S. Messa Inaugurazione dell’Anno Giudiziario nel 70° Anniversario di attività del Tribunale

Cappella Palatina
11-03-2011

    1. La splendida cornice della Cappella Palatina, nella quale stiamo celebrando questa S.Messa di apertura dell’Anno Giudiziario del TERS ci richiama ad un’eredità di bellezza che ci è stata tramandata dal passato e che noi custodiamo gelosamente, sempre memori di coloro che ce l’hanno lasciata.
    Questa sera celebriamo proprio i 70 anni dalla costituzione del TERS, e mi pare che anche questa sia un’eredità che abbiamo il diritto e il dovere di custodire e far crescere assicurando continuità nella tradizione e, nello stesso tempo, mettendo sempre maggiore slancio nel servizio alla giustizia ecclesiastica che tanti fedeli domandano alla Madre Chiesa, fiduciosi in una pronta risposta.
    Credo che in questi 70 anni tutti abbiamo ‘abitato’ ciò che ci è stato consegnato e abbiamo anche noi, ciascuno per la sua parte, fornito il nostro apporto significativo, in termini di servizio reso, di organizzazione, di presenza, di carica umana e spirituale.
    Molto ancora resta da fare. Certamente il TERS, come questa Cappella, è consegnato nelle mani di chi può migliorarlo ogni giorno con il suo lavoro. Per questo siamo qui tutti quanti. E per questo desidero porgere il mio ringraziamento agli Eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi di Sicilia che ripongono tanta fiducia nell’opera del TERS, come pure a tutte le Autorità civili, militari, della Magistratura, dell’Avvocatura, delle Università, della Cultura, che stasera testimoniano con la loro presenza l’attenzione e l’apprezzamento nei confronti della comunità ecclesiale e della sua specifica azione giudiziaria.
    Con gratitudine porgo il mio saluto ai Ministri e agli Operatori del Tribunale: il Vicario Giudiziale, il Vicario Giudiziale Aggiunto, i Giudici, i Difensori del vincolo, i Patroni stabili, gli Avvocati, i Periti, e tutto il Personale. L’andamento del TERS è dipeso e continua a dipendere dalla vostra generosità e della vostra attenta dedizione.

    2. Abbiamo voluto mantenere il senso ecclesiale di celebrare questo inizio dell’Anno mantenendo la liturgia che la Chiesa ci propone in questo venerdì di Quaresima, il primo.
    Si fa ancora presente nella nostra mente e nel nostro cuore quanto abbiamo ascoltato il Mercoledì delle Ceneri, all’apertura del nostro cammino quaresimale: ‘Ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore‘ (cf. Gl 2,13). Riecheggia l’invito dell’apostolo Paolo: ‘Lasciatevi riconciliare con Dio’ Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!’ (cf. 2Cor 5,20 e 6,2). Avvertiamo l’urgenza di quanto, con l’imposizione delle sacre Ceneri, abbiamo ricevuto come impegno: ‘Convertitevi e credete al Vangelo’.
    La Chiesa ci ha fatto entrare con gradualità nel cammino della Quaresima, ma con un’esigente proposta di cambiamento di vita, di svolta decisa e decisiva del nostro modo di pensare e di agire, spesso troppo distante dal Vangelo.
    Il Santo Padre Benedetto XVI, nel suo recente Messaggio per la Quaresima 2011 ci ha esortato: ‘L’itinerario quaresimale, nel quale siamo invitati a contemplare il Mistero della Croce, è ‘farsi conformi alla morte di Cristo’ (Fil 3,10), per attuare una conversione profonda della nostra vita: lasciarci trasformare dall’azione dello Spirito Santo, come san Paolo sulla via di Damasco; orientare con decisione la nostra esistenza secondo la volontà di Dio; liberarci dal nostro egoismo, superando l’istinto di dominio sugli altri e aprendoci alla carità di Cristo‘.
    Il cammino quaresimale ci invita a compiere una sincera revisione di vita: a riconoscere e prendere coscienza delle nostre fragilità e delle nostre mancanze, per porle con fiducia nelle mani del Dio Salvatore che per noi si è offerto sulla croce, perché non fossimo schiavi del peccato e della morte, e potessimo entrare nella Vita vera. Non c’è Quaresima senza questa presa di coscienza dolorosa e sincera del proprio peccato, né senza la certezza piena della misericordia divina, l’unica che può rigenerare l’uomo nella Grazia.
    Il Vangelo ci ha parlato del digiuno, come pratica penitenziale che ci ricorda l’assenza dello Sposo, Gesù. Gli invitati a nozze, che siamo noi tutti convocati alla gioia delle nozze eterne con l’Agnello, digiunano solo quando lo Sposo della Chiesa è assente. La Quaresima, con tutto quello che la caratterizza, in termini di impegno (preghiera, elemosina e digiuno) è un’occasione perché ‘ appunto ‘ ci ricordiamo che lo Sposo è assente.
    Meglio: perché ci ricordiamo non soltanto della sua assenza ma anche del motivo della sua assenza, che è dovuta alla sua Pasqua di morte e risurrezione attraversata per amore nostro. Ci ricordiamo che questa assenza prelude alla sua presenza piena e definitiva, che noi imploriamo in fiduciosa preghiera.

    3. Ma ogni digiuno, e ‘ più in generale ‘ ogni pratica penitenziale, ogni impegno religioso, deve trovare il corrispettivo in una coerenza sociale, in un comportamento che sia apertura al prossimo e alle sue esigenze. Il Signore guarda con tristezza, anche con un certo sdegno, la pratica religiosa che non trova una novità di vita nella comunità che crede. È quanto ci ha ricordato il profeta Isaia:

    Non digiunate più come fate oggi,

    così da fare udire in alto il vostro chiasso.

    È forse come questo il digiuno che bramo,

    il giorno in cui l’uomo si mortifica?

    Una pratica religiosa che non si concretizza nel rispetto e nell’azione al servizio dei fratelli, in una giustizia visibile, in una carità fattiva, è solo chiassosa e nociva. Non porta alla salvezza.
    Gesù ribadisce questo principio quando aggiunge che il comando di amare il prossimo è simile al ‘primo e più grande comandamento’, quello cioè di amare Dio con tutto il cuore, la mente e l’anima. Affermando una relazione di somiglianza fra i due comandamenti Gesù li salda definitivamente e così farà tutta la tradizione cristiana. E san Giovanni ci dirà con parole schiette e taglienti, di lapidaria revisione interiore:

    Chi non ama il proprio fratello che vede,
    non può amare Dio che non vede.

    Solo quando i nostri occhi sono capaci di cogliere i bisogni e di tendere la mano si opererà quasi una ‘conversione’ di Dio nei nostri confronti:

    Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
    la tua ferita si rimarginerà presto.
    Davanti a te camminerà la tua giustizia,
    la gloria del Signore ti seguirà.
    Allora invocherai e il Signore ti risponderà,
    implorerai aiuto ed egli dirà: ‘Eccomi!’.

    Ad una radicalità della fede che si fa attenzione e carità fraterna, il Signore risponderà lui ‘Eccomi!’ alle nostre invocazioni, perché la giustizia dell’azione precederà la nostra stessa preghiera, le nostre stesse pratiche religiose.
    È anche questo un provvidenziale sprone per quanti prestano servizio al TERS: tutti dobbiamo sentirci interpellati a far sì che davanti alla nostre parole, anche quelle dette con fede, cammini il nostro impegno di giustizia, la nostra disponibilità ed accoglienza nei confronti dei fratelli, il nostro contributo a che la Chiesa risplenda sempre più e sempre meglio per coerenza con il Vangelo dell’amore che lo Sposo ci ha lasciato in sua assenza e sul quale saremo un giorno giudicati alla sera della vita.
    Amen.