Saluto di S.E. il Card. Paolo Romeo dopo la processione del Corpus Domini

Palermo, Piano della Cattedrale
08-06-2015
Figlie e figli miei carissimi,
 
1.      abbiamo camminato questa sera per le vie della nostra amata città di Palermo seguendo l’ostia consacrata, dove si trova realmente il corpo di Gesù, il quale ha scelto questo modo per mantenere la promessa fatta ai Suoi discepoli, e quindi anche a tutti noi, di essere con noi “tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
Gesù Cristo nell’Ostia consacrata è presente, in modo visibile, toccabile e desidera avere un rapporto strettissimo con ciascuno di noi tanto da farsi cibo per noi, per donarci la vita eterna, come aveva preannunciato nella sinagoga di Cafarnao: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno” (Gv 6,54-58).
Questa nostra fede nella presenza reale di Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, nel pane e nel vino consacrati, è autentica se noi ci impegniamo a camminare dietro a Lui e con Lui cercando di mettere in pratica il “suo” comandamento, quello che ha dato ai discepoli proprio nell’Ultima Cena: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Gesù sottolinea che non è venuto in questo mondo per dare qualcosa, ma per dare sé stesso, la sua vita, come nutrimento per quanti hanno fede in Lui. Questa nostra comunione con il Signore impegna noi, suoi discepoli, ad imitarlo.
2.      Seguirlo, ci ha ricordato Papa Francesco, durante la celebrazione della Festa del Corpus Domini del 2013, vuol dire uscire da noi stessi e fare della nostra vita non un nostro possesso, ma un dono a Lui e agli altri. E’ nell’ascoltare la sua Parola, nel nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue, che Egli ci fa passare dall’essere moltitudine all’essere comunità, dall’anonimato alla comunione. L’Eucaristia è il Sacramento della comunione, che ci fa uscire dall’individualismo per vivere insieme la sequela, la fede in Lui.
3.      In questo modo noi sperimentiamo la “solidarietà di Dio” con l’uomo, una solidarietà che non si esaurisce mai, una solidarietà che non finisce di stupirci: Dio si fa vicino a noi, nel sacrificio della Croce si abbassa entrando nel buio della morte per darci la sua vita, che vince il male, l’egoismo e la morte. Gesù anche questa sera si dona a noi nell’Eucaristia, condivide il nostro stesso cammino, anzi si fa cibo, il vero cibo che sostiene la nostra vita anche nei momenti in cui la strada si fa dura, gli ostacoli rallentano i nostri passi. E nell’Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perché la potenza di Dio, che è quella dell’amore, scende nella nostra povertà per trasformarla.
Chiediamoci allora questa sera, adorando Cristo presente realmente nell’Eucaristia: mi lascio trasformare da Lui? Lascio che il Signore si doni a me, mi guidi a uscire sempre di più dal mio piccolo recinto, a uscire e non aver paura di donare, di condividere, di amare Lui e gli altri?.
4.      E questo ci dice che nella Chiesa, ma anche nella società, una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è “solidarietà”, saper mettere, cioè, a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto (cfr. Omelia di Papa Francesco, Santa Messa nella solennità del Corpus Domini, Basilica Laterana, 30 maggio 2013).
5.      Oltre alla fame fisica l’uomo porta in sé un’altra fame, una fame che non può essere saziata con il cibo ordinario. E’ fame di vita, fame di amore, fame di eternità. Nell’Eucaristia si comunica l’amore del Signore per noi: un amore così grande che ci nutre con Sé stesso; un amore gratuito, sempre a disposizione di ogni persona affamata e bisognosa di rigenerare le proprie forze. Vivere l’esperienza della fede significa lasciarsi nutrire dal Signore e costruire la propria esistenza non sui beni materiali, ma sulla realtà che non perisce: i doni di Dio, la sua Parola e il suo Corpo. (cfr. Papa Francesco nella Diocesi di Cassano all’Ionio 21 giugno 2014)
6.      Ogni volta che partecipiamo alla Santa Messa e ci nutriamo del Corpo di Cristo, la presenza di Gesù e dello Spirito Santo in noi agisce, plasma il nostro cuore, ci comunica atteggiamenti interiori che si traducono in comportamenti secondo il Vangelo. Anzitutto la docilità alla Parola di Dio, poi la fraternità tra di noi, il coraggio della testimonianza cristiana, la fantasia della carità, la capacità di dare speranza agli sfiduciati, di accogliere gli esclusi. In questo modo l’Eucaristia fa maturare uno stile di vita cristiano “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”(Gal. 2,20).
La carità di Cristo, accolta con cuore aperto, ci cambia, ci trasforma, ci rende capaci di amare non secondo la misura umana, sempre limitata, ma secondo la misura di Dio. E qual è la misura di Dio? Senza misura! Non si può misurare l’amore di Dio: è senza misura! E allora diventiamo capaci di amare anche chi non ci ama. Vivendo così scopriamo la vera gioia! La gioia di farsi dono, per ricambiare il grande dono che noi per primi abbiamo ricevuto, senza nostro merito. E la nostra vita, con l’amore di Gesù, ricevendo l’Eucaristia, si fa dono. Come è stata la vita di Gesù.  (cf. Papa Francesco 22 giugno 2014).
7.      Figlie e figli miei carissimi, con questi sentimenti nel cuore, chiediamo insieme al Signore che, ci doni la docilità di lasciarci trasformare da Cristo, per diventare sempre più simili a Lui e così, attraverso il nostro amore, la nostra gioia, il nostro cuore cambiato, possiamo mutare la nostra famiglia, il nostro quartiere, l’ambiente di lavoro, la nostra amata città di Palermo, perché diventi un luogo più vivibile per tutti. Questa sarà la gloria di Dio in noi e attorno a noi.
Il nostro cammino dietro il Signore reso corpo per noi, non termini questa sera, ma sia l’inizio del rinnovamento nostro e di tutta la società. Questo è il mio augurio di padre per ciascuno di voi, miei figli in Cristo.
La nostra Città di Palermo, per risolvere i tanti problemi che l’affliggono ha bisogno di una cosa sola: essere amata. Amiamo la nostra città.