Festa di Santa Rosalia – S. Messa al Santuario di Montepellegrino

Montepellegrino, Palermo
04-09-2008

    Carissimi fratelli nel sacerdozio,
    carissimi Religiosi e Religiose,
    Gentilissime Autorità civili e militari, che con la vostra presenza onorate questa cerimonia, e rendete ancora più visibili le componenti della nostra città
    cari fratelli e sorelle amati dal Signore ed a me carissimi!

    1. Nel sagrato del Santuario, gremito della sua gente, dei fedeli che a lei non cessano di rivolgersi nella preghiera e che a lei annualmente recano l’omaggio di una devozione pura e sentita, anche quest’anno Santa Rosalia ci accoglie con la sua vicenda interiore, con la sua vita, con la sua testimonianza fervente e appassionata.

    Siamo dinanzi alla Grotta del Monte Pellegrino, nella quale la Santuzza ha voluto vivere in eremitaggio gli ultimi anni della sua giornata terrena e dove ‘ come testimoniato dal ritrovamento delle sue reliquie ‘ ella si è spenta aprendosi al mattino della luce celeste che da sempre aveva desiderato di godere: «O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco. Di te ha sete l’anima mia».

    In questi giorni, e soprattutto questa notte, il Santuario, luogo fortemente significativo per la storia della nostra Città, diviene meta del consueto pellegrinaggio che i fedeli offrono come segno della loro devozione alla Santuzza. La tradizionale ‘acchianata’ vede migliaia di persone che sciolgono la promessa fatta o implorano una grazia per intercessione della vergine eremita.

    Come Padre e Pastore di questa amatissima porzione di popolo di Dio che è in Palermo, non potevo non ritrovarmi anch’io ad essere in mezzo a voi, pellegrino fra i pellegrini, per condividere la gioia di questa celebrazione, per innalzare a Dio la lode perfetta e benedirlo nella figura di Rosalia, che la sua bontà infinita ha voluto donare alla nostra Chiesa.

    2. Salendo questo Monte, e più ancora arrivando in questo sagrato così gremito di fedeli, sono rimasto colpito dalla vostra numerosa partecipazione, che testimonia l’affetto e la devozione che il popolo palermitano nutre nei confronti della sua Patrona.

    Certamente tutto questo è positivo. Si tratta di una devozione che abbiamo il dovere di trasmettere alle nuove generazioni, scoprendo sempre di più il messaggio principale che la figura di Rosalia vuole comunicare ai suoi fedeli.

    Salendo, è sgorgata dal profondo del mio cuore ‘ e ne ho sentita ripetuta eco ‘ la domanda che Gesù rivolge provocatoriamente alle folle, quando le interroga sulla figura profetica e forte di Giovanni Battista: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto?» (Cf. Mt 11,7). E’ una domanda che può essere rivolta oggi anche a noi, riuniti insieme per festeggiare Rosalia. Cosa siamo venuti a vedere? Cosa ci ha mosso a venire? Perché siamo qui? Cosa siamo invitati a riconoscere nella nostra salita qui sul Monte Pellegrino?

    Rosalia ha liberato Palermo dalla peste. Oggi non c’è più questa malattia che forse potrebbe essere curata dalla medicina, ma c’è un’altra peste, interiore, che distrugge la nostra dignità e lei ci può guarire, ma occorre il nostro impegno. E’ una peste interiore, determinata da modelli imposti dalla cultura dominante, dove manca il rispetto di se stessi ‘ ed ecco l’uso di droghe e di alcol a cui ricorrono numerosi giovani in cerca di una felicità effimera e insensata ‘ e dove manca il rispetto delle cose. Mi ricordo che quando ero Nunzio Apostolico in Africa (Burundi-Rwanda) o nel Caribe (Haiti) e tornavo in Italia, ero colpito dall’enorme spreco che qui si faceva. Non di rado mi capitava di vedere il pane gettato negli angoli delle strade, mentre portavo profondamente scolpiti nel cuore i volti di migliaia di ragazzi denutriti e di persone che morivano di fame e di stenti.

    3. Sappiamo bene che non siamo venuti qui spinti da semplice curiosità, né per un’abitudine che si ripete annualmente sotto la spinta di un vago sentimento religioso. Siamo venuti perché attirati da quella Rosalia che ha scelto il suo Signore come unico Sposo della sua vita, facendolo diventare ragione assoluta del suo amore, pienezza della sua gioia, motivo della sua libertà da ogni condizionamento personale e sociale. Una libertà piena con la quale Rosalia, come la giovane fanciulla del Cantico dei Cantici, corre incontro al suo amore, e lo abbraccia per l’intera esistenza.

    Ecco chi siamo venuti a vedere! Una vergine che ha donato tutto di sé e per questo ha reso la sua vita splendente della santità del Creatore che fin dall’origine l’ha scelta come testimone della sua bontà. Siamo venuti a vedere un’innamorata di Cristo, al punto da desiderare di essere totalmente sua. Siamo venuti a vedere una giovane coraggiosa, che ha sfidato il suo tempo per portare a compimento quanto lo Spirito Santo le aveva posto nell’intimità del suo cuore, quel cammino tracciato attraverso l’ascolto della Parola e dei suoi desideri più profondi.

    Questa scelta fondamentale di Dio, questo posto che Dio occupa nella nostra vita ci impegna tutti, secondo il dovere del proprio stato. A noi, presbiteri, chiamati dal Signore e costituiti suoi ministri, si esige la centralità della nostra preghiera, la fedeltà agli impegni sacerdotali, l’incondizionata dedizione nell’amministrare i sacramenti, nell’ascolto della confessione. A voi, sposi, l’impegno a rimanere fedeli all’amore che vi siete promessi e al dono di comunione che vi siete scambiati. Così come la grazia sostenne il dono della vita di Rosalia nella fedeltà al suo Sposo, tutti noi dobbiamo contare sulla grazia come forza che ci aiuta a superare le nostre difficoltà e i momenti di crisi.

    4. Ma non siamo venuti semplicemente a ‘vedere’ una testimonianza di nove secoli fa. Non siamo venuti da semplici spettatori di una festa. Non possiamo dirci autentici devoti di Santa Rosalia se permettiamo che questa ricorrenza passi senza lasciare un segno nella nostra vita, senza che la Santuzza abbia lanciato un messaggio chiaro al nostro modo di vivere, per il nostro tempo.

    Santa Rosalia ha vissuto su questa Grotta l’idillio dell’Amore divino, scegliendo una vita austera, fatta di preghiera e di rinuncia. In lei vogliamo celebrare, non tanto il ripudio della vita comoda e spensierata che avrebbe potuto vivere, quanto piuttosto un amore così forte, così unico e così sconfinato per il suo Signore da non essere stato vinto da niente e da nessuno.

    La povertà assoluta con cui ha vissuto la sua vita di eremita è la logica conseguenza del fatto che, amando Colui che tutto possiede, non aveva bisogno di nient’altro.

    Per questo l’esempio della sua vita austera e determinata giunge ancora oggi anche a noi, perché tutti possiamo essere spronati a sperimentare sempre più quell’essenzialità nella quale scoprire e riscoprire ogni giorno il primato assoluto di Dio e la bellezza dei valori autentici della vita che egli ci ha donato e che si è impegnato a riscattare dal male e dall’oscurità.

    La crisi socio-economica che stiamo confrontando in questi tempi è sotto gli occhi di tutti. Quanti di noi trepidiamo nel fare fatica ad arrivare alla fine del mese, facendo fronte ai vari impegni e trovando i mezzi per il giusto approvvigionamento. Quanti di noi guardano al futuro quasi con angoscia per le tante insicurezze sociali che come nubi oscure si affacciano all’orizzonte.

    Viviamo tempi in cui la crisi dell’uomo si fa presente a vari livelli, nell’evidenza di un contesto sociale in cui il benessere e il possedere sembrano prevalere su ogni logica di donazione e di servizio. Tanti sono i rischi. Soprattutto per le nuove generazioni. E sono tutti connessi alla grave possibilità di offuscare la bellezza e il senso pieno e autentico della vita con quanto è secondario, banale, perfino inutile e pericoloso.

    Lo vediamo nella incapacità di servire il bene comune, nel fare seriamente il proprio dovere, determinati solo dal proprio egoismo, dal proprio interesse personale, dal proprio tornaconto. Tutti noi abbiamo le nostre responsabilità, perché ognuno di noi ha un proprio compito da svolgere. Penso a chi lavora nelle pubbliche amministrazioni o negli uffici. Voi politici siete stati eletti, scelti dal popolo per servire il bene comune. Avete questa responsabilità di fronte a tutti.

    Ma tutti devono fare il proprio dovere fino in fondo. Penso a voi, genitori, all’importanza di prendervi cura dei vostri figli. Sono stato molto colpito quando ho sentito la proposta di togliere la pensione alle casalinghe. Quale grande compito esse svolgono perché in famiglia ci sia quella serenità, rispetto e armonia che consente ai mariti di affrontare il lavoro serenamente, senza quelle tensioni causate dal peso di una vita domestica vissuta in mezzo a tante preoccupazioni e priva di calore umano.

    Penso anche a voi, insegnanti, per l’enorme valore che ha l’educazione delle giovani generazioni, la cui carenza è sotto gli occhi di tutti. Avente una responsabilità enorme.

    Penso anche agli amministratori presenti in questa celebrazione, alle loro responsabilità per il bene di tutti. Mi riferisco per esempio alla questione dello smaltimento dei rifiuti, alle nostre terre arse ‘ anche questa mattina salendo su questo Monte vedevo con tristezza i pini bruciati dall’incendio dell’anno scorso. Ci sono voluti decenni perché raggiungessero la loro grandezza e ce ne vorranno altri per poter ritrovare quel verde e quel polmone di cui ha bisogno la città.

    5. Abbiamo ascoltato la pagina evangelica della parabola delle dieci vergini. Il Vangelo ci dice che tutte e dieci, sia quelle stolte che quelle sagge, si assopiscono, vinte dal sonno, nell’attesa della venuta dello sposo.

    Sembra quasi che il torpore che colpisce queste giovani riguardi anche la nostra civiltà, che ha dimenticato di vivere la sua tensione nell’attesa dell’incontro con Dio. Sempre più gente non pensa che il Signore viene ogni giorno a visitarci, in segni e momenti nei quali bisogna essere svegli per riconoscerlo, attenti all’ascolto, pronti all’azione.

    L’intorpidimento della nostra società si manifesta nel dimenticare l’essenzialità della vita e dell’amore per rivolgersi a nuovi idoli, copiosamente generati da ogni parte, propugnati come portatori di quella falsa felicità che lascia l’amaro in bocca e la noia, ma che sono cresciuti a dismisura, anche a causa di un sempre più debole senso di responsabilità personale (esempio estremamente eloquente è il crescente numero di incidenti stradali per l’alta velocità, l’uso delle droghe e dell’alcol, senza la minima responsabilità da parte di chi conduce un veicolo).

    Vorrei per questo che oggi guardassimo all’austerità di Rosalia, alla sua scelta forte e decisa, di tenersi sempre desta ad attendere e accogliere il suo Signore in un quotidiano e mistico incontro con lui. Vorrei che la Santuzza fosse per noi lo stimolo a diventare tutti più responsabili del tempo, delle occasioni della nostra vita, delle situazioni nelle quali il Signore ci ha posto per sua volontà.

    Il tempo, che in Cristo è diventato kairos, occasione di santificazione personale, è uno degli strumenti che la misericordia di Dio ci dona per arrivare fino a lui. È un dono, ci è dato, tant’è vero che nessuno di noi più aggiungere un solo minuto alla propria vita. Non sprechiamolo in ciò che non ci conduce verso la verità di noi stessi.

    Le occasioni, le circostanze che noi sempre giudichiamo positive o negative, a seconda se corrispondono o meno ai nostri progetti, sono in realtà possibilità che il Signore ci offre perché lo possiamo riconoscere ed amare in tutto. Da qui nasce la responsabilità per il nostro dovere, per rispondere al compito al quale siamo chiamati per il bene nostro e di tutti. Ne vale la pena! Fare bene il proprio dovere è necessario perché attraverso di esso si arriva alla realizzazione della propria persona, ad una piena felicità, e si dà testimonianza credibile del proprio incontro con Dio nei luoghi di lavoro, in mezzo ai fratelli, spesso non credenti o soltanto indifferenti. Santa Rosalia, aderendo alla volontà del Signore ha compiuto il proprio dovere in modo così esemplare da essere di modello ancora oggi per noi a distanza di tanti secoli.

    Dobbiamo tutti fare uno sforzo ed entrare in una logica evangelica più autentica. Essa ci insegna che il posto nel quale siamo stati messi dalla volontà di Dio è prima di tutto un servizio da svolgere per il bene comune, per un mondo migliore, più umano e per la pacifica convivenza. Il concetto di servizio al bene comune deve poter precedere tutto il resto e prevalere su una logica di profitto e di guadagno, con cui spesso egoisticamente, si intende il proprio lavoro. Questo ci immiserisce, ci rende meschini e disinteressati verso la realtà in cui siamo immersi e ci impedisce di vedere il volto di Cristo nel fratello che ci sta accanto.

    6. Ciascuno è invitato a fare la sua parte. Piccola o grande che sia, essa è la parte che spetta a ciascuno dei membri del Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. L’essenzialità della vita austera di Rosalia ci indica la responsabilità con la quale siamo chiamati a rendere viva la nostra fede, a trasfondere la bellezza dell’incontro con Cristo nel quotidiano camminare in mezzo agli uomini.

    E sarà il pellegrinaggio più bello. Quello più significativo, perché ci consentirà di raggiungere il senso pieno della nostra esistenza e di preparare la meta celeste nel Regno eterno in cui Rosalia, insieme agli angeli e ai santi, gode del volto di Dio che anche noi cerchiamo e desideriamo.