Solennità di San Giuseppe – Ordinazione Presbiterale di Don Gaetano Pravatà e Don Ignazio Vazzana

Chiesa Cattedrale
18-03-2009

    Canterò senza fine le grazie del Signore,
    con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli (Sal 88).
    Fratelli e sorelle amati dal Signore ad a me carissimi!
    1. Le grazie del Signore giungono ancora una volta a farsi concretamente visibili in questo giorno solenne nel quale la nostra Chiesa di Palermo, riunita in Cattedrale, genera due nuovi figli al sacerdozio.
    Mi è particolarmente caro che questo evento venga celebrato nella Solennità di San Giuseppe, che è anche il giorno del 48° anniversario della mia ordinazione presbiterale. Non posso nascondere quanta emozione vi sia nell’unire al mio personale ringraziamento al Signore, i giovani don Gaetano e don Ignazio, ai quali sono stato particolarmente vicino nella preparazione prossima di questo evento di grazia. È un unico canto quello che sgorga dal mio e dal loro cuore, per quanto operato nella nostra povera condizione umana, mentre sentiamo nostre le parole del Salmo: Tu sei fedele, Signore, alle tue promesse.

    2. Celebriamo questa festa per la nostra Chiesa diocesana, nella Solennità di San Giuseppe, Sposo della Vergine Maria, Custode del piccolo Gesù, Verbo di Dio fatto uomo.
    La liturgia ci presenta Giuseppe come figlio della promessa che il Signore Dio fa a Davide per bocca del profeta Natan. Davide esprime l’intenzione di costruire a Dio una ‘casa’, fatta di materiali pregiati, segno di regalità e di potenza. Ma è Dio stesso che promette a Davide di costituirgli un ‘casato’, una ‘discendenza’, fondata non sulla stabilità che l’uomo può garantire, bensì sulla fedeltà di Dio al suo impegno.
    Tale promessa si esprimerà in un rapporto particolare fra il Signore e questo ‘casato’ regale: Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio (cf. 2Sam 7,14). Un vero e proprio rapporto di paternità.
    Giuseppe, discendente del ‘casato’ di Davide è anello prezioso e singolare di questa promessa che giunge fino al Messia, il Cristo. Egli è figlio di questa promessa non in quanto ‘padre che genera’ Gesù, bensì in quanto ‘custode che dona paternità’a Gesù. E questa promessa davidica giunge a noi nel compimento del tempo, proprio attraverso la figura di Giuseppe di Nazareth, padre e custode, o meglio, padre perché custode.
    Chi è chiamato a custodire Giuseppe? Due sono le risposte.
    Egli è innanzitutto custode di Gesù, del suo mistero di divinità incarnata, dunque della sua divinità di Figlio di Dio, e ‘ ad un tempo ‘ della sua santa umanità, di uomo che condivide la natura dei suoi fratelli.
    Egli è inoltre chiamato ad essere custode di Maria, del suo mistero di maternità verginale, dunque della sua maternità divina e della verginità nella quale, come in terra inarata, Dio ha posto il seme dell’umanità nuova.

    3. Da un lato, dunque, nella vicenda semplice e straordinaria di Giuseppe, si compie un’antica promessa di Dio. Dall’altro la sua vita è chiamata a custodire un mistero più alto e profondo di quanto mente e cuore umani possano concepire e contenere.
    Carissimi Gaetano e Ignazio! Non è forse questa la duplice e meravigliosa direttrice sulla quale si fonda il vostro sacerdozio? Il dono che vi viene elargito oggi non è forse compimento di una Parola pronunciata su di voi da Dio? Una Parola mai revocata, anzi confermata come promessa nelle difficoltà e nelle lentezze che il vostro cammino vocazionale ha conosciuto? E questo dono, originato dalla bontà di Dio, non vi orienta forse sulla linea di una custodia feconda del mistero di Dio per la vostra santificazione e al servizio dei fratelli?
    Guardando Giuseppe ecco venir fuori questa ricchezza di prospettive: figlio della promessa, padre nella custodia. A queste due prospettive intendo riferirmi nel rivolgermi a voi in questo giorno di dono e di festa.

    4. La fedeltà di Dio è il dono del sacerdozio ministeriale. Come in Giuseppe si compiono le antiche promesse di Dio, così anche in voi, carissimi Gaetano e Ignazio, oggi si compie il dono del sacerdozio di Cristo. Con l’apostolo Paolo potete a ragione affermare: L’amore del Cristo ci possiede (2Cor 5,15), perché a partire da quell’amore e in quell’amore siete presbiteri, ministri del Dio che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (cf. Gv 3,16).
    È il giorno in cui vi abbandonate docilmente all’azione di Dio. la sua fedeltà si innesterà così nella vostra disponibilità a lasciarvi plasmare da questa promessa che si compie oggi come dono.
    È come un adeguarsi quotidiano al mantenimento di questa promessa. Come il continuo cambiamento di prospettiva che fu chiesto a Giuseppe quando l’angelo lo invitò a credere che ciò che era generato in Maria proveniva dallo Spirito Santo. Ed è ‘ ad un tempo stesso ‘ il continuo sforzo di conversione che il vostro sacerdozio vi richiederà, per essere, in Cristo, autentica creatura nuova e guardare con occhi e cuore diversi persino il suo Mistero: Cosicché ‘ scrive San Paolo ‘ non guardiamo più nessuno alla maniera umana: se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così (2Cor 5,16).

    5. La custodia del Mistero.
    i) Giuseppe è scelto per essere custode di Cristo, della sua divinità incarnata. Voi divenite oggi custodi e ad un tempo stesso testimoni del mistero della redenzione e della misericordia operata da Cristo. È ancora l’apostolo Paolo che afferma scrivendo ai Corinti: Tutto questo viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo -e ha affidato a voi-, ed ha affidato a noi il ministero della riconciliazione (2Cor 5,18).
    La parola del Vangelo e i divini Misteri, specie i Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, sono affidati al vostro giovane cuore e diventano espressioni della vostra nuova esistenza.
    Allo stesso tempo, tanto grazia divina vi è come affidata a vantaggio degli uomini a lode di Dio e per la santificazione del popolo cristiano (cf. Impegni degli eletti) come vi sarà detto nel rito dell’Ordinazione. Per questo, come a Giuseppe insieme alla divinità di Cristo venne affidata la sua umanità, così a voi è affidato il compito dell’assoluto rispetto dell’umanità che incontrerete sui vostri cammini, quella dei fratelli più emarginati e bisognosi, che corrono il rischio di essere meno amati e che non potranno vedere e sperimentare l’amore di Dio se non attraverso il vostro sacerdozio accogliente.
    ii) Giuseppe è scelto anche per essere custode di Maria. La Vergine Madre, come afferma la tradizione cattolica sancita dalle dichiarazioni conciliari della Lumen gentium, è figura della Chiesa (cf. LG 64), la quale è Vergine per l’integrità della fede, madre sempre feconda nella potenza dello Spirito (cf. Preghiera della Dedicazione di una Chiesa).
    Carissimi Gaetano e Ignazio! Questa sera vi viene come affidata la Chiesa, Vergine e Madre, perché ve ne prendiate cura custodendola nella verginità di Sposa resa da Cristo tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata come afferma Paolo scrivendo agli Efesini (cf. Ef 5,27), e perché la sua maternità possa estendersi a tutti gli uomini così che la moltitudine delle genti, riunita in Cristo, diventi un unico popolo, che avrà compimento nel regno come diremo nella preghiera di ordinazione (cf. Preghiera di Ordinazione).

    6. Tutto ciò richiederà sacrificio. E l’esempio di Giuseppe vi indica oggi che questo sacrificio, conformazione della vostra vita al mistero della croce di Cristo Signore ‘ come vi verrà ricordato consegnandovi le offerte del pane e del vino ‘ , esige di essere sostenuto e accompagnato dal silenzio. Il silenzio della contemplazione, della preghiera assidua, dell’ascolto autentico. Nei Vangeli, di Giuseppe non ci viene riferita nessuna parola. In lui questo silenzio si fa sovrabbondante solo perché fa spazio al compimento autentico della volontà di Dio.
    Un silenzio fatto di concretezza. Non c’è estasi, né fuga dalla realtà. Piuttosto l’assunzione della realtà entro l’orizzonte di Dio. È ancora una volta quella conversione del cuore che ci è richiesta, come credenti e come ministri di Dio.

    7. Carissimi Gaetano e Ignazio! In questa Cattedrale gremita riconoscete i volti di quanti vi hanno sostenuto nel cammino di discernimento e di formazione. Ci sono le vostre famiglie, le vostre comunità parrocchiali di origine, i vostri compagni di seminario, ci sono rappresentanti di quelle comunità a cui, prima come seminaristi e poi come diaconi avete offerto le primizie del vostro servizio. Dietro l’eccomi che oggi pronunciate in modo definitivo ‘ con l’impegno di pronunciarlo ogni giorno in modo sempre più maturo ‘ sta questa moltitudine di fratelli e di sorelle.
    Questa Chiesa che vi ha generato alla fede adesso è il popolo santo di Dio verso il quale andare, nell’umiltà del servizio, nell’obbedienza al Vescovo, nell’umanità sempre più riempita di Cristo.
    Gesù, che nel Vangelo abbiamo visto ritrovato al Tempio, in mezzo ai dottori della legge, vi insegni la priorità che fonda la vostra nuova esistenza: Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? (cf. Lc 2,49). E in questo donarsi totalmente a Dio, per il bene dei fratelli, siate continuamente testimoni di un’autentica gioia, che possa nutrire il popolo di Dio di nuova speranza.

    8. A Nazareth la crescita di Gesù è stata amorosamente accompagnata dalla Sua madre Maria. La vostra crescita nella fede, il vostro esitante interrogativo: ‘Sei Tu che mi chiami?’ è stato accompagnato dalla stessa Vergine Santissima. Poi venuti gli anni della vita pubblica, Maria seguiva Gesù, ascoltava le sue parole, sosteneva il suo ministero tanto da coronarsi nel cammino del Golgota ed ai piedi della croce.
    Maria vi accompagna, ascolta le vostre parole, si attende che le nostre parole siano degne di poter essere sempre conservate nel suo cuore e con discrezione sostiene il nostro ministero perché anche nel dono più grande della vita, fatta spesso nel sacrificio e nell’offerta, che può conoscere momenti di dolore e di spogliamento di se stessi, Maria vi accompagnerà non per sostituirsi alle vostre persone, ma per sostenere il vostro sì, perchè sia un riflesso del sì di Maria, un sì che si incarna a Nazareth, un sì che si testimonia per le vie della Galilea e della Giudea, un sì che è offerta totale, ma che nello stesso tempo è associazione totale al mistero della croce, alla vita offerta per la redenzione del mondo.