiamati ad essere ‘luce del mondo’, come commensali della cena del Signore. Lo saremo con la testimonianza della vita, la professione aperta della fede, l’annunzio coraggioso del Vangelo.
    Realizzeremo così quell’impegno missionario che deve caratterizzare e qualificare ogni comunità parrocchiale e in essa ogni cristiano. Se la Chiesa è nata per essere missionaria, missionario deve considerarsi ed essere ciascuno di noi: solo così possiamo dirci autenticamente cristiani e contribuire a fare della Chiesa, a cominciare dalla propria parrocchia, una comunità tutta missionaria e tutta ministeriale.
È quanto abbiamo ricordato nell’ultima Assemblea diocesana: la forza propulsiva della parrocchia missionaria è l’Eucaristia.

9. La Dedicazione dell’Altare non resti, pertanto, un evento semplicemente celebrativo, ma c’impegni ad una fede più convinta, coerente, robusta, che dall’ambone e dall’altare, soprattutto la Domenica, Giorno del Signore, tragga continuamente luce, alimento e vigore per conservarsi, in un mondo che cambia, integra ed essere in grado di illuminare evangelicamente, animare cristianamente e servire umilmente le realtà sociali del nostro territorio per il quale il Signore Gesù ha dato la vita.
    È questo il messaggio che ci giunge dal nuovo Altare all’inizio del Congresso Eucaristico Diocesano, il buon esito del quale affidiamo alla intercessione materna di Maria SS. Assunta in Cielo, di S. Mamiliano e di S. Rosalia.
    Accoglierlo e metterlo in pratica sarà il primo dei frutti più attesi di questo straordinario evento di grazia. Amen.