Solennità di S. Agata

Cattedrale di Catania
05-02-2006

    Eminenza reverendissima e carissima
    Venerato Pastore della Chiesa di Catania
    Venerati Confratelli nell’episcopato e nel presbiterato
    Onorevoli Autorità
    Carissimi fratelli e sorelle amati dal Signore

1. Ho accolto ben volentieri l’invito del vostro carissimo Arcivescovo, che ringrazio cordialmente, a partecipare, anche in rappresentanza della Chiesa sorella di Palermo, alla vostra gioia e alla vostra festa in onore di S. Agata, gloria fulgidissima di Catania e di tutta la Sicilia.
    Risuona ogni anno in questo giorno, soprattutto qui, nella vostra stupenda Cattedrale, l’appassionata esclamazione di S. Metodio Siculo vissuto nel secolo VIII: ‘La commemorazione annuale di S. Agata ci ha qui radunati perché rendessimo onore ad una martire, che è sì antica, ma anche di oggi. Sembra infatti che oggi vinca il suo combattimento perché tutti i giorni viene coronata e decorata di manifestazioni della grazia di Dio. Agata, la nostra Santa, che ci ha invitati al religioso banchetto, è la sposa di Cristo. È la vergine che ha imporporato le sue labbra al sangue dell’Agnello’.

2. Non sto qui a ricordare i particolari del suo martirio, d’altronde a voi ben noti. Ma non posso non ricordare a me e a voi il segreto della sua indomabile fortezza, alla luce della parola di Dio che abbiamo ascoltato.
    Come il giusto del libro del Siracide, Agata ha posto la sua fiducia unicamente nel Signore, certa di non essere abbandonata nei giorni dell’angoscia, dell’odio e dei molteplici supplizi del perfido Quinziano.
    Come il salmista, ha affidato la sua vita alle mani del Signore, rupe che accoglie, riparo che salva, roccia che dà sicurezza e baluardo che difende.
    Come gli uomini grandi dell’Antico Testamento rievocati dalla lettera agli Ebrei, lei ha subito scherni, flagelli, torture, che da cristiana ha affrontato tenendo lo sguardo fisso su Gesù, autore e perfezionatore della fede, che in cambio della gioia si sottopose alla croce disprezzando l’ignominia e meritando, perciò, di assidersi alla destra del Padre.
    Ha creduto alla parola della Croce annunziata da Gesù nel Vangelo, e posta davanti all’alternativa di perdere la vita o di rinunciare alla fede per salvarla, non ha avuto tentennamenti: ha rinunciato alla vita terrena per non perdere quella eterna.
Non si è vergognata del Cristo, ma lo ha testimoniato con l’effusione del sangue. ‘Salvata dalle piaghe di Cristo ‘ canta l’odierna liturgia ‘ la beata Agata ne ha seguite le orme. Andando verso la fonte di ogni bontà, fu degna del nome che portava. Disprezzò le preoccupazioni terrene, tenne fisso lo sguardo verso lo sposo che amava e salì alla vita immortale. Ha reso testimonianza all’Agnello; ora regna con lui per sempre’.

3. Adornata dello splendore della verginità e della gloria del martirio, S. Agata risplende per la bontà e la bellezza dell’anima e del corpo.
    ‘La stola della Santa ‘ attesta ancora S. Metodio Siculo ‘ porta i colori del sangue di Cristo, ma anche quelli della verginità. Quella di Sant’Agata, così diviene una testimonianza di eloquenza, di una eloquenza inesauribile per tutte le generazioni seguenti’.
    Adornata della gloria del martirio, S. Agata, ci esorta ad essere forti e saldi nella fede; a nutrirla costantemente con l’ascolto della Parola di Dio, così come è garantita dal Magistero della Chiesa; a viverla con coerenza nella vita privata e in quella pubblica, nel rispetto della legalità e dei doveri civici, aliena da ogni contaminazione malavitosa.
    Ci esorta ancora: a professarla ovunque siamo e operiamo senza vergognarci del Vangelo e della Croce di Cristo; e a renderla operosa nella carità, che si apre alle necessità dei fratelli, e all’impegno della promozione umana soprattutto a favore degli ultimi e degli emarginati.
    Ci esorta, infine, ad annunziarla, con autentico spirito missionario, in un mondo che cambia, affrontando serenamente e coraggiosamente le molteplici sfide che il laicismo esasperato, il secolarismo terrenista e scientista, il materialismo pratico, il relativismo morale, l’agnosticismo nichilista, l’edonismo permissivo e libertario pongono alla nostra fede, spegnendo la speranza.
    Il prossimo Convegno delle Chiese d’Italia, che si svolgerà a Verona ad ottobre, è un evento di grazia destinato a ridestare in tutti i cristiani la convinzione, che fu solida e salda in S. Agata, di essere testimoni del Cristo Crocifisso e Risorto, unica speranza del mondo.

4. Adornata dello splendore della verginità, S. Agata c’invita anche a riscoprire una virtù particolarmente espressiva della fede, una virtù per difendere la quale lei ha dato la vita, ma che oggi, purtroppo, non è sufficientemente apprezzata, se non addirittura misconosciuta e ridicolizzata: la purezza del cuore e del corpo.
In un contesto etico-sociale, caratterizzato da un pauroso oscuramento della verità sull’uomo e da una squallida banalizzazione del grande valore della sessualità, il discorso sulla virtù della purezza, della castità, può sembrare anacronistico e controcorrente.
    Eppure, dalla comprensione e dalla valorizzazione di questa virtù eminentemente sociale dipende, in gran parte, il superamento di certe patologie della nostra società, come la pedofilia, la prostituzione, le molestie e le violenze sessuali, le infedeltà coniugali, che tante sofferenze provocano nel tessuto sociale e in quello familiare.

5. Va anzitutto chiarito e compreso il concetto di castità in quello più ampio dell’amore, che si alimenta e si esprime nell’incontro dell’uomo e della donna, come recentemente ha precisato il Santo Padre Benedetto XVI nella sua prima Enciclica ‘Deus caritas est‘ (=Dce), Dio è amore.
    L’amore è dono di Dio. E’ perciò forza positiva, orientata alla maturazione dell’uomo e della donna in quanto persone. Ed è anche una preziosa riserva per il dono di sé che tutti, uomini e donne, sono chiamati a compiere per la loro realizzazione e felicità, in un piano di vita che rappresenta la vocazione di ognuno.
    L’uomo, infatti, in quanto immagine di Dio che è amore, è creato per amare, ed è chiamato all’amore come spirito incarnato, cioè anima e corpo nell’unità di persona. ‘L’uomo diventa veramente se stesso ‘ ha scritto il Papa – quando anima e corpo si ritrovano in intima unità; la sfida dell’eros [ossia dell’amore possessivo, solamente carnale], può dirsi veramente superata, quando questa unificazione è riuscita’ (Dce, 5).
    Questo amore, tuttavia, è esposto, come d’altronde tutta la vita della persona, alla fragilità dovuta al peccato originale e risente in molti contesti socio-culturali, come il nostro, di condizionamenti negativi e talora devianti e traumatici. ‘L’eros degradato a puro ‘sesso’ ‘ scrive il Papa ‘ diventa merce, una semplice ‘cosa’ che si può comprare e vendere, anzi l’uomo stesso diventa merce’. Per questo ‘l’eros ‘ continua il Papa ‘ ha bisogno di disciplina, di purificazione per donare all’uomo non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del vertice dell’esistenza, di quella beatitudine a cui tende tutto il nostro essere’ (ib.4). È così che l’eros diventa agàpe, amore oblativo, amore che si dona: eros e agàpe si integrano a vicenda.
    La redenzione del Signore, infatti, ha reso una realtà possibile e un motivo di gioia la pratica positiva della castità, la quale non va intesa come una attitudine repressiva, ma, al contrario, come la trasparenza e, a un tempo, la custodia di un dono ricevuto, prezioso e ricco, quello dell’amore in vista del dono di sé che si realizza nella vocazione di ciascuno.
    La castità non tende a sopprimere la sessualità, che fa parte della struttura umana, ma a regolarla, per cui va intesa principalmente non come rinuncia, ma come rettificazione e rafforzamento della personalità.

5. Essa richiede ‘il dominio di sé’, che è frutto dello Spirito ed espressione di autentica libertà interiore. L’uomo, infatti, o comanda alle sue passioni e consegue la pace, oppure si lascia asservire da esse e diventa infelice.
    Il dominio di sé è la capacità di rifiutare pensieri, desideri, parole e azioni, che contrastano col rispetto di sé e degli altri, del proprio corpo e di quello altrui. Esige, inoltre, sia di evitare le occasioni di provocazione e di incentivo al peccato sia di saper controllare gli impulsi istintivi della propria natura.
    Il dominio di sé, comunque, è un’opera di largo respiro. Non lo si potrà mai ritenere acquisito una volta per tutte. Suppone un impegno di ricominciare ad ogni età della vita. Conosce leggi di crescita che passa attraverso tappe segnate dall’imperfezione e assai spesso dal peccato. Ha bisogno, perciò, di essere sostenuto ed animato dalla grazia dello Spirito Santo, da invocare con la preghiera e da accogliere nella vigilanza. Va inteso anche in tal senso il comando del Signore: ‘Vigilate e pregate per non cadere in tentazione.     Lo spirito è pronto ma la carne è debole’ (Mc 14,38).
    Il ricorso frequente al sacramento della Penitenza rialza dalle cadute e la Comunione sacramentale dà forza alla nostra debolezza. La fuga delle occasioni ci preserva dal male, e la mortificazione dei sensi irrobustisce la volontà, favorisce il controllo degli istinti e crea le premesse per il dominio dello spirito sulla carne. La devozione alla Madonna ci propone un modello costante e ci assicura l’aiuto materno nelle immancabili tentazioni della vita.

7. Adornata della gloria del martirio e dello splendore della verginità, S. Agata ci rivolge un duplice messaggio che non può non accogliere e mettere in pratica chi si proclama suo devoto sincero.
    Il grido corale, che scaturisce dal cuore di voi catanesi attorno al ‘fercolo’ della Santa illuminato da mille ‘candelore’, come anche il candore del ‘sacco’ che indossate in suo onore, siano espressivi della vostra risposta convinta e generosa al suo messaggio. Così è vera festa.
    Lei vuole che la sua Città, fortunata erede della sua testimonianza, sia disposta ad imitarla non solo nella fortezza della fede ma anche, e di conseguenza, nella purezza della vita. Per questo veglia nella preghiera, e nella preghiera indica la risorsa più preziosa perché con la forza dello Spirito Santo, più potente del fuoco dell’Etna, otteniamo ciò che per la nostra fragilità non osiamo sperare.
    Sale perciò spontaneo dal cuore il canto che la Liturgia odierna pone sulle nostre labbra: ‘Agata, tu, della nostra Chiesa voce chiarissima fra le sante vergini, per noi intercedi che la nostra vita sia luce e canto a Cristo, il tuo Signore’. Amen.