Veglia di Pentecoste

Palermo, Chiesa Cattedrale
26-05-2012

    Figlie e figli miei carissimi!

    1. Tante sono le espressioni di attesa e di gioia in questa serata di Veglia che ancora una volta viviamo nella nostra Cattedrale, Chiesa madre di tutta la comunità diocesana. Avvertiamo infatti di essere come nel Cenacolo, in un’attesa di preghiera perché il dono dello Spirito possa ancora una volta scendere nei nostri cuori e trovarci disponibili alla vita nuova. E percepiamo tutti anche la gioia e la bellezza del compiersi della promessa di Gesù: ‘Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto‘ (cf. Gv 14,26).
    Questa promessa è coniugata al futuro: ‘manderà ‘ v’insegnerà ‘ vi ricorderà’‘ Il futuro, il nostro futuro, forse ci rende incerti e ci fa trepidare. Spesso è difficile trovare speranza. Siamo come quelle ossa inaridite della visione del profeta Ezechiele, di cui abbiamo ascoltato nella terza lettura: ‘Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la gente d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti‘ (cf. Ez 37,11).
    Quanto è terribile e spaventosa questa visione! Una distesa immensa di ossa senza vita, né speranza. Una distesa di morte senza rimedio. Una pianura in cui regna unicamente l’aridità.
    Il popolo di Israele ha inaridito il suo rapporto con Dio. Un rapporto che Dio stesso gli aveva offerto come alleanza, nel deserto. Un rapporto significato dalla tavole della Legge che, il Signore dona attraverso il suo servo Mosé, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, il segno di una alleanza eterna.
    Ancora oggi Dio rinnova questa sua alleanza con noi. Teniamo ben presente che questa predilezione di Dio verso di noi, nuovo popolo, non è finita ma continua nell’offerta del suo Amore. Un amore che custodisce e che consola chi cammina nei suoi comandamenti e sui suoi sentieri. Un amore fedele che vuole una risposta fedele. Oggi come al tempo di Israele.
    Questo rapporto è stato confuso è stato interrotto. Israele, popolo scelto da Dio, per così dire, muore dentro, perché da questo rapporto non si lascia più alimentare.
    Non è forse qualcosa di simile che accade quando nel cuore dell’uomo albergano la violenza, la guerra, l’ingiustizia, l’egoismo, che ci portano ad essere indifferenti anche di fronte alle sofferenze più grandi che constatiamo nelle nostre giornate e nei nostri rapporti? Quella pianura di ossa inaridite non è forse la sintesi di una morte che viene dal male e dalla cooperazione al male? Non ci sentiamo tutti interpellati ad accorgerci della nostra aridità? L’aridità degli uomini e delle donne del nostro tempo? L’aridità che caratterizza soprattutto i cammini di tanti giovani, forse anche di quelli che conosciamo più da vicino, e dei quali conosciamo storie e delusioni?
    Quanta aridità! La Parola di Dio ci dice che essa esprime una distanza enorme da Dio e dalla sua legge. È vuoto dentro, è bruttura fuori. È silenzio e morte, dolore e immobilismo.

    2. Sì. L’uomo ha il potere di fare senza Dio. Di progettare senza di lui. Come fecero, secondo il racconto biblico ascoltato nella prima lettura, i primi uomini riuniti nella regione di Sinar. L’uomo può progettare un avvenire senza Dio. Può farsi autonomamente un nome, ossia ‘ secondo il linguaggio biblico ‘ un’identità autodeterminata. E pretende di farlo, tristemente, insieme ad altri uomini.
    La coalizione per il male. L’organizzazione di sistemi e piani per far uscire Dio dalla vita degli uomini. Non sono tutte le espressioni di una Babele che vediamo tutti i giorni? Gli uomini si aggregano per un progetto di male, un aggregarsi progressivo e distruttivo, che da orizzontale ‘ Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco ‘ Venite, costruiamoci una città ‘ da questa visione orizzontale, diviene verticale, giungendo fino a sfidare Dio ‘ Venite, costruiamoci una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome.L’aggregarsi contro la vita, dal suo concepimento fino al naturale decorso.
    L’aggregarsi contro la giustizia, nell’oppressione dei più deboli e nell’emarginazione di intere popolazioni. L’aggregarsi per la guerra, in scelte di interessi economici e sete di potere che distruggono la dignità della persona umana. Sorge spesso la domanda del salmista: Perché le genti congiurano? Perché congiurano contro Dio e contro l’uomo?
    Come nell’episodio della torre di Babele, Dio vede che questa unità non è per il bene. Non è secondo il suo disegno di pace e di armonia. Non può approvare una costruzione umana che si pone in atteggiamento di sfida contro di lui. Ecco la confusione delle lingue. Ecco la dispersione degli uomini. Triste e dura, ma necessaria.

    3. Confusione, aridità. Infedeltà all’alleanza. E’ un gemito continuo che sale dal cuore della fragilità e della debolezza dell’uomo. Un uomo che, ci ha detto san Paolo, soffre e attende. Come chi ha sete. Come chi ha desiderio di un altezza di santità e di pace. Come chi ha bisogno di essere redento, perché non può vivere nell’arida lontananza da Dio.
    Ma a tutto questo c’è una risposta? Sì! Nel Vangelo di Giovanni che abbiamo proclamato, Gesù pronuncia una parola forte e la accompagna con un’immagine piena di speranza: Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me (cf Gv 7,37). Essa è una risposta che passa da una proposta e da una promessa di Gesù. Promette un’acqua, il Signore, che quanti credono in lui possono attingere da lui stesso. E chi beve di quest’acqua ‘ come dice alla Samaritana ‘ non avrà più sete perché la sua sete è saziata, è il dono dello Spirito Santo, un dono che soltanto attraverso la sua glorificazione, ossia la sua morte e risurrezione, può giungere agli uomini. Quando sarò seduto alla destra del Padre, vi manderò lo Spirito Santo. Attraverso il dono dello Spirito, Gesù promette di essere soltanto lui ad estinguere la sete degli uomini.
    È una promessa davvero rassicurante e pacificante. Abbiamo tutti sete. Sperimentiamo tutti le arsure della nostra esistenza spesso incerta e ferita. Abbiamo bisogno dell’acqua viva, un’acqua che non sia ristagnante, che possa dissetare e rigenerare, che doni nuovo senso e nuova pace al cuore.
    La risposta è in quell’acqua dello Spirito che non lava in superficie, ma dentro il cuore, fin dentro le fibre più intime del nostro cuore, fin dentro le cause del nostro peccato. Il salmo 50 ce lo ha fatto cantare: Lavami, lavami, o Signore, da tutte le mie colpe.
    Quest’acqua promessa da Gesù vince l’aridità del cuore umano. Essa è donata sulla croce, proprio nel momento del sacrificio di Gesù per tutta l’umanità. Ciò vuol dire che da questa consegna dello Spirito l’umanità è riunificata. L’acqua dello Spirito crea unità, dona la possibilità che l’unica famiglia dei figli di Dio si riunisca nel Padre, e ci fa tutti membra del corpo mistico di Cristo che è la Chiesa.
    Di fronte alla desolazione della pianura di morte, di fronte alla dispersione degli uomini, c’è ancora la speranza che sia Dio a dare di nuovo vita, a creare di nuovo unità, a fare di noi pecore disperse, il suo gregge.

    4. Ma la promessa dello Spirito Santo non è soltanto limitata al dono che Dio fa di sé ad ogni suo figlio. Gesù continua: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva. Ciò vuol dire che il dono di Dio diviene dono anche per i fratelli. Si tratta di riscoprire il senso missionario della nostra fede, di far rivivere un’autentica testimonianza in tutti quei contesti che frequentiamo. Di essere sale della terra e luce del mondo, specie nel nostro tempo segnato dalla divisione e dalla Babele dell’indifferenza e dell’egoismo. Siamo chiamati a ridare sapore alla vita di tante persone, che spendono i loro giorni quasi vagando tra la morte, senza un’ideale, senza un filo logico, senza sentirsi in movimento camminando incontro al Signore.

    5. Carissimi, solo con quest’acqua viva dello Spirito Santo, potremo testimoniare una fede fresca, piena di speranza, sempre attuale, creativa e piena di risorse. Invochiamo lo Spirito Santo con forza, che discenda abbondante dall’alto, poniamo fiducia in lui, e allora i confini della terra che saranno raggiunti dalla nostra testimonianza gioiosa, non saranno quelli visibili e fisici, ma quelli segreti e interiori, di ogni uomo che incontreremo, che sarà nostro fratello nel Signore.
    In questa invocazione manteniamo salda la nostra fede, prendendo a modello Maria. Lei che nel Cenacolo attese lo Spirito rendendosi Chiesa con gli Apostoli, possa intercedere perché il nostro entusiasmo si faccia sempre più lievito per fecondare la Chiesa, sposa di Cristo.
    E così sia.