XXV Anniversario preghiera di Assisi

Chiesa Cattedrale
22-03-2011
Is 1,10.16-20; Sal 49/50; Mt 23,1-12
    1.Per la prima volta nella storia ci siamo riuniti da ogni parte, chiese cristiane e comunità ecclesiali e religioni mondiali, in questo luogo sacro dedicato a san Francesco per testimoniare davanti al mondo, ciascuno secondo la propria convinzione, la qualità trascendente della pace‘.
    Così il Servo di Dio Giovanni Paolo II, che il prossimo 1 maggio sulla Piazza San Pietro sarà proclamato beato, si rivolgeva ai rappresentanti delle chiese cristiane e comunità ecclesiali e delle religioni mondiali che convenivano in Assisi, sulla Piazza inferiore della Basilica di San Francesco in un freddoso 27 ottobre 1986.
    Dall’intuizione illuminata del Papa, sgorgava un invito profetico, per un incontro che avrebbe lasciato una traccia indelebile nella storia della Chiesa e delle religioni. Profetica era la preghiera comune, come profetici erano il digiuno insieme, l’unico pellegrinaggio.
    Giovanni Paolo II spiegava: ‘Il trovarsi insieme di tanti capi religiosi per pregare è di per sé un invito oggi al mondo a diventare consapevole che esiste un’altra dimensione della pace e un altro modo di promuoverla, che non è il risultato di negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici. Ma il risultato della preghiera, che, pur nella diversità di religioni, esprime una relazione con un potere supremo che sorpassa le nostre capacità umane da sole‘ (Discorso alla Basilica di santa Maria degli Angeli, 27 ottobre 1986).

    2. Sì! Davanti a tutto il mondo si dimostrava con i fatti che la pace è dono di Dio, e che per questo andava invocata con una preghiera umile e fiduciosa.
    Non era un invito al disimpegno. Piuttosto un appello ad essere più consapevoli che tutti gli sforzi umani, ad ogni livello, attendevano una fecondità dall’alto che, nel modo suo proprio, ciascuno dei rappresentanti religiosi invocava nella preghiera.
    Si parlò da allora dello ‘spirito di Assisi’, intendendo con questa espressione lo straordinario clima di fraternità e confronto che si respirò in quella giornata. Entrando nell’ottica della pace implorata come dono di Dio, si gustava quell’unità tra i credenti che rinviava all’unità della famiglia umana, creata e redenta da Dio.
    Lo ‘spirito di Assisi’ ‘ cioè ‘ non si concretizzava soltanto in una preghiera comune per la pace. C’era di più’ Mentre si promuoveva la pace invocandola ‘dall’alto dei cieli‘, già la si vedeva attuale ‘in terra‘, fra tutti quegli uomini amati dal Signore, nel loro incontro, nella serenità dei loro volti commossi, nel loro desiderio di scambio, nella reciproca accoglienza.

    3. Quasi preludio alla medesima convocazione che, a venticinque anni dallo storico incontro, il Santo Padre Benedetto XVI farà nel prossimo ottobre, nella Città del Poverello, è significativo che anche noi ci ritroviamo stasera insieme per la XXXV Assemblea Generale dei Ministri Provinciali Francescani d’Italia, dedicata all’attualità del messaggio dello ‘spirito di Assisi’. Saluto e ringrazio per questo tutti i Ministri Provinciali presenti, che hanno voluto scegliere la significativa cornice della Chiesa Cattedrale per la Celebrazione Eucaristica di oggi, come pure tutte le realtà francescane religiose e laicali qui convenute dalle varie parti della Sicilia.
    Ringrazio anche gli Eccellentissimi confratelli Vescovi che sono stati anch’essi invitati a questo momento di comunione, come pure i Rappresentanti delle diverse confessioni religiose qui presenti. La loro partecipazione si pone nel solco profondo della tradizione di dialogo che dal 1986 Assisi ci ha donato in questi venticinque anni.
    Anche grazie a quanto abbiamo ascoltato dal Prof. Andrea Riccardi, Fondatore e Presidente della Comunità di Sant’Egidio, percepiamo stasera la gioia e la bellezza del ritrovarci insieme a pregare, pur nelle specificità di cui ciascuno è portatore. Per questo non posso che ringraziare il Signore.

    4. La liturgia di questo martedì della II settimana di Quaresima sembra ricordarci il grande desiderio di Dio della nostra conversione: ‘Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene‘.
    Dio ha a cuore la salvezza dell’uomo, e per questo è disposto a discutere con lui, a venirgli incontro: ‘Su, venite e discutiamo. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana‘.
    Dio è disposto ad entrare in dialogo, in qualsiasi tipo di dialogo. E non teme di perdere…
    Di fronte alla possibilità di riguadagnare il cuore dell’uomo al suo amore, cosa può temere di perdere? Sappiamo che il suo ardente amore per l’umanità lo spingerà a donare il suo Figlio: sarà il tentativo estremo con il quale Dio vorrà radicarsi nel cuore dell’uomo.

    Credo proprio che l’evento di Assisi che venticinque anni or sono ha impressionato il mondo sia stato in continuità con questo stile di Dio che il profeta Isaia ci ha presentato. Un Dio che, pur conoscendo le chiusure e gli egoismi di cui l’uomo è capace, non teme di entrare in dialogo. Uno stile di disponibilità al confronto, di crescita reciproca che pone al centro dell’attenzione il cuore dell’uomo da risanare, da guarire, da riscaldare con l’amore.

    Assisi non si costruì come scambio su un piano dottrinale. Piuttosto cercò di guardare alla profondità dell’uomo, come lo stesso Giovanni Paolo II ebbe a dire: ‘Il nostro incontro attesta soltanto – questo è il vero significato per le persone del nostro tempo – che nel grande impegno per la pace, l’umanità, nella sua stessa diversità, deve attingere dalle sue più profonde e vivificanti risorse, in cui si forma la propria coscienza e su cui si fonda l’azione di ogni popolo‘ (Discorso alla Basilica di santa Maria degli Angeli, 27 ottobre 1986)
    Dando corso al luminoso insegnamento del Concilio vaticano II, l’intuizione di Giovanni Paolo II realizza ad Assisi un abbraccio che è riflesso di quello che ogni giorno Dio intende dare all’umanità. Una comunione che rinvia all’origine vitale dell’unica famiglia umana, che nel cuore aspira al bene e alla pace. In queste profondità Dio è sicuro di intercettare l’uomo, almeno quanto l’uomo è sicuro di poter chiedere a Dio.

    5. Il Vangelo di oggi ci mette in guardia da un atteggiamento religioso superficiale ed ipocrita, che si pavoneggia e si adagia nel ritualistico, che non intende compromettersi nel bene, che non trova riscontro nel cuore nuovo, che sa solo di facciata e di esteriorità.
    Penso che anche questo messaggio possa essere colto. Si tratta ancora una volta di guardare ai semi che lo ‘spirito di Assisi’ depone nei cuori, in modo misterioso e silenzioso. Come dire che la preghiera per la pace, come pure l’impegno per la pacifica convivenza fra i popoli, non può ridursi ad una mediaticità a basso prezzo.
    C’è il rischio che ci abituiamo all’esteriorità di un ‘già visto’, che viviamo della sua memoria celebrativa. Ma questo ‘assodato’ ci pone la domanda se davvero il nostro impegno è concreto al servizio della pace e del dialogo costruttivo.
    Si può anche rischiare di ostentare lo ‘spirito di Assisi’ come scribi e farisei ostentano frange e filatteri.     Lo ‘spirito di Assisi’ è invece delicatezza interiore e forza motivazionale. È uno stile di sequela Christi che chiede di penetrare ‘ anche a caro prezzo ‘ nella vita di ogni giorno. Assisi certo lascia traccia nella storia del dialogo interreligioso ed ecumenico, ma l’obiettivo più preciso è la traccia che vuole lasciare nella storia personale di ciascun credente.

    Non possono esserci palcoscenici per la pace. Non ci sono nemmeno eventi in cui la pace è protagonista ‘ad ore’. La pace vuole essere l’oggetto di una invocazione costante, e ‘ nello stesso tempo ‘ l’atteggiamento di cuori desiderosi di conversione nel bene.

    Se lo ‘spirito di Assisi’ non si rinverdisce nelle nostre comunità, nei nostri piani pastorali, nella nostra preghiera personale, nelle nostre relazioni sociali, allora si rischia di divenirne cattivi testimoni. Si rischia di dargli sì continuità memoriale ma poi di non compierlo nei fatti, di controbatterlo con la vita, di negarlo anche in ambito intraecclesiale.

    6. Concludo ricollegandomi alle parole con le quali il Santo Padre Benedetto XVI, nell’Angelus dello scorso 1 gennaio, ha voluto annunciare un nuovo incontro di preghiera per la pace ad Assisi, venticinque anni dopo quello storico. Egli afferma con chiarezza che le grandi religioni possono ‘costituire un importante fattore di unità e di pace per la famiglia umana‘, e il suo pellegrinaggio in ottobre avrà lo scopo di ‘fare memoria di quel gesto storico voluto dal mio predecessore e di rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace‘.

    Siamo vicini al Santo Padre pur in mezzo alle consuete critiche che tendono a tacciare l’incontro di Assisi di sincretismo religioso. Ben conosciamo il desiderio di unità che anima il pensare e l’agire di Benedetto XVI, e questa adesione incondizionata vogliamo portarla nella nostra preghiera, chiedendo per lui l’intercessione della Vergine Maria, ‘Madre della Chiesa e dell’umanità nuova’, e del Poverello d’Assisi, Francesco, esempio di ogni umile ricerca di pace, patrono di qualsiasi sforzo di dialogo e di solidale convivenza.