Inaugurazione Anno Accademico Lumsa

Roma
01-10-2008

1. Con viva gioia mi trovo a condividere con voi un momento forte di questa comunità che oggi inizia, con la Celebrazione eucaristica, il nuovo Anno Accademico.
    Ho risposto volentieri e con entusiasmo all’invito rivoltomi tempo fa dal vostro Rettore, il chiarissimo prof. Giuseppe Dalla Torre, che saluto e ringrazio per la stima e l’affetto che più volte mi ha dimostrato, in varie circostanze, in nome di una lunga amicizia che affonda le sue radici nella terra di Sicilia e che mi ha fatto stare vicino a Lei ed alla sua famiglia nei tristi eventi dei mesi scorsi. Lei sa bene, carissimo Professore, che ricambio di cuore questi sentimenti nei suoi confronti e nei confronti dell’intera LUMSA.
    Della Facoltà saluto pure le sue diverse componenti qui convenute: gli illustri Professori, le Missionarie della Scuola, il personale tecnico e amministrativo, ma soprattutto voi, carissimi studenti, che siete i soggetti beneficiari della nostra sollecitudine pastorale e del nostro zelo apostolico.

    2. La Parola di Dio che la Liturgia propone alla nostra riflessione oggi, è quella propria alla memoria di S. Teresa di Gesù Bambino, la piccola del Regno che è stata proclamata Dottore della Chiesa dal compianto papa Giovanni Paolo II nel 1997.
    Nella pericope evangelica appena ascoltata Gesù risponde ad una precisa domanda dei suoi discepoli: ‘Chi è il più grande nel regno dei cieli?’. È una domanda che, forse, tradisce una mancata comprensione di quanto Gesù ha detto e fatto fino a quel momento, specie dinanzi a coloro che condividono con lui le vicende della sua missione.
    Nel ‘discorso della montagna’ al cap. 5 del Vangelo di Matteo Gesù ha pronunziato le ‘beatitudini del Regno’, un Regno che va ben al di là delle aspettative meramente umane e delle logiche e dei criteri del mondo. Un Regno in cui la compagnia di Dio è promessa a quanti sono tagliati fuori dalla società, a quanti sono emarginati o poveri. Un Regno che si rivelerà pienamente nel futuro della restaurazione di ogni cosa in Cristo, ma che è già presente nella visione dei ‘puri di cuore’, ossia di coloro che accolgono il mistero di Dio in semplicità, gioia e docilità. Questi sono i tratti più importanti dei discepoli di Cristo, impegnati nella costruzione del Regno di Dio in mezzo agli uomini, Regno che non è di questo mondo.
    Al cap. 13 dello stesso Vangelo, Gesù aveva poi descritto ‘ con il discorso in parabole ‘ le caratteristiche di questo Regno. E si era servito delle immagini del seme della Parola seminato nel cuore degli uomini, della piccolezza del granello di senapa e della pochezza del lievito che fa fermentare la pasta. Questo Regno sposa sicuramente il criterio della piccolezza. E tutto questo è significato dallo stile di vita di Gesù: ‘Imparate da me che sono mite ed umile di cuore’ (cf. Mt 11,29).

    3. Eppure, proprio all’inizio del grande discorso ecclesiale di Matteo, a Gesù chiedono ‘Chi è il più grande nel regno dei cieli?’. Pur mostrando con le parole e con le opere la semplicità e la piccolezza, Gesù non riesce a ritrovarla nelle attese e nei discorsi di coloro che lo seguono, forse ancora troppo legati alla mentalità mondana del prestigio personale, o alle categorie della retribuzione e del protagonismo. Quelle stesse che, più avanti, emergeranno ancora alla domanda della madre dei figli di Zebedeo e alle reazioni dei discepoli (cf. Mt 20,20-28).
    ‘Chi è il più grande nel regno dei cieli?’. È una domanda che segnala non tanto il desiderio autentico di accedere al Regno, di entrarvi come figlio ed erede, quanto la voglia di primeggiare, di avere un posto privilegiato.
    La risposta di Gesù alla domanda posta è ‘ direi ‘ plastica ed assai eloquente. La cifra significativa con la quale confrontarsi è ‘ un bambino! Non si tratta di un infante, ma di un bambino, che Gesù chiama a sé e pone in mezzo perché sia a tutti ben visibile, e dunque sia di esempio, serva da lezione.
    Il bambino non è un essere che si culla nelle mani di suo padre senza interagire, anche perché sarebbe destinato ad una atrofia dialogica che ne comprometterebbe la crescita. Il bambino è colui che agisce e reagisce, ma sicuro della mano del padre che lo sostiene e lo guida rendendo sicuro il suo passo.
    Attenzione! Mentre la domanda verte sulla grandezza di coloro che accedono al Regno dei cieli, Gesù raccomanda in primo luogo: ‘In verità vi dico: se non vi convertirete e diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli’ (Mt 18,3). Alla domanda sulla posizione nel Regno Gesù risponde che, innanzitutto, ci sono condizioni di accesso a questo Regno. Entrare nel Regno è l’obiettivo capitale, la questione fondamentale dell’intera esistenza umana, e viene prima ancora della domanda che solletica le smanie di grandezza dell’uomo.
    A chi si pensa già all’interno del Regno e ‘ seguendo le logiche del mondo ‘ comincia a chiedersi della sua importanza all’interno di esso, Gesù sferza provocatoriamente un colpo decisivo: la prima preoccupazione deve essere quella di entrarvi, di accogliere la conversione come opportunità di Dio nei confronti dell’uomo.
    Il criterio dell’ingresso è doppiamente connotato: ‘convertirsi’ e ‘diventare come bambini’. La piccolezza, la semplicità, la dipendenza, tutte caratteristiche dei bambini, richiedono certo un’autentica conversione del cuore dell’uomo, segnato dal peccato e dall’egoismo. ‘Convertirsi’ e ‘diventare come bambini’ sono due facce della stessa medaglia, l’uno legato all’altro. E Gesù lo sa bene. Per questo la lezione è anche per noi.

4. Ma ecco che nella seconda parte della risposta Gesù dà anche il criterio per essere il più grande nel Regno: ‘Chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli’ (Mt 18,4). Non è un criterio diverso da quanto espresso prima! Il Regno dei cieli non ha posti privilegiati né cariche da ricoprire. In esso si entra per essere in comunione con Dio e per goderla pienamente fin da questa vita, realizzando le profonde aspirazioni del proprio cuore. Siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio e per questo il nostro cuore è inquieto fino a quando non scopre il Signore e riposa in lui, e questo bisogno sarà pienamente appagato quando potremo contemplarlo faccia a faccia. Per questo entrare nel Regno dei cieli è già tutto. È ‘ in qualche modo ‘ avere il posto migliore! Non c’è differenza fra ciò che Gesù dice di chi entra nel Regno e ciò che dice di chi è più grande.
    La chiave è quella tapeinosis, quella piccolezza di spirito che è povertà disposta ad accogliere da Dio ogni cosa. Non è soltanto ‘ e riduttivamente ‘ lo sforzo ascetico dell’umiltà, ma la verità di avvertirsi povere creature bisognose di Dio, amate da Dio, chiamate da Dio per la vita vera.
    Additando un bambino come esempio e condizione per entrare nel Regno, Gesù afferma il criterio della ‘rinascita dall’alto’ che troviamo anche nel Vangelo di Giovanni, specialmente nel colloquio con Nicodemo. Se diventare bambini può sembrare un passo indietro per chi è adulto, nella logica dello Spirito è rinascere nell’assoluta accoglienza di Dio, convertirsi dal proprio egoismo per scoprire la dimensione più vera del suo Amore che ci impegna ad amare.
    Questo ‘diventare piccoli’ è entrare nel Regno facendo entrare nella propria vita Dio, accogliendone i piani misteriosi che, pur lontani dalle logiche umane, segnano i nostri passi verso la felicità, segnano l’autentica ricerca e il reale ritrovamento del senso della vita e del nostro essere nel mondo.
    È dire quel ‘fiat’ che dice Maria, che per questo può cantare ‘Ha guardato l’umiltà della sua serva’(Lc 1,48), ha visitato la piccolezza di colei che si è aperta totalmente al dono di Dio.

    5. Anche l’insegnamento accademico, che qui ci vede coinvolti a vario titolo, può diventare accesso al Regno di Dio. Anche l’esperienza della nostra Facoltà, lo studio e il lavoro attorno alla prospettiva di una sempre più rilevante crescita culturale, può diventare profezia del Regno. A condizione che ‘ come abbiamo ascoltato da Gesù ‘ esso sia come innestato nella logica evangelica della conversione e della piccolezza.
    L’impegno culturale che vi vede coinvolti specialmente nell’ambito umanistico e che nelle vostre sedi si sviluppa da tanto tempo, deve trarre origine da un atteggiamento di amore alla verità e di amore alla persona umana, nell’ambito di un costante riferimento all’ispirazione cattolica.
    È l’umiltà di cuore che si richiede in coloro che cercano autenticamente di farsi ricettivi e accoglienti anche a partire dalla proposta di fede: si tratta di un insegnamento che, incastonato in una forte esperienza di cattolicesimo, diviene significativa possibilità di crescita interiore dei singoli.

    6. Ma non si tratta soltanto di crescita personale. La pericope evangelica che abbiamo ascoltato è proprio l’inizio del quarto dei cinque grandi discorsi del vangelo di Matteo, il discorso sulla comunità ecclesiale. Sembra quasi che la piccolezza di cui Gesù parla diventi anche condivisione di base, atteggiamento di fondo per la costruzione della Chiesa, la comunità dei battezzati che credono.
    Nutro la profonda convinzione che l’opera svolta dalla LUMSA, fedele all’intuizione di Luigia Tincani, già fondatrice dell’Unione S. Caterina da Siena delle Missionarie della Scuola e sviluppata ‘ come il Vangelo ci ha indicato ‘ nelle condizioni di ricettività e accoglienza della prospettiva della fede, e nell’attenzione ai bisogni e ai segni dei tempi presenti nella società, costituisca un autentico servizio ecclesiale, che giova all’edificazione della Chiesa tutta.
    Piccoli dinanzi al mistero di Dio e al mistero dell’uomo siete chiamati ‘ per la parte che vi compete ‘ ad affrontare le sfide che vengono poste dal mondo, specie in tempi in cui una cultura del nichilismo e del relativismo scende fin dentro le pieghe della quotidianità e segna profondamente la vita di tante famiglie e di tanti giovani. E a queste sfide siete chiamati a dare risposte che si avvalgono della chiarezza della luce evangelica gettata sull’uomo e sulla sua condizione.

    7. Nel giorno in cui celebriamo la memoria di S. Teresina di Lisieux, ricordiamo che ella ‘ pur avendone desiderio ‘ non poté mai frequentare gli studi accademici. (Era desiderosa persino di conoscere le lingue originali nelle quali era stata scritta la Bibbia!). Eppure il Magistero ce la indica come Dottore della Chiesa! E segnala a tutti i fedeli che la sapienza di Teresa è l’unica per la quale valga la pena di spendere la propria vita. Una sapienza dei piccoli che pone tutta la sua fiducia in Dio, che attende tutto da Dio, che, nella semplicità e nell’umiltà, entra fin dentro il cuore stesso di Dio!
    Questa sapienza è alternativa a qualsiasi altra dottrina. Perché è la sapienza del cuore, della comunione d’amore con Dio sulla quale tutto il resto può fondarsi, persino la ricerca accademica e la preparazione culturale.
    In questo senso siete tutti chiamati a portare nuova linfa vitale! Tutti ‘ docenti ed alunni ‘ avete il grande compito di ricordare all’uomo la sua identità e le sue potenzialità, per contribuire a segnare prospettive nuove che incidano visibilmente sulla società civile.

    8. Così mi piace percepirci oggi. Come una famiglia che si è posta obiettivi comuni e intende perseguirli nell’umiltà del proprio lavoro fatto con la gioia e la dedizione di chi sa di compiere passi decisivi nel cammino di costruzione del Regno di Dio nell’umana società.
    La vera sapienza, quella dei semplici, quella di chi non ricerca i primi posti ma sa compiere il dovere connesso al proprio compito, quella di chi si lascia illuminare dalla luce dello Spirito che dona forza e vigore agli slanci degli uomini verso la verità e l’amore, questa sapienza ha vinto il mondo, perché ha mostrato la sua forza rivelandosi nel modo più paradossale.
    A Maria Assunta, Vergine sapiente perché docile all’esperienza dello Spirito, affidiamo i propositi e gli obiettivi di questo nuovo Anno Accademico.