V Anniversario dell’ingresso in Diocesi

11-02-2012
    1. In comunione con i fedeli del mondo intero celebriamo oggi la XX Giornata Mondiale del Malato, giornata di preghiera e di riflessione sul mistero del dolore e della sofferenza, e sulla sollecitudine della Chiesa che accompagna uomini e donne a riconoscere in ogni sofferenza la presenza di Dio.
    In questa memoria della Beata Vergine di Lourdes, teniamo lo sguardo rivolto verso la Grotta di Massabielle, per incontrare, a nostra volta, quello sguardo di Maria che la piccola Bernardette Soubirous sperimentò come sguardo di tenerezza e di grazia. E in questo sguardo sperimentiamo che il Signore misericordioso ha a cuore le membra più piccole e sofferenti del suo Corpo Mistico, i cari ammalati, autentico tesoro della Chiesa.

    2. Il brano evangelico di questa VI Domenica del Tempo Ordinario ci presenta proprio un ammalato, un lebbroso che viene incontro a Gesù supplicandolo in ginocchio: ‘Se vuoi, puoi purificarmi!‘ (Mc 1,40).
    Che significa essere lebbroso al tempo di Gesù? La lebbra era considerata un vero e proprio castigo di Dio, la manifestazione di una sorta di maledizione divina. Il lebbroso, poi, oltre ad essere condannato alla sofferenza personale, era emarginato dalla comunità, era obbligato a vivere fuori dal villaggio (cf. Nm 5,2) e a portare vesti lacerate e a gridare ‘Immondo! Immondo!‘ per avvisare del pericolo di contagio chi gli veniva incontro. (cf. Lv 13,45-46). L’evidente disfacimento del suo corpo, lo rendeva una sorta di ‘cadavere ambulante’, come ‘uno nato morto la cui carne è già mezzo consumata, quando esce dal seno materno‘ (cf. Nm 12,12).
    Ecco, considerato tutto questo, comprendiamo che il lebbroso del vangelo ascoltato trasgredisce apertamente la Legge di Mosè, perché osa accostarsi a Gesù, dinanzi a tutti, quindi accostandosi anche a tutto il gruppo dei presenti.

    3. Chiarito questo importante contesto, ritorniamo alle parole che accompagnano il gesto inaudito e temerario del lebbroso: ‘Se vuoi, puoi purificarmi!‘ (cf. Mc 1,40). Egli non chiede la ‘guarigione’, ma, molto di più, la ‘purificazione’. La purificazione è ben più della semplice guarigione: il lebbroso chiede a Gesù di intervenire su ciò che lo esclude dalla comunità e dalla salvezza, e domanda di essere ristabilito nel suo rapporto con Dio e con la comunità, perdonato, accolto, ricostituito nella sua dignità in mezzo ai suoi fratelli.
    Secondo la concezione del tempo, la lebbra, come tante malattie, è legata a peccati commessi nella vita. Per questo, il lebbroso, in nome di questo presunto legame tra il peccato e la malattia, chiede a Gesù di intervenire alla radice, nel profondo della sua esistenza, e di ristabilire la sua dignità e i suoi rapporti, di farlo uscire dal baratro della solitudine e della lebbra più profonda del suo peccato.
    Gesù accetta di restituire a quel lebbroso la dignità di uomo, guarendo la sua lebbra e ridandogli ‘salvezza’ insieme con la ‘salute’: ‘Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: ‘Lo voglio, sii purificato!’. E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato‘ (Mc 1,41-42).
    Ancora oggi Gesù è disposto ad intervenire non soltanto sul male fisico, ma su ogni nostra lebbra spirituale, interiore. È lebbra è tutto ciò che ci sfigura facendoci perdere pezzi di vita, quell’egoismo, radice di ogni male, che manda in cancrena tante parti di noi, che ci riduce la vita a brandelli, che la distrugge lentamente e ci distrugge davanti agli altri.
    Cosa chiediamo al Signore? La purificazione dei nostri peccati, la guarigione dalla lebbra interiore, l’uscita dai nostri egoismi, in una parola, la conversione. Perché il Signore possa toccarci dobbiamo riconoscere le nostra lebbra, la nostra debolezza, il nostro peccato.
    Il messaggio della Vergine Maria a Bernardette è racchiuso in poche parole: ‘Penitenza! Penitenza! Pregate per i peccatori‘ (apparizione del 24 febbraio 1854). E Bernardette offrirà per la conversione dei peccatori tutta la sua vita, le sue sofferenze, le sue umiliazioni. Con questo testimonierà che la prima guarigione da chiedere, a Lourdes e dovunque, è quella dello spirito, proprio per intercessione di Maria

    4. Non è soltanto il lebbroso che osa avvicinarsi a Gesù. Anche Gesù osa fare un gesto assolutamente inaspettato e vietato: ‘Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò‘ (cf. Mc 1,41).
    Gesù tocca il lebbroso-impuro, e lo tocca senza che ce ne sia realmente bisogno. È il gesto di una sovrabbondanza di compassione, di un inaudito accostamento. È un gesto che scardina la presunta maledizione di Dio su quell’uomo.
    Toccare il lebbroso vale dunque più della Legge, perché accostarsi a lui vince la solitudine di quella carne e di quell’uomo. E il ‘toccare’ di Gesù è paradigma, modello, di ciò che come Chiesa siamo chiamati a fare nei confronti dei nostri fratelli ammalati, i ‘fratelli più piccoli di Gesù’ e dunque i nostri tesori più preziosi.
    Farsi vicini a loro con l’impegno, la disponibilità, il sorriso: questo è ancora mettersi ala scuola del Maestro. Avvicinarsi e toccare con amore non semplicisticamente la sofferenza, ma la persona che la sperimenta sulla sua pelle, è soffrire insieme con lei, compatire, partecipare della medesima vita, sperare nella stessa grazia, attendere la stessa salvezza.
    Questa vicinanza si esprime in quanti operano nel mondo sanitario e assistenziale, nella famiglie che accolgono e tutelano i propri ammalati, nei volontari che offrono tempo e impegno al servizio di essi, e in tanti che svolgono il loro servizio silenziosamente ma efficacemente.

    5. Desidero, infine, soffermarmi ancora sulla domanda del lebbroso: ‘Se vuoi, puoi purificarmi!‘ (cf. Mc 1,40). ‘Se vuoi’‘. Quel ‘Se vuoi’‘ è accompagnato dal gesto della supplica e dall’audacia dell’avvicinamento. È la fede del lebbroso, l’assoluta certezza che Gesù può salvarlo. Può, oltre che guarirlo ‘ come abbiamo detto ‘ purificarlo.
    Alla fede è dedicato il tradizionale Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI che prende il titolo dalle parole di Gesù: ‘Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!‘ (Lc 17,19).
    Scrive il Papa: ‘Le parole che il Signore rivolge ‘ aiutano a prendere coscienza dell’importanza della fede per coloro che, gravati dalla sofferenza e dalla malattia, si avvicinano al Signore. Nell’incontro con Lui possono sperimentare realmente che chi crede non è mai solo! Dio, infatti, nel suo Figlio, non ci abbandona alle nostre angosce e sofferenze, ma ci è vicino, ci aiuta a portarle e desidera guarire nel profondo il nostro cuore (cfr Mc 2 ,1-12)’.
    Al Santo Padre, che nell’ottobre prossimo aprirà un ‘anno della fede’, manifestiamo, come Chiesa di Palermo, indiscussa fedeltà, gratitudine per quanto ci dona attraverso il suo illuminato Magistero, e vicinanza nella preghiera e nell’affetto.
    Come ebbi a dire all’indomani del conferimento della porpora cardinalizia ‘ atto di benevolenza che Sua Santità ha inteso compiere nei riguardi della nostra cara Arcidiocesi e nei confronti dell’intera Sicilia ‘ proprio la nostra fede ha bisogno di una radicalità di testimonianza, di una profondità che manifesti la ‘forza dirompente del Vangelo‘ dinanzi ad una società in preda a palesi spinte di scristianizzazione e azioni di triste desacralizzazione.
    Fede fino a che punto? Fino a pagare di persona il prezzo delle scelte che da questa fede hanno origine a traggono forza. È questo il martirio che viene consegnato ad ognuno. È questa ‘ se volete ‘ quella ‘porpora’ di cui tutti siamo insigniti, in forza dei nostri impegni battesimali, e che ci responsabilizza nel difendere la nostra fede forti della Parola del Maestro: ‘Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano‘ (Gv 10,27-28).
    Se questo vale per tutti i battezzati, quanto più varrà per coloro che il Signore ha scelto quali più stretti collaboratori del Pastore della Chiesa universale! È un’unica grande linea di continuità con il sacrificio, anche cruento, dei santi e dei martiri che hanno edificato la comunità dei credenti con la loro perseveranza e la loro fermezza nelle difficoltà, e che hanno lasciato, nella storia della Chiesa, quella testimonianza a cui oggi tutti siamo chiamati a riferirci.

    6. Di questa stessa fede obbediente mi pare che Bernardette ci offre un esempio significativo, quando ascolta senza ripensamenti l’invito dolce della Bella Signora: ‘Volete farmi la gentilezza di venire qui per quindici giorni?‘ (apparizione del 18 febbraio). E ancora quando accoglie le sue proposte strane e disarmanti: ‘Vada a baciare la terra e a pregare Dio per la conversione dei peccatori‘ (apparizione del 24 febbraio) e ‘Andate a bere alla fontana e lavatevi in essa. Mangiate dell’erba che è là‘ (apparizione del 25 febbraio).
    Quella di Bernardette è una fede che ci invita ad abbandonarci alla volontà di Dio, ai suoi disegni spesso misteriosi, che si manifestano anche negli eventi a prima vista incomprensibili o scandalosi.
    Nel giorno anniversario dell’inizio del mio ministero a Palermo, sento di affermare la necessità di continuare a crescere di più e insieme in questa stessa fede, perché in un momento così travagliato della storia, sia essa ecclesiale, sociale, economica e politica, la gente guarda alla Chiesa, e si attende la responsabilità della testimonianza di fede in Cristo unico Salvatore del mondo.
    Nell’unica fede che respiriamo stasera in questa Cattedrale, mentre avverto tutta la vostra vicinanza e il vostro sostegno, sento ancor di più la necessità della vostra preghiera che sostenga la fragilità del mio essere, che mi animi nel rispondere tutti i giorni alle molte istanze di una porzione di popolo santo di Dio che cammina incontro a lui.
    Affidando ogni cosa alla Vergine Maria, Nostra Signora di Lourdes, aiutatemi ad invocare la misericordia di Dio sui miei limiti e, con la vostra preghiera, con la vostra vicinanza e con il vostro impegno ecclesiale, fate sì che questa chiesa di Palermo risplenda in santità e giustizia, perché possa essere luce del mondo e sale della terra, perché possiamo illuminare il cammino di tanti che guardano al futuro e possiamo ridare sapore alla vita di tante persone che ne hanno perduto il senso.