Messa Crismale

Cattedrale 24 marzo 2005
24-03-2005

            Eminenza ed Eccellenza Reverendissime e carissime,
            Amatissimi Presbiteri e Diaconi,
            Carissimi fratelli e sorelle amati dal Signore.

1. Nella preghiera colletta abbiamo chiesto al Padre, che ha consacrato il suo unico Figlio con l’unzione dello Spirito Santo costituendolo Messia e Signore, di concedere a noi, in quanto partecipi della sua consacrazione, di essere testimoni nel mondo della sua opera di salvezza.
    Partecipi della consacrazione sacerdotale di Gesù e della sua missione di salvezza lo siamo diventati tutti, in forza della grazia del Battesimo, confermata dalla Cresima e continuamente alimentata dall’Eucaristia. Possiamo, perciò, ripetere anche noi con lui le parole del profeta Isaia: ‘Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista’.
    Consacrazione e missione si richiamano a vicenda: e quanto più cresce la consapevolezza di essere stati consacrati, tanto più matura la responsabilità di essere stati mandati, e divampa in noi l’entusiasmo della missione, che l’Eucaristia riaccende e riconsegna.

2. Risuona, pertanto, anche sulle nostre labbra l’inno di lode e di ringraziamento sgorgato dal cuore dell’apostolo Giovanni: ‘A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen’.
    È il ringraziamento per il dono del sacerdozio regale comunicato indistintamente a tutti noi, popolo dei redenti. E si traduce nell’impegno di comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, a cominciare dalle parrocchie, il cui volto missionario ci stiamo sforzando di riscoprire per renderle più idonee ad accogliere le istanze, le provocazioni e le sfide di una società sempre più lontana da Dio.
    Le difficoltà non mancano: ma la nostra fiducia non è riposta sulle nostre deboli forze, bensì su Colui che col suo santo olio ci ha consacrati. Lo abbiamo espresso con convinzione nel salmo responsoriale: la sua mano è il nostro sostegno, il suo braccio è la nostra forza, la sua fedeltà e la sua grazia sono sempre con noi, nel suo nome s’innalza la nostra potenza, è lui la roccia della nostra salvezza.

3. Se con l’unzione dello Spirito Santo il Padre ci ha costituiti in Cristo suo popolo sacerdotale, tra i membri di questo popolo ha scelto alcuni, non per meriti particolari, ma con gratuito affetto di predilezione ‘ come canta nel Prefazio l’odierna liturgia ‘, e mediante l’imposizione delle mani li ha fatti partecipi del suo ministero di salvezza, perché nel suo nome rinnovino il sacrificio del Redentore, preparino ai suoi figli la mensa pasquale, e servi premurosi del (suo) popolo, lo nutrano con la sua parola e lo santifichino con i (suoi) sacramenti’.
    È il dono del sacerdozio ministeriale, che nella Messa Crismale viene particolarmente commemorato da tutto il popolo di Dio del quale è a servizio, e da tutti i presbiteri riaccolto come un dono sempre nuovo, nell’unità della famiglia presbiteriale della quale il Vescovo è il padre.
    Si! amatissimi sacerdoti, noi costituiamo un’unica famiglia e il Presbiterio è il luogo sacramentale, e perciò insostituibile, della nostra formazione permanente, della nostra santificazione personale e della nostra missione apostolica.
Questa eccelsa funzione del Presbiterio la Messa Crismale manifesta, celebra e promuove, a edificazione del popolo di Dio, che dalla testimonianza della nostra affettiva ed effettiva comunione presbiteriale trae il più efficace insegnamento sull’amore vicendevole.
    Nessuno di noi, perciò, osi comprometterla, ferirla, appannarla. Ma ognuno di noi ne sia testimone convinto e costruttore coerente, con la forza della carità pastorale, che è accettazione reciproca, comprensione vicendevole, perdono scambievole, collaborazione preveniente e generosa.
    Nell’unità della famiglia presbiteriale facciamo corona ai nostri confratelli che in questo anno celebrano il loro Giubileo sacerdotale d’argento (Mons. Salvino Maiorca, don Antonio Randazzo, Don Pietro Furnari), d’oro (Mons. Pietro Martorana e Don Antonino Renna) e di diamante (Mons. Francesco Masi e Mons. Pietro Manno).
    Nello stesso tempo raccomandiamo al Signore i confratelli ammalati che sono andato a visitare l’altro ieri per portare il saluto di tutti e ricordiamo i confratelli che dall’ultima Messa Crismale sono passati da questo mondo al Padre per la liturgia celeste (Don Loreto Tubolino, Don Antonino Pravatà, Mons. Francesco Paolo Azzara, Don Giuseppe Corica, Mons. Francesco Longo).

4. Come ogni anno, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha inviato a tutti i sacerdoti del mondo la Lettera del Giovedì Santo.
L’abbiamo accolta sempre con gratitudine e filiale affetto. Ma quest’anno la gratitudine si fa più viva, perché l’ha scritta da ‘ammalato tra i ammalati’ nell’ultimo suo ricovero nel Policlinico Gemelli, ‘unendo nell’Eucaristia la (sua) sofferenza a quello di Cristo’ (n. 1).
    A lui rivolgiamo il nostro orante pensiero, e chiediamo al Signore che lo ristabilisca al più presto e lo conservi a lungo nel suo instancabile ministero, a servizio della Chiesa e del mondo: ‘Dominus conservet eum et vivificet eum’.

5. Il Santo Padre, che nella Lettera Mane Nobiscum Domine ha esortato tutto il popolo di Dio a crescere nella spiritualità eucaristica, traducendo coerentemente nella vita di ogni giorno i valori espressi nelle preghiere e nei riti della celebrazione liturgica, a noi sacerdoti ricorda che la nostra spiritualità sacerdotale è essenzialmente eucaristica, perché trae le indicazioni più luminose dalle parole stesse dell’istituzione dell’Eucaristia che ogni giorno pronunziamo in persona Christi .
    Si! Amatissimi confratelli, la nostra esistenza sacerdotale deve essere un continuo rendimento di grazie al Signore. E questo atteggiamento, che sta alla base del nome stesso di Eucaristia, deve plasmare tutta la nostra vita (n. 2).

6. È un’esistenza, la nostra, donata totalmente agli altri, perché offerta totalmente a Dio, come quella eucaristica.
    Anche noi siamo pane spezzato e mangiato nell’obbedienza dell’amore che giunge fino al dono supremo della vita, come è avvenuto per P. Pino Puglisi, stella fulgidissima del nostro Presbiterio, e al Vescovo salvadoregno, Mons. Oscar Arnulfo Romero, ucciso 25 anni fa, come oggi, mentre celebrava l’Eucaristia.
Ricordiamoli ambedue e guardiamo a loro come a testimoni della vocazione al martirio, propria di ogni cristiano, ma soprattutto di noi Vescovi e Sacerdoti.
    E se il martirio cruento è riservato a pochi, quello incruento, delle difficoltà, delle incomprensioni, degli ostacoli, delle ostilità che incontriamo nel nostro ministero, è destinato a tutti perché è il prezzo della carità pastorale.
So quante difficoltà incontrate nel ministero, alternate certamente anche a tante soddisfazioni spirituali. Conosco la vostra fatica pastorale e vi esprimo la mia ammirazione e la mia gratitudine nella preghiera che ogni sera innalzo per voi con l’affetto più sincero.
    A questa obbedienza dell’amore ci siamo impegnati nel giorno dell’Ordinazione, e quella promessa, che siamo invitati a rinnovare nella Messa crismale, prende luce dal nostro intimo rapporto con l’Eucaristia, dalla quale siamo nati, della quale siamo a servizio e per la quale viviamo. «Obbedendo per amore, ‘ precisa il Papa – rinunciando magari a legittimi spazi di libertà, il sacerdote attua nella propria carne, quel ‘prendete e mangiate’ con cui Cristo, nell’ultima Cena, affidò se stesso alla Chiesa» (n. 3) .

7. Ciò significa che la nostra esistenza sacerdotale è un’esistenza ‘salvata per salvare’, offerta cioè per la salvezza integrale e universale degli uomini.
    C’impegna a tendere costantemente alla santità, che è l’espressione piena della salvezza, della quale siamo annunciatori e ministri.
    Ed è la santità che ravviva nel nostro animo l’ardore apostolico, capace di renderci disponibili ad accogliere ogni ministero che ci viene affidato, ovunque, e fino a quando ci viene affidato, senza mai forzare le strutture umane della Chiesa e facendo solo la volontà di Dio espressa da coloro che lo Spirito Santo ha posto a reggerla nell’amore.
    Tutto questo diventa più agevole, se siamo costantemente memori non semplicemente dell’evento eucaristico che celebriamo, ma di Colui, che vuole servirsi di noi, del nostro corpo, delle nostre mani, della nostra bocca e soprattutto del nostro cuore per celebrarlo.
    Consacrati totalmente a lui, questa consacrazione dobbiamo esprimere soprattutto nel modo con cui celebriamo il mistero eucaristico, nello stupore sempre rinnovato per lo straordinario prodigio che si compie nelle nostre mani, e nella fedeltà alle norme liturgiche poste a tutela della santità di così grande Sacramento’ (n. 6).
    È così che la nostra esistenza è protesa verso di lui, vissuta nella passione per lui: e questo il popolo di Dio, e soprattutto i giovani, hanno il diritto di vedere in noi, come icone sacramentali della sua presenza e della sua azione santificatrice.
Non ci nascondiamo i limiti della nostra umanità. Li confessiamo umilmente, ma confidiamo nella comprensione dei nostri fedeli, e soprattutto nella misericordia di Colui che ci ha chiamati, consacrati e mandati, nonostante questi limiti.

8. Maestra di spiritualità Eucaristica è Maria. ‘Nessuno come lei ‘ scrive il Papa ‘ può insegnarci con quale fervore si debbano celebrare i santi misteri e ci si debba intrattenere in compagnia del suo Figlio nascosto sotto i veli eucaristici’ (n.8).
    A lei ci affidiamo con fiducia. E lei, come Giovanni, intendiamo tenere sempre con noi nella casa della nostra vita personale e del nostro ministero pastorale, certi che, sostenuti dalla sua intercessione materna, invocata con la recita quotidiana del Rosario, possiamo donarci con sempre vivo entusiasmo a Dio e ai fratelli sino alla fine.

9. Un tratto fondamentale della nostra donazione a Dio e ai fratelli è la cura pastorale dei fedeli ammalati e moribondi.
Ce lo ricorda in questa Messa Crismale la benedizione dell’Olio dei malati, che è il segno costitutivo del sacramento dell’Unzione degli Infermi. Un sacramento, purtroppo, come mi hanno fatto notare i Parroci nella Visita Pastorale, non sempre richiesto, perché non sufficientemente conosciuto, se non addirittura temuto come il precursore della morte.
    Eppure è il sacramento che ai malati dona la salvezza, li libera dai peccati, li solleva nelle sofferenze, conferendo loro la grazia di unirle a quelle di Cristo per la propria e per l’altrui santificazione.
    Trent’anni fa, e precisamente il 16 febbraio 1975, entrava in vigore in Italia il nuovo Rituale ‘Sacramento dell’Unzione e cura pastorale degli infermi’.
La sua pubblicazione suscitò tante speranze nel cambiamento di mentalità da parte dei fedeli.
    Un certo cambiamento indubbiamente c’è stato: ma resta ancora molto cammino da fare per raggiungere i traguardi attesi e sperati.

10. Occorre, pertanto, riprendere in mano, rileggere, ripresentare agli operatori pastorali e ai fedeli il Rituale per una serena verifica all’azione pastorale in atto e per un rinnovato impegno nel futuro. Per questo, ho ritenuto opportuno pubblicare in data odierna una Lettera pastorale dal titolo ‘Ero malato e mi avete visitato’, che ne richiami gli insegnamenti dottrinali e gli orientamenti pastorali.
    Un rinnovato impegno di tutti, Sacerdoti, diaconi, fedeli, in questa delicata dimensione della pastorale, sia uno dei frutti più preziosi dell’Anno dell’Eucaristia in corso.
    E a voi fratelli ammalati, qui presenti o in ascolto attraverso la nostra Radio Diocesana, va il saluto di tutta questa santa assemblea.
    Non vi scoraggiate! Non siete soli! Non siete di peso! Non siete inutili!
    Originale e prezioso è il sostegno che voi date alla nostra Chiesa con la vostra partecipazione nella fede alla gloriosa passione di Cristo.
    Quante testimonianze eroiche del Vangelo della sofferenza nella Visita Pastorale sto incontrando in mezzo a voi, sorretti dall’aiuto materno di Maria.
    Per questo vi dico grazie, mentre ad uno ad uno vi abbraccio e vi benedico nel nome del Signore, sofferente e glorificato. Amen.