XIX Giornata della Famiglia Cusmaniana

Palermo, Chiesa Cattedrale
13-03-2011

    1. Con profonda gioia nel cuore accolgo tutti voi, questa sera, Famiglia Cusmaniana che celebra la sua XIX Giornata di riflessione, preghiera e fraternità, e che si riunisce nella vitalità e nel segno della testimonianza del Beato Giacomo Cusmano, luminosa figura del clero della nostra Arcidiocesi di Palermo e profeta della sollecitudine della Chiesa a favore dei più poveri.
    Di lui, nel corso di questo Anno Cusmaniano apertosi il 21 dicembre scorso e volto a chiudersi il prossimo 19 giugno, avete voluto far memoria nel 150° anniversario del sacerdozio ministeriale a cui il Signore lo aveva chiamato il 22 dicembre 1860. Con lui, sentendolo vicino, avete voluto ripercorrere alcune tappe significative, e proporre iniziative spirituali e culturali che testimoniassero, nel tessuto diocesano, il suo carisma.
    Saluto in particolare S.E. Mons. Vincenzo Bertolone, che oggi ci onora della sua presenza, e mi è gradita l’occasione per ringraziarlo vivamente per avere accolto l’invito a farsi carico, come Postulatore, della causa di beatificazione di un altro fulgido esempio sacerdotale del nostro presbiterio: don Pino Puglisi. A Mons. Vincenzo mi lega un’amicizia profonda e una sincera di stima per quanto egli ha fatto per la Famiglia Cusmaniana, per il suo generoso servizio alla Santa Sede ed ora per lo zelo apostolico con cui guida la Diocesi di Cassano all’Jonio.
    Sono lieto di accogliere il Rev. padre Giuseppe Civiletto, Superiore Generale dei Missionari Servi dei Poveri, che questa sera ha voluto condividere con noi la gioia della celebrazione, nel ricordo del Beato Giacomo. Saluto i confratelli Presbiteri, le religiose, i laici dell’Associazione, quanti si sentono in qualche modo legati allo spirito del Beato Giacomo e stasera lo condividono in questa splendida cornice della nostra Chiesa Cattedrale. La Famiglia Cusmaniana, stasera, risplende come albero rigoglioso carico di fronde e frutti, che ha le sue radici nella santità del Beato e nella sua dedizione generosa a l Signore e ai fratelli.

    2. Si fa ancora presente nella nostra mente e nel nostro cuore quanto abbiamo ascoltato il Mercoledì delle Ceneri, all’apertura del nostro cammino quaresimale: ‘Ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore‘ (cf. Gl 2,13). Riecheggia l’invito dell’apostolo Paolo: ‘Lasciatevi riconciliare con Dio’ Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!’ (cf. 2Cor 5,20 e 6,2). Avvertiamo l’urgenza di quanto, con l’imposizione delle sacre Ceneri, abbiamo ricevuto come impegno: ‘Convertitevi e credete al Vangelo‘.
    La Chiesa ci ha fatto entrare con gradualità nel cammino della Quaresima, ma con un’esigente proposta di cambiamento di vita, di svolta decisa e decisiva del nostro modo di pensare e di agire, spesso troppo distante dai sentieri del Vangelo.
    Il Santo Padre Benedetto XVI, nel suo recente Messaggio per la Quaresima 2011 ci ha esortato: ‘L’itinerario quaresimale, nel quale siamo invitati a contemplare il Mistero della Croce, è ‘farsi conformi alla morte di Cristo’ (Fil 3,10), per attuare una conversione profonda della nostra vita: lasciarci trasformare dall’azione dello Spirito Santo, come san Paolo sulla via di Damasco; orientare con decisione la nostra esistenza secondo la volontà di Dio; liberarci dal nostro egoismo, superando l’istinto di dominio sugli altri e aprendoci alla carità di Cristo‘.
    Il cammino quaresimale ci invita a compiere una sincera revisione di vita: a riconoscere e prendere coscienza delle nostre fragilità e delle nostre mancanze, per porle con fiducia nelle mani del Dio Salvatore che per noi si è offerto sulla croce, perché non fossimo più schiavi del peccato e della morte, e potessimo entrare nella Vita vera. Non c’è Quaresima senza questa presa di coscienza dolorosa e sincera del proprio peccato, né senza la certezza piena della misericordia divina, l’unica che può rigenerare l’uomo nella Grazia.

    3. La prima domenica di Quaresima ci propone, come ogni anno, il brano evangelico delle tentazioni di Gesù nel deserto, quest’anno nella versione di Matteo. Gesù inizia la sua missione nel deserto, ma è proprio lo Spirito che ve lo conduce. Il deserto è il luogo della tentazione per eccellenza, il luogo dell’aridità e della povertà, il luogo in cui si rischia la morte. Il deserto è il luogo in cui ci si chiede ‘ come se lo chiese Israele in fuga dall’Egitto ‘ se il Signore è davvero con noi.
    Il Signore Gesù comincia proprio da qui: nel suo incontro con la nostra umanità, lo Spirito lo manda a condividere i deserti della nostra vita, quelli in cui cerchiamo di affrontare il buon combattimento della fede, quelli segnati dal limite, dal bisogno, dalla paura, quelli in cui si scatenano le tentazioni e le prove. E nel suo deserto Gesù vince il tentatore, inaugurando per noi una vittoria da imitare.
    All’inizio di questa Quaresima lo Spirito sospinge anche noi in questi deserti, che possono essere, come nel caso di Cristo, luoghi in cui sperimentiamo la presenza amante e sollecita del Padre che ci consola nelle tribolazioni e ci conduce per mano nella prova.

    4.Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame‘ (Mt 4,2).
    La prima tentazione di Gesù parte dal suo bisogno. Gesù, dopo quaranta giorni di digiuno, ha fame. Il diavolo tenta di assolutizzare questo bisogno, di metterlo in cima alle esigenze di Gesù, di anteporlo alla sua stessa figliolanza divina. Anzi: se Gesù è veramente Figlio di Dio, dovrà comandare che le pietre diventino pane.
    Il Figlio di Dio è tentato di essere schiavo della sua esigenza, di pretendere dal Padre la soddisfazione assoluta del suo bisogno. La tentazione è quella di mettere al primo posto ciò che manca, e di provvedere alla propria necessità in modo autonomo.
    Non è forse quanto instilla l’astuto serpente alle orecchie di Eva? Dio ha messo a disposizione dei progenitori l’abbondanza del giardino di Eden, ma il tentatore sprona a guardare quell’unico albero su cui il Creatore ha posto il divieto. Un divieto dato non perché quel frutto poteva ‘deificare’ quanti ne avessero mangiato, ma perché Adamo ed Eva mostrassero con u gesto concreto la loro natura di creature. In Eva nasce il bisogno di prendere il frutto, di mangiarlo, di possederlo. E questo bisogno diventa prioritario, assoluto rispetto allo stesso rapporto con il Creatore. I progenitori iniziano a fare da soli. Più tardi inizieranno anche a sentirsi soli.
    Gesù supera la tentazione: al primo posto non c’è un bisogno da soddisfare, piuttosto un Dio da adorare e ‘ soprattutto ‘ da ascoltare. Della sua Parola ci si nutre, per poter ricevere da lui tutto il resto.
    La nostra società opulenta rischia di trasformare in pane ogni cosa. Tutto diventa oggetto di bisogno impellente, e si è disposti ad ogni cosa per soddisfare quelle che diventano necessità. L’uomo è in grado ‘ nel suo egoismo ‘ di assolutizzare i suoi bisogni, spesso inventandosene di nuovi. Ma il Signore è chiaro: con i suoi sforzi solitari e sterili ‘ simili a quelli dei progenitori Adamo ed Eva ‘ l’uomo non si nutre veramente, si allontana da Dio. L’uomo dovrà, invece, riconoscerne il primato assoluto, accoglierlo come Salvatore, non come ‘distributore di grazie’.
    Il Beato Giacomo Cusmano ebbe a che fare con il bisogno concreto, reale dei poveri. Per questo fondò il ‘Boccone del povero’. Ma egli comprese che ai suoi poveri doveva essere offerto anche il pane della Parola, l’incontro con il Padre provvidente e misericordioso. Pur vivendo in un tempo in cui la miseria assumeva i preoccupanti toni dell’emergenza, mai egli pensò ad una sorta di servizio sociale, piuttosto sempre ad un riscatto esistenziale del povero, incontrato ed amato come Cristo stesso.
    La sua lezione è l’antidoto ad uno stile di annuncio delle nostre comunità che non si lasciano sommergere dai bisogni ‘ pur legittimi ‘ ma fondano la loro missione sull’annuncio della Parola che sfama, sul primato di Dio da vivere, sulla riscoperta dell’essere figli. Un annuncio che dia il posto giusto ad ogni cosa, ad ogni servizio, ad ogni bisogno alla luce del primo dato a Dio.

    5.Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: ‘Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti:” ‘ (Mt 4,5)
    Il diavolo cita adesso la Scrittura e sfida Gesù a’sfidare il Padre! Se Dio è Padre sarà a sua disposizione per salvarlo dal pericolo che volontariamente egli si procura. È la tentazione di piegare Dio alle nostre esigenze di salvezza, di attendere da lui una salvezza che è solo interventismo, spesso una coperta per le nostre irresponsabilità.
    C’è un modo sottile per tentare il Signore. È quello di chi addossa su di lui le responsabilità del male, anche quando il male è scelto, voluto, compiuto dall’uomo irresponsabile. Tentare Dio è rifiutare di assumersi le responsabilità del male, e ‘ cosa ancora più diabolica ‘ delegare il bene a lui e alla sua azione, che è considerata quasi ‘magica’.
    Con l’ispirazione dell’opera del ‘Boccone del povero’, in fondo, il Cusmano volle far leva sulla responsabilità di ognuno: ‘Se tutte le famiglie di Palermo, che hanno la fortuna di mangiare a tavola, si privassero di un boccone per ogni pietanza e ogni giorno, il problema della miseria sarebbe risolto: ricchi e poveri si darebbero finalmente la mano!‘. Il ‘boccone’ di ognuno è la risposta personale alla povertà generata dal male e dall’egoismo dell’uomo. Di fronte alla miseria e alla povertà, il Cusmano non attende che Dio intervenga, ma crede che agisca attraverso le scelte degli uomini che si lasciano interpellare dal Vangelo.
    Un tratto sacerdotale importante, che sprona le nostre comunità cristiane ad uscire da una logica di ‘delega infinita’, anche intraecclesiale. Il male non va scelto, è vero! Ma il bene va moltiplicato, vissuto, operato al meglio delle possibilità. E il Cusmano è stato ‘ per così dire ‘ un ‘promotore di responsabilità’, un uomo che concretamente spronò i singoli a farsi strumenti di Dio.

    6.Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria’‘ (Mt 4,8)
    La tentazione è quella del potere e del possesso terreno. Il diavolo promette a Gesù tutti i regni della terra, in cambio dell’adorazione. Si tratta della tentazione che ci fa sentire bene se abbiamo tanto, se al posto del ‘noi’ mettiamo il ‘nostro’. Si può possedere tutto’ la fama, la posizione, il denaro, il successo, il potere’
    Gesù sembra dirci che nel momento in cui possediamo con brama di avere, siamo automaticamente posseduti da ciò che bramiamo. Il possesso materiale non ci da libertà, quella libertà che invece ha voluto e desiderato Cristo nel compimento della missione. Egli è stato Figlio libero, perché non s è sottomesso al diavolo ma si è sottomesso, in atteggiamento di amorosa adorazione, alla volontà del Padre.
    Il Beato Cusmano non cadde mai nella trappola del possesso materiale. L’esempio di generosità nei confronti dei poveri, di donazione dei suoi beni fin dalla giovane età, non ci parlano di altro che di un distacco pieno e generoso, di una povertà scelta come via di libertà per se stesso e di liberazione per i fratelli.
    Il Beato Cusmano volle essere sempre libero anche dal personale possesso della sua ‘opera’. E quando, in un momento particolare della sua vita, fu tormentato dal dubbio che essa scaturisse dalla sua vanità e dal suo amor proprio, tentò di liberarsene in modo risoluto, confidandola ad altre congregazioni che ne continuassero lo sviluppo.
    Sappiamo che egli avrebbe perseverato nella scelta se non fosse sopraggiunto un sogno rivelatore ad indicargli che tutto il bene che stava facendo era solamente di proprietà di Gesù, che era dovuto a lui e che Padre Giacomo ne era soltanto uno strumento che, senza possedere, era chiamato a servire. Allora la Madonna gli disse: ‘È al tenero mio Figlio, è a lui che devi tutto!’
    Dobbiamo essere capaci di comprendere il momento in cui si affaccia in noi la tentazione del possesso, di qualsiasi tipo di possesso, per saperla affrontare alla luce della Parola ed essere capaci di recepire quanto il Signore ci ispira.
    È anche questa una pista che il Beato Cusmano consegna alla nostre comunità: vivere il distacco, accorgendosi del possesso e del protagonismo che fa capolino anche in mezzo alle cose più sante della nostra missione, e che rischia di porre in secondo piano il Signore che serviamo, l’unico a cui dobbiamo la nostra adorazione.

    7. Davvero gli spunti che riceviamo dalla figura del Beato, in questo nostro inizio di Quaresima, ci indicano un percorso di vita nuova, di assoluta centralità della Parola di Dio che sfama e salva, di carità senza limiti affidata alle nostre mani operose, alla nostra creatività responsabile, di distacco dalle ricchezze materiali e dalla mentalità consumistica ed edonistica.
    Che l’intercessione di Padre Giacomo possa davvero illuminare i passi del nostro cammino quaresimale, e possa renderlo condiviso con i fratelli più bisognosi.
    Che la Vergine Maria, che Padre Giacomo amò con tanta intensità e filiale fiducia, ci renda semplici ascoltatori della Parola che salva, umili servi del Vangelo, luminosi testimoni dell’amore che rigenera.