Ordinazione Diaconale di Marco Catanzaro e Gaetano Pravatà

Cattedrale di Palermo
01-06-2008

Figlie e figli miei carissimi!

    1. Ancora una volta ci ritroviamo riuniti con gioia nella nostra Cattedrale, attorno all’altare del Signore, convocati insieme come Chiesa in cammino, famiglia di figli di Dio che rende grazie al Padre per la grande misericordia con la quale egli ci ha amato nel sacrificio del Figlio Gesù e nell’effusione dello Spirito Santo che ci ha resi nuove creature.
    Proprio come famiglia riunita nel suo nome ci lasciamo invadere da un atteggiamento di autentica meraviglia che si fa preghiera. Riconosciamo le ‘grandi cose’ compiute dall’Onnipotente nella storia degli uomini, ed esultiamo insieme perché questa sera una di queste opere si compie dinanzi ai nostri occhi.
    Dopo l’ordinazione diaconale di don Ignazio, avvenuta il 18 maggio scorso a Termini Imerese, Dio ci ridona la gioia di poter conferire il sacramento dell’ordine, nel grado del diaconato, a Marco e Gaetano, figli di questa Chiesa di Palermo.
    Ringrazio il Padre, datore di ogni bene, per questa gioia che ‘ ancora una volta ‘ mi elargisce, e non posso non cogliere come segno della sua bontà la disponibilità di questi figli miei a rispondere alla chiamata di Cristo a seguirlo più da vicino nella speciale consacrazione di se stessi a lui, e ‘ in lui ‘ a servizio dei fratelli.

    2. Nel brano evangelico che la liturgia di questa IX Domenica del Tempo Ordinario ci ha proposto, Gesù conclude il ‘discorso della montagna’ pronunciato ai suoi, e lo fa con estrema chiarezza: ‘Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’ entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli’ (Mt 7,21). L’accesso al regno dei cieli, la possibilità di essere ‘concittadini dei santi e familiari di Dio’ (cf. Ef 2,19) è subordinata al compimento della volontà del Padre.
    La salvezza non è il risultato automatico ed immediato della semplice invocazione del nome di Gesù, ‘Signore, Signore’. Ciò non basta. E il dialogo fra Gesù e coloro che hanno profetato o hanno compiuto prodigi dimostra che essa non è legata neanche al solo operare ‘nel suo nome’. Neanche questo è sufficiente.
Entrare nel regno dei cieli, da autentici cittadini, e più ancora da veri discepoli del Cristo, dipende dal vivere nella quotidianità delle nostre azioni la coerenza tra la fede, che ci consente di invocare il nome del Signore con fiducioso abbandono, e la vita, che deve trasformarsi in un continuo operare nel suo nome.
    La fede, coltivata dal discepolo nel costante riferimento al Signore, va cioè incarnata nella vita, perché le opere dell’uomo siano autentiche opere di Dio. La vita, nelle sue scelte concrete, va, cioè, ‘ben edificata’ secondo quanto indicato dalla parabola della costruzione della casa.
    Due alternative stanno dinanzi al cuore del discepolo. Da un lato la sapienza di costruire l’edificio della propria vita sulla roccia della Parola ascoltata con dedizione e assimilata nella concretezza dell’azione. Dall’altro la stoltezza di costruire tale edificio sulla sabbia inconsistente di ogni altra convinzione, sui facili cedimenti dell’egoismo e del proprio interesse, col rischio di ottenere un edificio con ottime mura e ricche definizioni, ma senza saldo fondamento.
    È l’alternativa posta dinanzi ad Israele, che ‘ prima dell’ingresso definitivo nella Terra Promessa ‘ è invitato a ricordare l’alleanza e a rendersi ancora una volta fedele, disponibile all’azione di Dio. Dio lo mette in guardia: ‘Vedete, io pongo oggi davanti a voi benedizione e maledizione’ (Dt 11,26). La benedizione o la maledizione non sono altro che due esiti ‘ entrambi possibili per l’insondabile mistero della libertà dell’uomo ‘ della propria vita. Per dirla in termini evangelici, sono due esiti della propria ‘costruzione di vita’, del proprio ‘edificio esistenziale’.
    Per questo Israele è chiamato a rinnovare la sua fedeltà nella fedeltà di Dio, unico artefice e generoso garante dell’alleanza.

    3. Carissimi fratelli e sorelle, quanto sperimentiamo vicina a noi la Parola di Dio di oggi! Essa, nella sua immediatezza plastica, ci pone alcune domande: Su quali basi sto costruendo la mia vita? E’ il Signore la roccia salda su cui sto scommettendo l’intera mia esistenza? E’ la sua Parola il cuore pulsante del mio agire?
    Sono domande che interpellano ciascuno di noi e non in modo marginale. Ma in particolare tali domande vengono oggi rivolte a Marco e Gaetano, segnati dalla particolare benevolenza che Dio ha voluto dimostrare facendo loro il dono dell’ordine sacro.
    Costruire sulla roccia il vostro ministero, che da oggi diventa connaturato alla vostra stessa esistenza, significa costruire sulla Parola di Cristo ‘ sulla Parola che è Cristo stesso ‘ l’edificio del vostro diaconato che, al servizio dei vescovi e dei presbiteri nell’edificazione della Chiesa, si svilupperà lungo tre direttive principali: la Parola di Dio, l’altare del Signore, la carità verso i poveri.

    4. In primo luogo vi viene affidato il ministero della Parola. Nel gesto della consegna del Vangelo ricorderete che il primo servizio da rendere al popolo santo di Dio è proprio l’annunzio della Parola. Non siete chiamati a dire parole umane, di consolazione o speranza, senza respiro soprannaturale. Piuttosto siete investiti del compito di annunciare agli uomini le grande opere di Dio, la sua vicinanza, il suo amore. Avete il compito di ricordare all’umanità che ‘ come afferma il Concilio Vaticano II ‘ Dio ‘nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé’ (Dei Verbum 2). Possiate dire con San Paolo: ‘Noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore’ (2Cor 4,5).
    Da un lato sarete configurati come servitori della Parola perché suoi ascoltatori costanti, nel silenzio e nella preghiera. Solo così essa penetrerà più profondamente nella vostra vita, in modo da rivivere l’esperienza del popolo di Israele.
    ‘Posta nel cuore e nell’anima’ la Parola a voi consegnata guiderà i vostri affetti e le vostre relazioni, specie nella scelta celibataria che oggi abbracciate, non come semplice rinuncia, ma come fecondità di rapporti aperti all’accoglienza di chi rischia di essere meno amato dagli uomini.
    Legata ‘alla mano come un segno’ la Parola sarà fondamento e forza del vostro operare al servizio dei fratelli, conformati a Cristo servo, pronti a deporre le vesti per chinarvi dinanzi alle loro sofferenze.
    ‘Come un pendaglio tra gli occhi’ sarà la Parola di Dio a guidare le vostre scelte e vi consentirà non soltanto di vedere con sguardo di fede le meraviglie di Dio, ma anche di essere il volto sollecito di una Chiesa attenta ai bisogni dell’uomo, pronta ad ascoltare il suo grido di aiuto e ad incontrarlo nella prova.
    Nello stesso tempo, da servitori della Parola, sarete chiamati soprattutto ad annunciarla con la vostra testimonianza di vita evangelicamente vissuta. Da oggi, anche a livello sacramentale, chi vedrà voi dovrà scorgere il Cristo che aderisce nell’obbedienza filiale alla volontà del Padre, annunziandone l’amore e proclamandone la fedeltà.

    5. Da diaconi vi viene affidato anche, in modo più proprio, il ministero dell’altare. In questo senso costruire sulla roccia di Cristo sarà l’impegno di rendere ‘eucaristia’ l’intera vostra vita. Sarete perciò chiamati a servire le azioni liturgiche a più stretto contatto con il Corpo e il Sangue di Cristo.
Non si esaurisca tutto nella vicinanza fisica! Non sia mai un’abitudine priva di santa trepidazione! Nel servizio liturgico siete chiamati ad esprimere sempre la volontà di volervi conformare al Cristo che si dona ‘ con tutta la sua vita ‘ al Padre per la salvezza dell’umanità.
Posti a contatto col mistero eucaristico vi renderete conto di quanto espresso dall’apostolo Paolo nella seconda lettura: il mistero di Dio si incontra con la pochezza dell’uomo e noi ministri scopriamo la fragilità dei vasi di creta nei quali Dio ha posto il tesoro del ministero, perché ‘appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi’ (2 Cor 4,7).
Accostarsi sempre più al mistero eucaristico vi insegnerà a vivere l’umiltà nella totale dipendenza da Dio e a confidare nella forza della sua azione nella quale riporre ogni fiducia, anche quando, sperimentando l’impotenza in tante situazioni, non vi potrete dare risposte immediate o definitive.

    6. Fortificati dal dono dello Spirito che vi viene conferito, riceverete il ministero della carità, per essere al servizio dei fratelli, nei compiti che la Chiesa vorrà affidarvi.
    Costruire questa vostra ‘diaconia’ sulla roccia di Cristo significherà tenere costantemente, come riferimento vivo, il suo esempio d’amore, per essere immagine viva di lui che non è venuto per essere servito ma per servire.
    Il vostro servizio, ormai parte integrante della vostra esistenza, edificata sulla stessa persona del Servo Gesù Cristo, sia sempre discreto, sia nella delicatezza della proposta evangelica, sia nella dolcezza del tratto umano.

    7. Carissimi Marco e Gaetano, il ‘sì’ col quale rispondete oggi davanti al Signore e davanti alla Chiesa è sostenuto e incoraggiato dalla preghiera e dalla vicinanza fraterna di quanti avete incontrato sul vostro cammino.
    Vi sono vicine le vostre famiglie, che, dopo aver condiviso anche loro la fatica della formazione di questi anni, oggi partecipano con voi della gioia della festa e prendono parte al mistero che vi inserisce nel cuore stesso di Cristo.
    A voi guardano le vostre comunità parrocchiali di provenienza, quella di San Basilio e quella dei Ss. Pietro e Paolo in Roccapalumba, come pure quelle nelle quali avete svolto il vostro servizio in quest’ultimo anno. In esse avete imparato a celebrare il Signore, con l’aiuto e l’esempio di tanti sacerdoti amici, che sono stati per voi autentici modelli e che nel tempo vi hanno accompagnato, spiritualmente e umanamente.
    Con voi è la comunità del Seminario, che avete imparato ad amare come luogo di formazione e famiglia di condivisione, insieme ai formatori che vi hanno accompagnato con dedizione e pazienza, e nelle mani dei quali vi siete sempre affidati anche nei momenti più difficili o incerti.
    Con voi è il vostro Vescovo, che ha accompagnato da padre gli ultimi passi della vostra vicenda vocazionale e che vi sprona a farvi sempre servi docili ed obbedienti, in ascolto costante della volontà di Dio.
    Consentitemi poi di indirizzarmi anche a tutti i giovani qui presenti, molti dei quali a voi legati da fraterna e affettuosa amicizia. Carissimi giovani, le vostre esigenze interpellano spesso il mio cuore di Padre e Pastore di questa santa Chiesa di Palermo! Mi rivolgo a voi per chiedervi di ricordarvi di questo giorno di festa e di gioia, di guardare ‘ nella scelta di Marco e di Gaetano ‘ a quali grandezze è chiamato il cuore dell’uomo.
    Essi hanno accolto con gioia una proposta di vita alta e luminosa: donare tutto di sé a Dio e ai fratelli. La loro risposta generosa e la fedeltà che oggi si impegnano a vivere, sono per tutti segni eloquenti della capacità sconfinata di dono che il nostro cuore possiede.
    Non fate mai tacere il vostro cuore, e soprattutto non dilapidatene la ricchezza più grande: la capacità di amare e di donarsi nell’amore. Accogliete per questo costruttivamente la provocazione che questi giovani vi offrono, perché l’eventuale proposta che vi chiede di fare altrettanto della vostra vita non resti senza risposta o ‘ peggio ancora ‘ superficialmente inascoltata.

    8. Carissimi Marco e Gaetano, io stesso vi affido alle braccia premurose della Vergine Santa che avete imparato ad invocare in questi anni di cammino. Vi insegni a farvi attenti ai bisogni dei fratelli, con la stessa premura e la stessa delicatezza dimostrata alle Nozze di Cana.
    Vi sproni a confermare ogni giorno il vostro ‘si’ nella sequela incondizionata a Cristo, perché ogni istante della vostra vita costruita sulla salda Roccia, possa essere presentato al Padre come offerta gradita, secondo la sua santa volontà.
    Amen.