Messa Esequiale di S.E. Mons. Alfredo Maria Garsia Vescovo Emerito di Caltanissetta

OMELIA DEL CARDINALE SALVATORE DE GIORGI
08-06-2004

Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei giusti.

Eminenza Reverendissima e carissima
Eccellentissimo Nunzio in Italia
Carissimo Pastore di questa Chiesa nissena
Venerati Confratelli nell’Episcopato e nel sacerdozio
Onorevoli Autorità
Fratelli e sorelle amati dal Signore.

1. Con questa consolante affermazione del salmista, che abbiamo ripetuto nel salmo responsoriale, celebriamo nell’Eucaristia il passaggio da questo mondo al Padre del nostro carissimo fratello, S.E. Mons. Alfredo Maria Garsia, Vescovo emerito di questa Santa Chiesa Nissena.
Preziosa agli occhi del Signore è stata la sua vita, preziosa agli occhi del Signore è oggi la sua morte, che suggella la sua esistenza terrena e l’apre alla vita eterna, al giorno che non muore, nella contemplazione di Dio Uno e Trino, e nella celebrazione della liturgia celeste senza fine.
Cinque anni fa, il 3 dicembre 1999, in questa stessa Cattedrale ci siamo uniti a lui nel rendere grazie al Signore per il venticinquesimo della sua ordinazione episcopale. In quella celebrazione abbiamo colto in lui la fede e la gratitudine per un dono che non solo lo assimilava in pienezza a Cristo buon Pastore, ma gli dava la possibilità, proprio per questo, di ‘stare con lui’, nella esperienza, esaltante ed esigente insieme, di quella diretta intimità e di quella profonda amicizia concesse agli Apostoli, da Gesù accolti come un dono del Padre e perciò chiamati non servi ma amici.

2. Si spiega così la fervida invocazione rivolta da Gesù al Padre nel primo Giovedì Santo, dopo l’istituzione congiunta dell’Eucaristia e del sacerdozio ministeriale: ‘Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato’ (Gv 17,24).
Oggi questa volontà del Signore per Mons. Garsia, successore degli Apostoli, ha il suo compimento definitivo. Nella sua morte, infatti, noi celebriamo la sua pasqua: il Risorto lo ha preso con sé perché il suo servo fedele sia dov’è lui e contempli la sua gloria nell’attesa della risurrezione.

3. In questa prospettiva e in questa attesa va letta la sua non breve vicenda terrena.
Nato ad Augusta il 14 gennaio 1928, fu ordinato sacerdote il 7 luglio 1951 e ventidue anni dopo, la sua solida formazione umana, spirituale, culturale e pastorale, come Professore in Seminario, Assistente Diocesano dell’Azione Cattolica e Parroco, il 21 dicembre 1973 fu eletto Vescovo di Caltanissetta.
Ordinato Vescovo nella Chiesa Madre di Augusta il 2 febbraio 1974 dal mio venerato predecessore, il Card. Salvatore Pappalardo, dette inizio al suo ministero a servizio della Chiesa nissena in questa Cattedrale il 9 marzo 1974: un servizio di amore dedicato unicamente per circa trent’anni a questa Chiesa particolare.
Raggiunta l’età di 75 anni, esemplarmente presentò al Santo Padre la lettera di rinuncia, e quando questa fu accettata, il 2 agosto 2003, preferì tornare ad Augusta, dove ha coronato il sacrificio della missione apostolica con quello non meno apostolico della sofferenza, offerta al Signore per la sua Chiesa.

4. ‘Beati i morti che muoiono nel Signore, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguiranno’ (Ap 14, 18).
Questa voce del cielo che l’Apostolo Giovanni ci ha fatto ascoltare nella seconda lettura, riproponendoci la visione dell’ora del giudizio nel Libro dell’Apocalisse, giunge consolante a tutti noi, in questo momento di legittimo dolore, anche se illuminato dalla certezza della risurrezione e irrorato dalla gioia pasquale.

5. Beati i morti che muoiono nel Signore. Il nostro carissimo confratello è morto nel Signore. Tutta la sua vita sacerdotale ed episcopale è stata un’offerta al buon Pastore, che con atto di predilezione lo ha chiamato a prolungare, ad Augusta come presbitero e a Caltanissetta come Vescovo, la sua carità pastorale nel triplice e indissociabile ministero di maestro, di sacerdote e di guida del popolo di Dio.
È un ministero che scaturisce dal mistero della Pasqua del Signore ed è destinato ad annunziarlo, a celebrarlo e a servirlo. Per questo orienta più facilmente tutta l’esistenza al traguardo della morte, che proprio alla luce della Pasqua nella concezione cristiana non è la fine dell’esistenza, ma l’inizio della vita vera, della vita senza fine. Canta infatti la Chiesa nel Prefazio della Messa esequiale: ‘Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta ma trasformata, e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo’.

6. Beati i morti che muoiono nel Signore. Riposeranno dalle loro fatiche. Alla chiamata del Signore Mons. Garsia ha risposto umilmente e docilmente con un servizio fedele e generoso, dando tutto di sé nei compiti del ministero sacro, oggi più che mai impegnativo per le nuove sfide di una società che si allontana dal Vangelo. Un ministero, quello presbiterale ed episcopale, indubbiamente confortato da tante consolazioni, ma anche carico di non poche sofferenze e delusioni, le quali, tuttavia, non possono mai scoraggiarci, perché ineliminabili dalla sequela di Cristo e dalla logica della Croce.
Mons. Garsia non si è mai scoraggiato. Credo che tutti siamo stati colpiti dalla sua costante serenità, abbandonato com’era alla volontà del Signore, nei giorni della gioia come in quelli del dolore.
Ora si riposa dalle sue fatiche, perché come ci ha ricordato nella prima lettura l’Autore del libro della Sapienza, ‘le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà, essi sono nella pace’ (Sap 3, 1.3).
Nell’omelia del 50° anniversario di sacerdozio così Mons. Garsia si esprimeva, quasi presago della morte non lontana: ‘Nel nostro futuro, a breve o lunga scadenza, c’è l’incontro nella luce col Dio della pace, al quale chiediamo il dono della perseveranza finale per essere con lui nella luce e nella pace per sempre. La misericordia del Signore mi aiuti a completare la mia corsa e di giungere alla meta’.

7. Le loro opere li seguiranno.
Ora che Mons. Garsia è giunto alla meta, le sue opere lo seguono.
Solo il Signore conosce le meraviglie di grazia che Egli il Pastore dei Pastori ha operato nella vita e attraverso il ministero del nostro confratello.
Ma alcune manifestazioni sono note anche a noi. Le ricordiamo anzitutto per glorificare il Signore che, come egli stesso affermava nella medesima circostanza, ‘continua a servirsi di noi per operare cose meravigliose’.
Servitore del Vangelo, Mons. Garsia attraverso la predicazione, le omelie, gli interventi negli incontri comunitari, gli esercizi e i ritiri spirituali al Clero e al popolo, il dialogo con tutti e le lettere pastorali, ha assolto il suo carisma magisteriale con alto profilo spirituale e culturale.
Desideroso di far conoscere più profondamente il mistero di Cristo e della Chiesa, ha voluto le Settimane pastorali diocesane e ha eretto due Istituti diocesani per la formazione sia dei candidati al sacerdozio sia del laicato. Amante della cultura, l’ha promossa con varie iniziative, tra cui l’apertura del Museo Diocesano.
Sommo Sacerdote del suo popolo, egli ha dato un incremento notevole al culto liturgico, soprattutto nel canto sacro; ha manifestato lo zelo della casa di Dio col restauro della Cattedrale; per la cura del suo popolo ha creato diverse nuove parrocchie e tanto si è prodigato per la formazione del clero, lieto per le tante ordinazioni presbiterali e le tre episcopali. Il Congresso Eucaristico Diocesano è stato la punta di diamante del suo amore all’Eucaristia, cuore e centro dinamico del suo episcopato.
Pastore del gregge affidatogli dal Signore, sempre fedele al Papa, che accolse festosamente nell’indimenticabile visita pastorale, ha guidato il suo popolo con la semplicità del fratello, la premura del padre e la comprensione della madre. Il Sinodo Diocesano, le visite pastorali, la Missione popolare, la promozione del laicato, le istituzioni assistenziali caritative ne sono testimonianze concrete, come lo è sopratutto il suo amore per gli immigrati, per i quali ha manifestato l’accoglienza e la protezione materna della Chiesa, e in particolare della Chiesa italiana, in qualità di Presidente della Commissione Episcopale della CEI per le Migrazioni, tanto da meritare l’appellativo di ‘Vescovo degli immigrati’.

8. Per tutto questo rendiamo grazie al Signore, al quale solo va la lode e la gloria.
Ma anche a te, fratello carissimo, noi Vescovi della Sicilia diciamo il grazie per quanto hai donato alla nostra Conferenza Episcopale e per essa a tutte le nostre Chiese.
Non ti dimenticheremo nella morte. Il ricordo costante di te nella preghiera sarà il segno della nostra gratitudine e del nostro affetto collegiale, mentre siamo certi che anche tu, associato definitivamente a Cristo, unico intercessore presso il Padre, non cesserai di pregare per la tua e per le nostre Chiese, implorando soprattutto la grazia che il Padrone della messe mandi tanti e santi operai nella sua messe. Anche per questo, di diciamo: grazie!